LA COMUNICAZIONE POLITICA

Che cos’hanno in comune la comunicazione pubblicitaria, quella politica e quella peculiare modalità comunicativa detta “seduttiva”?
Partiamo da una definizione elementare di “comunicazione”:  comun-azione, azione del mettere in comune, condividere attraverso un’azione, un comportamento attivo. Diremo dunque che un processo si definisce comunicativo quando consiste nell’agire attivamente al fine di condividere con uno o più soggetti qualcosa, con la dovuta specificazione che questo qualcosa sia una conoscenza, una rappresentazione, un pensiero, un’idea, insomma uno stato mentale.
Affinchè tale processo raggiunga il suo obiettivo, gli esseri umani utilizzano codici di trasmissione di ciò che intendono condividere, e fra questi in special modo il linguaggio.
Possiamo a questo punto concludere che una comunicazione è un processo attivato da un soggetto A che intende condividere col soggetto B una rappresentazione mentale di una qualche realtà oggettiva (o soggettiva): in altre parole, la comunicazione è qualcosa attraverso la quale si vuole soprattutto FAR SAPERE qualcosa a qualcuno!
Qual è, rispetto a questa definizione, il posto occupato dal linguaggio della politica, da quello della pubblicità e da quella della seduzione. E’ abbastanza semplice: queste tre forme comunicative sono imparentate da una caratteristica peculiare del loro obiettivo comunicativo, anche se tale peculiarità le caratterizza in grado diverso e questa caratteristica è quella dell’enorme sbilanciamento dei loro linguaggi dalla parte del valore pragmatico, ovvero il valore della funzione “pratica” della comunicazione.
Un esempio può bastare: se io dico a un mio amico, mentre discutiamo di tempo, che oggi pioverà, dimostrando che le previsioni del sito meteo x si riveleranno esatte, compio un atto comunicativo “rappresentativo”, o – come dicono i semiotici – “semantico”. Informo l’altro di una cosa che gli fa capire un’altra cosa che lo convincerà di un’altra ancora!
Se invece, mentre passeggiamo per strada, gli dico – sostenendo le mie parole con un atteggiamento facciale inequivocabilmente preoccupato – “….guarda che pioverà…!”, molto probabilmente la mia intenzione è quella di esortarlo a premunirsi con un ombrello contro l’eventualità di bagnarsi. Il mio obiettivo non è tanto e non è certo solo quello di informarlo, di FARGLI SAPERE, bensì quello – più importante – di fargli compiere un’azione, ovvero di FARGLI FARE qualcosa.
Bene: abbiamo concluso il nostro giro! La comunicazione politica, quella pubblicitaria e quella seduttiva sono tese a produrre messaggi la cui finalità precipua non è quella di FARCI SAPERE come stanno le cose di un certo tipo in un certo momento. I loro messaggi hanno la finalità precipua di FARCI FARE qualcosa, di indurci a fare.
Cosa?
Pensateci!

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