IL LATTE E LA GUERRA

Quando ero piccolo, passava il lattaio col bidone e metteva il misurino di latte nella tazza. Prima ancora passava con la mucca e mungeva il latte. Poi, alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso, il lattaio diventò industria che pastorizzava il latte e lo vendeva in bottiglia. Si pagava il latte e si lasciava un deposito a garanzia della bottiglia portata a casa. La bottiglia, svuotata, si riportava per essere lavata e riutilizzata. Lo stesso per la birra e altre bibite. Ora le bottiglie si buttano e si fa la raccolta differenziata e il vetro viene riciclato. E questo viene chiamato il nuovo, il progresso, la civiltà. In altre parole si preferisce rompere la bottiglia e rifarla anziché lavarla.

È razionale, è logico, è economico? Ha senso? Non lo capisco!

Poi c’è il top dello spreco: la guerra. Si fanno le armi che non servono a nulla. Primo spreco. Con le armi si distruggono case, palazzi, intere città. Secondo spreco. Si ricostruiscono case, palazzi e città e si ritorna come prima. Terzo speco. A ciclo chiuso chi ci ha guadagnato, perché c’è chi ci guadagna, si tiene il malloppo. E così è nata la guerra continua. Ora qua, ora là, che importa, l’importante che il guadagno sia continuo e costante. Che con la guerra, poi, si uccidono degli uomini, è un dettaglio marginale. Che sono cinquanta, cento mila, un milione di uomini uccisi su sette miliardi? Dettaglio marginale! La fame ne fa morire di uomini e donne e bambini dai cinque ai venti milioni; la malaria oltre un milione. Ogni anno. Tutti gli anni. 

È razionale, è logico, è economico? Ha senso? Non lo capisco!

Ragusa, 15 novembre 2015

                                                                                          Ciccio Schembari

 

Articolo pubblicato sul n. 123/2015 “Nonsense” della rivista on line www.operaincerta.it

 

 

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