LA MEDIAZIONE DI BUSCEMA E LE RIVENDICAZIONI DEI FORCONI

modicani) scendere per le strade, mettendo in gravi difficoltà l’economia locale e i cittadini, devono indurre tutta la classe politica a un’attenta e seria riflessione sui motivi che hanno generato una così eclatante protesta.
Protesta che, nata inizialmente dai movimenti degli agricoltori e degli autotrasportatori, ha visto via via il coinvolgimento di una miriade di categorie di lavoratori, disoccupati e studenti. Ognuno spinto dalle proprie rivendicazioni e dai propri malesseri. E se tali rivendicazioni riguardano le più disparate problematiche della singola persona o della singola categoria, tanto da rendere difficile una risposta esaustiva per tutti, vi è un unico comune denominatore, però, che le unisce tutte: la rivolta e lo sdegno nei confronti della classe politica, regionale e nazionale in primis.

Una classe politica ritenuta sorda, lontana dal vivere quotidiano della gente, irremovibile a rinunciare ai propri privilegi, sempre più concentrata sui giochi di potere e delle parti, che ha perso di vista la realtà sociale. Ora, se tale critica ha spunti di veridicità, bisogna anche dire che senza politica non può esserci democrazia. Senza nascondersi dietro affermazioni qualunquistiche, non si può non sostenere infatti che tutto è politica: anche protestare duramente è politica; anche manifestare le proprie idee è politica; soprattutto, la democrazia stessa è politica.

E allora, non è la politica il problema, ma chi la amministra e la rappresenta. Perché se la politica oggi è tra le principali cause del declino economico e sociale a cui ognuno di noi sta assistendo, non meno responsabili possono dirsi i cittadini. Due mondi, quello elettivo e quello eleggibile (Paese reale e Paese legale, dicono gli studiosi) all’apparenza contrapposti, ma uniti da una comune responsabilità: avere rinunciato per molto tempo a fare i conti con la realtà.

Dai “moti popolari” siciliani di questi giorni, oltre all’avversione verso i politici, si percepisce purtroppo anche una forte spinta autonomista dal resto del Paese. E se in ciò vi sono aspetti sociologici e politici che, nel ripetersi ciclico della Storia, ne giustificano l’azione e le pretese, è anche vero che il modo migliore e più idoneo per uscire da questo baratro non è certo da ritrovarsi nello scontro sociale, nelle divisioni interne o nelle spinte, più o meno consapevolmente, separatiste. Così come è fondamentale l’unità europea affinché si possa scongiurare il fallimento di tutta la Comunità, e con essa di tutti i singoli Stati, è altrettanto necessario che l’Italia e gli italiani restino uniti nel resistere con fermezza alle spinte secessioniste della Lega e quelle autonomiste del sud, se si vuole avere ancora qualche via d’uscita.

La soluzione, insomma, non può essere peggiore del problema che si vuole risolvere e oggi la politica, quella buona e responsabile, ha il dovere di trovare delle valide alternative. 
In questi giorni, finalmente, è venuta fuori tutta l’indignazione che i siciliani cobano da molto tempo. Certo, sono (state) manifestazioni frutto di una rabbia indistinta; se non cieca, miope; che, non essendo riuscita ancora a individuare interlocutori precisi, non ha risparmiato nessuno, nemmeno quelle fazioni e quegli uomini politici che si sono sempre battute contro il plagio della società civile italiana, messo in atto da illusionisti e venditori di sogni a buon mercato.

Partecipando all’incontro tra amministratori locali e manifestanti dei Forconi, voluto e convocato dal nostro sindaco democratico Antonello Buscema, nell’Aula Consiliare del Comune di Modica, ho proprio avuto questa sensazione: ora che i cittadini stanno tornando, dopo anni, a discutere e a parlare di politica, i politici, a cominciare da quelli locali, hanno il dovere di ascoltare. Un dovere che si fa ancor più urgente, di fronte ad un Movimento come quello dei Forconi, nel quale si coagulano tante forme di disagio sociale. Mai come oggi la politica è chiamata ad ascoltare, mediare e tentare di rispondere a questo disagio, incanalando le spinte entro un alveo democratico, discernendo i temi più urgenti a cui dare risposte, individuando gli interlocutori politici ed economici più idonei e proponendo soluzioni concrete,

È questo infatti il tempo giusto perché tutta l’indignazione di chi ha così fortemente protestato diventi lo strumento valido non per le divisioni o per le mire secessioniste e autonomiste di qualcuno; piuttosto una vera e propria leva socio-culturale per contaminare tutta la nazione con questo spirito di giustizia, affinché tutto il popolo – nella sua interezza e nella sua unitarietà – per uscire dalla profonda crisi in atto, possa pretendere azioni concrete e sacrifici anche, e soprattutto, a coloro che tale crisi hanno più di tutti contribuito a crearla.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it