IL POMODORO DELLA LIBERTA’

Oggi su un quotidiano nazionale ho letto un articolo da significativo titolo – “Il pomodoro della mafia” – riguardante il “viaggio” del pomodoro ciliegino vittoriese piuttosto che quello di Fondi, l’articolo in questione, presentato come un’inchiesta italiana, pone in risalto la gestione criminale della filiera agroalimentare sottolineando che a essere penalizzati sono il produttore e il consumatore. Insomma, ho pensato, cose che diciamo da decenni, nella più totale indifferenza dei media e delle stesse istituzioni, finalmente sembra vengano alla luce di questi tempi. Ricordo che, ormai più di venti anni fa, io giovane Sindaco di Vittoria mi rivolsi anche per queste questioni all’allora commissario antimafia Domenico Sica che raccolse l’allarme e inviò a Vittoria il giudice Francesco Di Maggio che ho personalmente accolto dentro il municipio per portare avanti il suo lavoro di indagine, ricordo la sua mole, il suo riserbo, la sua dedizione, gli feci utilizzare per diversi giorni la mia stessa stanza per ascoltare gli imprenditori e le persone tartassate dalla criminalità mafiosa che in quegli anni era al massimo della sua forza, decine di morti ne sono la testimonianza, era la prima volta che le istituzioni prendevano in considerazione seria le nostre denunce, fino ad allora i ministri degli interni dicevano che la criminalità a Vittoria era ad un “livello fisiologico”. Il risultato di quel lavoro, lungo e difficile, fu un dossier sulla presenza mafiosa a Vittoria, organizzazioni mafiose come “cosa nostra” e “stidda” furono analizzate a partire delle famiglie palermitane e del nisseno che avevano grossi interessi nel nostro territorio e nella valle dell’acate per finire alle famiglie mafiose vittoriesi, ma già allora la cosa che più risaltava era quello che lo stesso commissariato per la lotta alla mafia chiamò il “buco nero” dell’economia vittoriese e cioè il suo cuore pulsante, il mercato ortofrutticolo. A distanza di venti anni vediamo che anche altre organizzazioni come la “camorra” campana, scesa a patti con la “mafia” siciliana, hanno avuto un ruolo di primo piano nella gestione illegale  della nostra economia. Per ciò riteniamo  utile e opportuna l’azione intrapresa da parte dalla  magistratura e dalle forze dell’ordine, anche le forze sociali e le organizzazioni di categoria devono fare la loro parte al riguardo, affinché si possa finalmente invertire la rotta per una economia non solo dinamica ma socialmente sostenibile. L’attività di contrasto alla mafia all’interno dei contesti produttivi deve, naturalmente, tenere conto dei tanti cambiamenti che negli ultimi anni hanno visto le organizzazioni criminali trasformarsi sempre più in soggetti economici “legittimi”. Ciò rende tutto più difficile dal punto di vista del contrasto, sia da parte delle forze dell’ordine che delle istituzioni e della società in generale. Spesso come abbiamo visto l’attività di taglieggiamento si trasforma in fornitura imposta di servizi. Tutto questo ci impone un ulteriore sforzo e  un impegno di coerenza, affinché il contrasto alle infiltrazioni mal affariste possa risultare veramente efficace. Solo la libera contrattazione fra le parti costituisce una garanzia di legalità per i lavoratori, le imprese e la cittadinanza, solo la difesa dei diritti e delle regole può contrastare efficacemente l’idea di una società dei più forti contro i più deboli, dei favori contro i diritti, e, invece, favorire le libertà individuali e collettive e lo sviluppo economico e civile, ne abbiamo estremo bisogno.

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