IL VINO DELLA MANHATTAN DEL MEDIOEVO

La Vernaccia di San Gimignano è uno dei vini di cui si ha più antica citazione. Basti pensare che venne citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Nel Purgatorio, nella sesta cornice, quella dei golosi, Forese indica a Dante le varie anime dei golosi irriconoscibili per la loro orribile magrezza. Essi sono costretti a correre senza sosta tra alberi carichi di frutta e ruscelli di limpida acqua senza potervi attingere. Tra queste anime vi è “quella faccia / di là da lui più che l’altre trapunta / ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia: / dal Torso fu, e purga per digiuno / l’anguille di Bolsena e la vernaccia”. Si tratta di Martino IV, al secolo Simone de Brion, papa dal 1281 al 1285. Proverbiale la sua golosità e a questa aneddotica risale il particolare delle anguille del lago di Bolsena affogate nella vernaccia e poi arrostite.

Michelangelo Buonarroti il Giovane, nipote dello scultore, fece la prima scheda organolettica della vernaccia, descrivendolo come un vino che “bacia, lecca, morde, pica e punge”. Traccia così le caratteristiche che erano proprie della Vernaccia di San Gimignano tra il Cinquecento e il Seicento. Un vino morbido, con un certo residuo zuccherino, ma soprattutto con una elevata acidità e una certa presenza di tannino, molto diverso da come si presenta oggi la Vernaccia di San Gimignano.

Sante Lancero, il bottigliere personale di papa Paolo III, in una lettera d’ordine di 80 fiaschi di Vernaccia di San Gimignano, si lamentava per la limitata produzione di questo vino.

Effettivamente la Vernaccia di San Gimignano rimase un vino di nicchia fino al 1966, anno in cui fu il primo vino italiano a ottenere la Denominazione d’Origine Controllata. Un vino che contava una produzione di circa 700 ettolitri l’anno; dopo aver ottenuto la DOC, la produzione arrivò ai 40.000 ettolitri l’anno.

È un vitigno presente solo in Toscana e ha come particolarità di essere l’unica autentica uva bianca toscana in una terra di vini rossi. La Vernaccia di San Gimignano non va confusa con altri vitigni che portano lo stesso nome. L’origine del nome Vernaccia, infatti, viene dal latino vernaculum che significa del posto. Per questo motivo esistono molti vitigni con il nome vernaccia, ma tra loro non esiste alcun legame.

La Toscana è certamente famosa per i suoi vini rossi e semmai per il Vin Santo, ma in questa zona, che coincide con il territorio comunale di San Gimignano, la vernaccia ha trovato un territorio adatto a sé, poiché il terreno è geologicamente e pedoclimaticamente diverso. Questa zona presenta grandi escursioni termiche: molto caldo di giorno e molto freddo di notte. In più la zona di San Gimignano corrisponde alla media valle dell’Elsa, un fiume che ha un corso estremamente irregolare e ha lasciato nella zona di San Gimignano una serie molto ricca di depositi tra sabbie, microelementi e conchiglie fossili: un territorio ricco di calcari. Questo fattore rende questa zona ideale per le uve bianche.

Problemi di vendita non ne ha mai avuta, con tutto il flusso turistico che interessa San Gimignano, ma di certo con l’aumento della produzione e con la ricerca di un gusto più internazionale, la Vernaccia di San Gimignano ha non pochi problemi di identità. Da una parte, vi sono cantine interessate solo al guadagno che hanno prodotto delle vernaccia a dir poco indecenti; dall’altra vi è il sospetto che molte vernacce siano state “nobilitate” con una presenza superiore a quella consentita dal disciplinare da chardonnay.

La riprova di questo sta nel fatto che la nuova modifica del disciplinare ha allargato dal 10% al 15% le altre varietà di uve per la produzione di Vernaccia di San Gimignano.

Il nuovo disciplinare della Vernaccia di San Gimignano è un nuovo disastro alla tipicità di questo vino. Non solo la percentuale di uva vernaccia è scesa dal 90% all’85%, ma anche il periodo di affinamento della versione Riserva è sceso dai 18 mesi complessivi tra affinamento in acciaio o legno e quello in bottiglia ai 14 mesi. Inoltre, il disciplinare sebbene non consente l’impiego di uva Traminer, Moscato bianco, Muller Thurgau, Malvasia di Candia e Malvasia Istriana, consente l’uso, fino al 10%, di Sauvignon e Riesling, la cui presenza, soprattutto del Sauvignon, marca fortemente il profilo olfattivo di un  qualsiasi vino in cui entra a far parte.

Nonostante tutti i tentativi fatti per snaturare la tradizionale vernaccia, vi sono ancora dei produttori che lavorano nel rispetto della tradizione. Si può, così, nel complesso, tracciare in questo modo la personalità della Vernaccia di San Gimignano: di colore giallo paglierino, profumi fini e intensi di frutta, fiori e mandorla amara. Al gusto è secco, fresco, mai particolarmente sapido, dotato di buona morbidezza e media struttura. Il finale è tipicamente ammandorlato. Nella versione Riserva, che ha un periodo di affinamento minimo di 11 mesi in acciaio o in legno, più 3 mesi in bottiglia, è particolarmente evidente il carattere tattile di morbidezza e la maggiore complessità e intensità all’olfattiva.

Bevuto fresco è ottimo come aperitivo o con degli antipasti di mare, mentre la versione Riserva si accosta a primi piatti con sughi bianchi e funghi, ma anche con secondi piatti a base di verdure o carni bianche. (Giuseppe Manenti)

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it