IL SILENZIO DEL PDL

Si sprecano, in questo particolare momento, gli articoli, le note e le dichiarazioni di carattere politico. Ancora di più dalle nostre parti, dove incombono le elezioni comunali nei centri più importanti della provincia, a cominciare da Ragusa, consultazioni che segneranno un’epoca perché le ultime del capoluogo che è destinato a scomparire come entità amministrativa, secondo l’ormai soppresso ordinamento provinciale.

Ê normale che molte delle attenzioni si riversano sul PD, da cui si aspettano le mosse che possano definire il quadro politico delle prossime  consultazioni nei diversi comuni. Di conseguenza viene facile cercare il pelo nell’uovo, favoriti da quelle situazioni locali in cui la sinistra, e il PD in particolare, prestano il fianco a critiche che, alla fine, sono giustificate dalle solite beghe interne e dalle solite scelte che sembrano fatte apposta per arrivare, senza cercarla, alla sconfitta. Forse è anche la smania di imitare il modello nazionale, sarà la bramosia per un potere lontano da tanto tempo, fatto è che c’è abbondano i commenti per tutti gli articoli che, generalmente, sono ineccepibili da un punto di vista formale e anche per certe sottili venature satiriche.

 Difficile trovare altrettanta vivacità nel guardare in casa PDL, in un partito che vive come un aristocratico chiuso  nel suo palazzo, forte di una nobiltà non ancora in decadenza, ma incurante dell’assottigliarsi delle rendite di consenso che non possono essere eterne.

 E come il nobile vive nel suo mondo, quasi isolato dalle squallide vicende dei comuni mortali, il PDL si esalta nel suo aristocratico distacco dalle normali vicende politiche e diffonde solo un aria di aureo e sereno silenzio.

 Apparentemente,  abituati alle epiche lotte del PDL nazionale, agli scontri fra esponenti di correnti diverse, alla gara, fra gli aspiranti favoriti, nel portare a Palazzo Grazioli donne e voti in quantità industriale, sembra di vivere in un  paradiso, dove è normale regnino silenzio e tranquillità.

 Ma i cortigiani forse scalpitano, è un fenomeno storico, il nobile gode dei favori del re, i privilegi sono rinnovati e mantenuti, ma il popolo intravede il pericolo di restare affamato, politicamente. Se la rivoluzione travolge le corti e i feudatari, i nobili, magari, continueranno a vivere, blindati, nei loro palazzi, i cortigiani e le dame di compagnia resteranno a spasso, dovranno vivere delle loro sostanze e del loro lavoro. Clientele, affari, visibilità, prestigio politico andranno a farsi fottere.

Cosí, dopo i fasti della Ragusa da bere, dopo gli abbandoni, gli allontanamenti provocati e spontanei, fomentati in nome di una evanescente e inconsistente leadership, sostenuta da pochi alimenti e da molto blasone, il partito sembra alla  frutta. Anche perché, in tempi di repubblica, il blasone è una dote   effimera.

Cosa offre allora il PDL al suo elettorato, alle sue folle osannanti, ma non tanto? A ben guardare, ben poco, in uno scenario non esaltante.

Un panorama politico che, in tutta l’area di destra e di centro, vede il dominus chiuso nel palazzo e poco altro: un parlamentare regionale, fortunatamente credibile, affidabile e competente, della serie: “cosa ci fa lì in mezzo?”, ma pur sempre di origini ‘aennine’, magari sangue blu di casa sua, ma, purtroppo, non azzurro. Per il resto un sindaco in scadenza, eletto, a suo tempo, con la fazione opposta. Forse più nulla. Dappertutto i fuggitivi o resi tali, i pezzi pregiati, fatti fuori perché, come avviene solitamente in politica, ombreggiavano il blasone. Quindi un ex senatore che troneggia isolato su un piccolo staterello concessogli dal re per ricompensare gli errori, ampiamente riconosciuti, del passato, legittimamente e comprensibilmente seduto sulla riva, in attesa che la corrente trasporti le macerie e i cadaveri dell’altrui incapacità. Un ex sindaco  che si muove come  il talento che è rifiutato dalla squadra di  alta classifica e fa sfracelli nella squadra minore, portandola, però, subito ai vertici. Un ex assessore che si candida a sindaco nella sua città, (il sua è riferibile come si vuole), con la voglia, le potenzialità e gli appoggi per fare la ‘bua’.

Per il resto il popolo della libertà ragusano è di fronte alla realtà del nulla, all’incapacità di poter offrire in pasto alla folla non solo il gladiatore destinato al trionfo ma neppure l’agnello sacrificale da offrire per il rito elettorale.

In una situazione che è ormai difficile da riprendere, pericolosamente destinata a sancire un de profundis per il partito, a meno di non riuscire ad escogitare come dare vita a capolavori dell’arte politica, vere e proprie eccellenze strategiche che andrebbero affidate ai ‘purosangue’, con l’accortezza di destinarle ad altri di comprovata affidabilità e nobiltà d’animo.

 E come per le occasioni importanti, occorre raccogliere il massimo dei consensi, senza di cui, non si canta  messa.

Principe di Chitinnon

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