IN PERICOLO LA STABILITA’ DELL’EX STABILIMENTO INDUSTRIALE GIUFFRIDA A POZZALLO

C’era una volta a Pozzallo, nei pressi di quella che fu la stazione ferroviaria, lo stabilimento industriale dei fratelli catanesi Pietro e  Francesco Giuffrida. Un opificio che distillava alcol dalle carrube. Una realtà lavorativa importante. Una vera ancora di salvezza, a guerra appena finita, per centinaia di operai. Regolarmente sottopagati. E tuttavia fortunati rispetto a quanti un lavoro non ce l’avevano. Il 21 dicembre 1949 lo stabilimento chiuse. Duecentotrenta persone rimasero a spasso. La città accusò un brutto colpo. Trent’anni dopo i fratelli Spataro di Ispica, titolari della Spataro SpA, oggi srl, acquistarono dal Tribunale di Modica l’intero complesso immobiliare. Per realizzarvi una grande zona residenziale. Bello e ambizioso il progetto elaborato dal compianto architetto Alberto Agnello. Rimasto però sulla carta. Per l’ancestrale incapacità operativa delle pubbliche amministrazioni. Il sindaco del tempo, il socialista Natalino Amodeo, avrebbe voluto che una parte della grande area edificabile fosse destinata alla costruzione della seconda scuola media. Una specie di contropartita per il Comune. Ma non se ne fece nulla. Molto difficile allora mettere d’accordo pubblico e privato. Perfettamente il contrario di quanto avviene oggi. In base alle nuove strategie di project financing. Si arriva agli anni ’90. Il progetto non passa. E si perde, strada facendo, tra lungaggini burocratiche, deliberazioni ritenute penalizzanti dai proprietari e ricorsi amministrativi. In verità ci vuole poco dalle nostre parti a rimandare alle calende greche la soluzione di un problema che il più delle volte tale non è, ove si avesse voglia e capacità di trasformarlo in risorsa. Operando, ovviamente, con la necessaria apertura mentale. Anni dopo, a mettere la parola fine ad ogni speranza “creativa” dei legittimi proprietari, arriva un vincolo secco e immodificabile da parte della Sovrintendenza ai Beni culturali ed Ambientali di Ragusa. Quell’immobile non si tocca. Spostare una sola pietra è reato. Rientra tra i beni di archeologia industriale. Da salvaguardare. Risultato: da anni tutto è fermo. In itinere il ricorso dei proprietari. Intanto la struttura è diventata un pericolo pubblico.

“Opinabile – dice l’assessore comunale ai lavori pubblici e all’Urbanistica Uccio Vindigni – il vincolo della Sovrintendenza. Un provvedimento che non condivido nel metodo e nel merito L’area interessata, in base allo strumento urbanistico vigente, è stata destinata da tempo a zona B. Dunque edificabile. Il vincolo penalizza i proprietari, ma anche la città. Archeologia industriale? No. Non sono d’accordo. Non vi sono le condizioni. Perché i luoghi del processo produttivo, le tracce, i macchinari, i prodotti, il paesaggio stesso, sono stati cancellati dalle intemperie e dallo stato di abbandono dell’ex stabilimento industriale. Basta fare un sopralluogo”.

In effetti l’edificio sta cadendo a pezzi. Più volte sono intervenuti i vigili del fuoco ed i tecnici del Comune e della Protezione civile per rimediare, transennare, tamponare. L’ultimo intervento ha riguardato, qualche mese addietro, la rimozione di una grondaia pericolante. Dal 1949 di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Un modo di dire che calza a pennello con la situazione che si è venuta a creare proprio in questi giorni all’interno della struttura. A causa delle abbondanti piogge delle scorse settimane, la costruzione si è trasformata in un enorme serbatoio d’acqua. Precario e pericoloso. A rischio tenuta. Vindigni nei giorni scorsi ha effettuato un sopralluogo con i tecnici comunali, alla presenza di alcuni residenti della zona, dei proprietari dell’immobile e del titolare di un edificio chiamato in causa per accertare il rispetto delle prescrizioni imposte dal Comune nel momento del rilascio della concessione edilizia. La situazione è grave. Si impongono interventi di somma urgenza. Qualcuno ha abusivamente ostruito il canalone a sud della costruzione. Che da sempre ha funzionato come valvola di sfogo per le acque piovane. Creando gravi disagi ai residenti della zona. Di via Toscana in particolare. L’orientamento del Comune è quello di intervenire con urgenza. Fatto salvo il diritto di rivalsa nei confronti di chi non avesse eventualmente rispettato la normativa vigente, nonché i limiti imposti dall’autorizzazione amministrativa, provocando una evidente situazione di pericolo.

 

 

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