INQUINAMENTO FONTE MIRIO PARADISO E PANTANO DI CANNITELLO

Un primo passo positivo la Conferenza di Servizi al Comune di S. Croce Camerina, se verranno attuati i propositi da parte dei Comuni intervenuti, ma emergono altri elementi preoccupanti.

Un primo punto fermo nella vicenda dell’inquinamento della sorgente è stato rappresentato dalla Conferenza di Sevizi tenutasi lunedi al Comune di S. Croce Camerina, frutto di una positiva sinergia tra il Sindaco della Città nel cui territorio ricade la sorgente e Legambiente Il Carrubo Ragusa.

Diversi sono gli elementi da evidenziare, secondo l’Associazione ambientalista:

Vengono innanzitutto confermati tutti gli elementi già sottolineati precedentemente da Legambiente: la compatibilità delle sostanze inquinanti con i liquidi analizzati  al pozzo Tresauro; il fatto che la natura carsica del territorio permette a sostanze liquide di muoversi lungo le falde con velocità tali da percorrere distanze significative; la delicatezza, vulnerabilità e fragilità delle falde idriche degli Iblei; la necessità di una seria salvaguardia e quindi l’elemento di rischio rappresentato dalla presenza di perforazioni petrolifere in aree di ricarica di importanti sorgenti; la necessità di una migliore tutela del patrimonio idrico della provincia di Ragusa, sotto attacco anche per altri motivi (uso di pesticidi, concimazioni chimiche…). E’ stata nuovamente confermata quindi la superficialità di chi, Sindaco di Ragusa in testa, ha sostenuto la non pericolosità per il territorio di tali interventi perforativi.

Sono inoltre emersi altri elementi di notevole gravità:

1.      E’ in procinto di partire la perforazione di un terzo pozzo, quindi un ulteriore fattore di rischio per le nostre falde.

2.      E’ risultato che ARPA e Genio Civile (gli organismi tecnici che potevano sicuramente dire la loro nella questione) non sono stati coinvolti nell’iter autorizzativo, e questo senza che vi sia stato alcuna rimostranza da parte delle strutture politiche territoriali (Comuni, Provincia, Deputazione). E’ stata quindi confermata la scarsa attenzione dell’Ente Regione alle caratteristiche del territorio ibleo e la carente reattività degli Enti preposti in relazione a ciò. Stride infatti il contrasto tra la dura polemica fatta con la Regione da gran parte del mondo politico ibleo nel caso del Piano Paesistico ed il quasi totale silenzio a seguito di questo gravissimo fatto.

3.      La Regione non ha ancora individuato le aree di salvaguardia delle sorgenti, ed anche su questo non pare ci sia alcun intervento significativo del mondo politico ragusano, che attualmente evidenzia in modo eclatante il suo interesse più per il puro potere che per i problemi reali dei cittadini e dell’ambiente.

4.      E’ stato evidenziato che l’inquinamento ha interessato probabilmente un’area più vasta di quanto fino ad ora rilevato: vi sarebbero tracce di inquinanti anche in altre aree della falda iblea. Legambiente al riguardo ha intenzione di chiedere i dati analitici anche di questi altri punti di approvvigionamento e quindi di fare le proprie riflessioni in seguito.

5.      E’ stata stigmatizzata la non efficienza del piano di monitoraggio imposto alla ditta, che ha l’obbligo di inviare agli Enti preposti le analisi ogni 15 gg (!): un intervallo di tempo estremamente lungo per reagire ad un eventuale inquinamento, in relazione alle condizioni delle falde iblee.

A seguito di tutto ciò il Comune di S. Croce ha preso alcuni solenni impegni:

1.      Richiesta di blocco della III perforazione prima che parta

2.      Richiesta di chiusura del pozzo già esistente

3.      Richiesta danni + individuazione di una nuova fonte di approvvigionamento

 

Il comune di Ragusa è apparso intenzionato a collaborare in questa direzione, e quindi ad andare oltre la nota inviata alla Regione in data 16.6.2011, nella quale si chiedeva timidamente di ‘… rivedere i termini per la revoca o il mantenimento dell’autorizzazione…’, come anche ha dato la disponibilità a fornire a Legambiente la documentazione già a suo tempo richiesta.

Sono sicuramente elementi positivi se non rimarranno sulla carta e si tradurranno celermente in atti concreti. Per Legambiente l’unico esito possibile è la richiesta di revoca di tutte le autorizzazioni per gravi motivi ambientali (la legge, ad esempio l’art. 6 Legge 9/1991, come già da noi espresso, lo consente) nonché l’obbligo per l’EniMed di effettuare il monitoraggio quotidiano delle falde attualmente o potenzialmente a rischio a sue spese, e non a spese del contribuente.

Legambiente sicuramente non abbasserà la guardia sulla questione, e cercherà di coinvolgere, come sta già facendo, altre associazioni, comitati, singoli cittadini, in modo che l’impegno per la tutela del patrimonio idrico ibleo diventi realmente patrimonio di tutti.

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it