LA DOTT.SSA MARZIA TROVATO E L’AZERBAIJAN: CONOSCIAMO E FACCIAMOCI CONOSCERE DAL CAUCASO

Un rendez-vous particolare quello avvenuto durante la serata in occasione dell’anniversario dell’Indipendenza della Repubblica dell’Azerbaijan.
Incontrare al Teatro dell’Opera di Roma la dott.ssa Marzia Trovato ha confermato, senza volerlo, quel grande interesse siciliano nei confronti dei paesi del Caucaso.
La dott.ssa Trovato, laureata in “Scienze dello sviluppo e della cooperazione internazionale” presso la facoltà di Scienze Politiche della Sapienza di Roma, sta attualmente frequentando il dottorato di ricerca sui “Metodi di ricerca per l’analisi del mutamento socio-economico”, e collaborando contemporaneamente con il dottorato di “Storia dell’Europa Orientale”.

 

–          In quale occasione ha avuto l’onore di visitare la Repubblica dell’Azerbaijan?

 

Il Prof. e Prorettore della Sapienza di Roma, Antonello Biagini, insieme ai suoi collaboratori, Andrea Carteny, Daniel Pommier e Gabriele Natalizia, hanno coinvolto me e Martina Sargentini in occasione del Word Youth Festival, tenutosi in Azerbaijan dal 13 al 20 settembre 2011, partecipazione la nostra, resa possibile anche grazie al supporto dell’ambasciata dell’Azerbaijan a Roma. Il festival, a cui hanno partecipato più di cento ragazzi da diverse parti del mondo, aveva lo scopo di far scoprire il paese attraverso il dialogo interculturale. Il ciclo di conferenze previsto verteva principalmente sul ruolo che i giovani possono avere nella risoluzione dei conflitti nazionali e internazionali. In quel caso noi, io e Martina Sargentini, rappresentavamo la delegazione studentesca della Sapienza al WYF.

Durante la settimana in Azerbaijan abbiamo anche preso parte ai festeggiamenti ufficiali per l’anniversario del 20esimo anno di indipendenza, ospiti d’eccezione nella città di Ganca di un evento straordinario e fondamentale per il paese.

Al nostro ritorno abbiamo aderito alle giornate di studio, presso il Senato Accademico, a proposito della “Autodeterminazione e nazionalità nel XX secolo”, e, in particolare, alla conferenza del 18 novembre dedicata alla doppia indipendenza dell’Azerbaijan. Fu durante quell’incontro che, dopo aver parlato della nostra esperienza alla tavola rotonda, l’Ambasciatore azero ci ha invitate al concerto di gala al Teatro dell’Opera di Roma.

 

–          Da quanto tempo si interessa dell’Azerbaijan?

 

Il mio interesse per l’Azerbiajan è nato da pochissimo. È stato stimolante avere subito un confronto diretto con i ragazzi azeri circa molte tematiche: la questione dei confini con l’Armenia, per esempio; ma anche sulla tradizione, la religione e i diritti umani.

I temi che io e Martina Sargentini stiamo affrontando sono vari e anche molto delicati. È  per questo che vorremmo dare inizio a una serie di studi e di progetti di scambio con la repubblica caucasica. Con la speranza che possano andare in porto per come li abbiamo pensati.

 

–          I progetti di scambio di cui parla, a quale obiettivo finale mirano?

 

Il clima di amicizia che si è instaurato ha incoraggiato il dialogo, la conoscenza reciproca e soprattutto la voglia di mantenere e rendere più solidi e costruttivi i rapporti con organizzatori e partecipanti  attivi nel settore della ricerca, delle ONG ed interessati ad un dibattito interculturale. Obiettivi del festival erano infatti lo scambio e l’incontro, in vista anche di future forme di cooperazione. La prospettiva, auspicata anche dagli amici azeri, turchi e georgiani, sarebbe quella di concretizzare le tante proposte discusse durante la nostra permanenza insieme in Azerbaijan, avviando un dialogo critico, lontano da ogni censura, e che spinga a renderci sempre più vicini.

 

–          Avendo conosciuto direttamente la realtà civile, territoriale e culturale dell’Azerbaijan, saprebbe smentire il luogo comune, troppo radicato ahimè, dell’arretratezza civile e culturale dell’Est del mondo?

 

Più che pregiudizio penso non si abbia proprio alcuna idea di determinati luoghi, politicamente, culturalmente e anche geograficamente. La cultura azera è ricca e affascinante, quasi divisa in due tra la voglia di mostrarsi moderna e occidentale e il bisogno di conservarsi tradizionale e attaccata alle proprie radici religiose ed etniche. La nostra impressione è stata quella di scoprire un mondo in costruzione: l’Azerbaijan dà l’idea di un grande cantiere, sia nel senso materiale del termine, data la mole di enormi opere architettoniche che stanno letteralmente cancellando le tracce sovietiche, sia culturale, considerato l’impegno che la popolazione, soprattutto giovane, ha, nel rinforzare un’identità culturale che si affermata da soli 20 anni.

 

–          La partecipazione alla vita universitaria da parte dei giovani azeri presuppone l’esistenza di una forte volontà di “risalita” da parte dell’intero paese. È una condizione che accomuna tutta la popolazione o si tratta di quella cerchia ristretta che ha la fortuna di confrontarsi con la storia e con le opinioni dei “grandi”?

 

L’Azerbaijan vuole crescere e vuole farsi conoscere al mondo. Una delle prime domande al nostro arrivo era “avevate mai sentito parlare dell’Azerbaijan prima di adesso?”. È un paese che sembra puntare molto sui giovani e che sta fondando il suo “sviluppo”sulla loro forza e sulle loro idee in quanto parte attiva della politica e della cultura del territorio (soprattutto per quanto riguarda il forte carattere nazionalista, che ci ha colpite in molte occasioni). Ovviamente i frutti di questo boom economico e culturale non sono accessibili a tutti; una parte del paese vive ancora in condizioni di indigenza, per non parlare di quella grossa fetta di rifugiati ancora residente nei campi profughi (circa 1 milione di abitanti su 9 milioni).

 

–          Come ha premesso Marta Dassù durante la serata di gala e come ha anche sottolineato la first lady dell’Azerbaijan, signora Mehriban Aliyeva, si vuole dare più spazio alla cultura dell’Azerbaijan qui in Italia per dare così un valore aggiunto al rapporto commerciale che finora ha legato i due Paesi.
Che prospettiva di diffusione culturale prevede lei per l’Azerbaijan? Il nostro paese potrà essere terreno fertile per questo, prescindendo dal legame commerciale?

 

Il concerto di gala al Teatro dell’Opera di Roma ha mostrato solo una piccola parte di ciò che la cultura azera rappresenta. Siamo state ospiti di eventi  folkloristici spettacolari e sarebbe interessante riuscire a far scoprire all’Italia una culturale ricca di influenze e di storia come quella azera, vista anche l’importanza che storicamente ha rivestito per l’Europa l’area caucasica; basti pensare alla Via della seta, l’itinerario che apriva le porte del Medio Oriente fino alla Cina. A questo proposito è ancora in corso, fino al 26 febbraio, la mostra “ A Oriente. Città, uomini e Dei sulla Via della Seta”, un evento organizzato al Museo Nazionale romano da un’idea dell’ISIAO. Speriamo che l’accenno di Marta Dassù circa una futura settimana della cultura azerbaigiana a Roma sia un progetto concreto e realizzabile nell’immediato futuro.

 

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