LA PIAZZA DEL POPOLO DI VITTORIA ERA… SENZA POPOLO!

Vittoria è allo sbando, lo dimostra la piazza di ieri. Pur con i mille sforzi delle associazioni di categoria, pur con le adesioni fioccate da tutte le parti politiche, sociali e religiose, la Piazza del Popolo era senza popolo, c’eravamo gli addetti ai lavori e qualche gruppetto folkloristico che a suon di tamburi e cartelloni cercava di attirare l’attenzione per riconquistare una verginità a suo tempo perduta e una notorietà effimera data dai mass media presenti. La verità vera è che la gente non ha più forza e fiducia negli altri e in se stessa. Si è molto dibattuto sul futuro di Vittoria, la mia città, una città conosciuta in Sicilia e nel resto del Paese come una città combattiva, fiera, con uno spirito pionieristico e fortemente innovativo che ha consentito lo sviluppo di una agricoltura avanzata che ha fatto si che migliorassero le condizioni dei braccianti diventati piccoli coltivatori imprenditori. Insomma una città laboriosa, una città con forti tradizioni di partecipazione alla vita politica e sociale fino a qualche anno fa e che ora invece registra uno scollamento sempre maggiore come emerge dalla lettura della scarsa partecipazione alle battaglie democratiche e dell’astensionismo elettorale. Pertanto abbiamo il dovere di interrogarci sulla crisi profonda che attanaglia Vittoria, una crisi che parte da lontano legata ai processi di trasformazione profonda, di rassegnazione allo status quo e di indignazione verso la politica che viene guardata come il luogo degli interessi personalistici e dell’arrivismo. Certo i vittoriesi per primi che ora presi dalla disperazione sparano su tutti generalizzando e facendo di tutta l’erba un fascio non devono mai dimenticare quello che questa città ha attraversato dal punto di vista dell’attacco criminale e mafioso e della oppressione dei poteri forti e parassitari, dalle multinazionali delle sementi alla Grande Distribuzione Organizzata con tutto quello che sta in mezzo, per non parlare della rappresentanza politica, io ho memoria di voti a valanga dei vittoriesi verso personaggi che se la sono squagliata dopo aver fatto i porci comodi loro portando avanti una politica senza una visione generale e una mission da compiere, non ponendosi mai il problema di ricostruire un tessuto sociale, economico, culturale e civile viepiù degenerato. In questo quadro desolante riteniamo che, in ogni caso, non c’è alternativa alla buona politica e quindi la nostra ragione d’essere, umana e politica, deve ancora di più sforzarsi per ridare speranza e futuro. Certo viviamo, anche politicamente per quanto ci riguarda, in un contesto difficile e complesso che deve fare i conti con poche risorse e con personale politico non di professione, ma a ciò non vediamo alternative e non ci sottrarremo al confronto e allo scontro sulle prospettive della nostra città partendo dal diritto ineludibile e sacrosanto, di esistere e di pensare con la propria testa come, altrettanto, dal principio universale della democrazia che vuole che all’interno di una comunità o di una semplice organizzazione ci si confronti e si decida quali strategie siano più opportune in determinati momenti storici e quali uomini e donne possono rappresentarle al meglio senza cercare scorciatoie. Noi per esempio continueremo a dire forte e chiaro che non è questo il tempo per la nostra città delle feste di massa amorfe e insignificanti per contenuti e prospettive future per cercare di stordire e di far dimenticare la dura realtà. Oggi a Vittoria ci sono problemi seri dal punto di vista politico-amministrativo: la funzionalità degli uffici comunali, le municipalizzate tenute artificialmente in piedi, le strategie economico-finanziarie che garantiscano la tenuta del comune, la mancanza di un progetto di riqualificazione delle periferie della città, la crisi economica senza precedenti che va dall’agricoltura all’edilizia. Le risposte le dobbiamo trovare già a partire dalla discussione sul bilancio comunale, sulla revisione del PRG, sulla predisposizione di un piano straordinario per il lavoro e lo sviluppo, sulla rivisitazione dei servizi sociali, sulla politica culturale, sulla riorganizzazione della commercializzazione, sulla questione e la gestione dell’acqua e del suo approvvigionamento, sulla legalità e la lotta alla mafia, solo per fare alcuni esempi su cui confrontarsi non al chiuso di una stanza tra addetti ai lavori. C’è tanto da fare, sembra un’impresa titanica, ma abbiamo il dovere di andare avanti, lo dobbiamo alla nostra storia, alla nostra comunità, ai nostri figli.

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