Il Grillo, un salto di qualità per il Marsala

Durante la seconda metà dell’Ottocento, la viticoltura siciliana crebbe tantissimo, grazie alle esportazioni destinate al mercato estero. La viticoltura francese aveva subito un duro colpo con la decimazione del suo vigneto. a causa della fillossera e della peronospora. La Francia divenne così il più importante importatore di vini e mosti italiani. Particolare attenzione ricevette il nero d’Avola, commercializzato come vino di Pachino e chiamato in Francia vin medicine, perché si riteneva curasse l’anemia.

Questa improvvisa richiesta di vino, che superava l’offerta, spinse molti proprietari terrieri siciliani a impiantare viti. In un breve lasso di tempo, poco più di dieci anni, la superficie vitata dell’Isola triplicò; e dai 100.000 ettari vitati si passò ai 320.000.

Il boom economico basato sul vino, ricevette in poco tempo una battuta d’arresto: la fillossera era sbarcata in Sicilia, mettendo in ginocchio la fiorente economia enologica dell’Isola. Gli unici vigneti della Sicilia che ne uscirono immuni, furono quelli etnei piantati ad altitudini superiori ai 500 metri. Il terreno vulcanico etneo ben si difese dalla fillossera e tutt’oggi esistono vigneti centenari pre-fillossera

Altri terreni, che si salvarono, furono quelli di natura prevalentemente sabbiosa: la sabbia, arroventandosi per il calore del sole, impediva alla fillossera di riprodursi e sopravvivere.

Ma cos’è la fillossera? La fillossera altro non è che un insetto, il quale attacca le radici della vite e si alimenta di esse fino a portare a morire la pianta. Questa afide non esisteva in Europa, arrivò dall’America e produsse l’impatto distruttivo di maggiori proporzioni che la viticoltura europea abbia mai sofferto, costringendo la quasi totalità  delle viti europee al reimpianto.

La soluzione al problema delle fillossera si trovò a Bordeaux, una delle prime zone a essere colpite da questo flagello. Gli agronomi bordolesi si accorsero che la vite americana era immune a questo insetto. In pratica, la vite americana, convivendo per secoli con questo parassita, aveva sviluppato dei meccanismi di difesa. Si capì che l’unico modo per reimpiantare la vite in Europa,senza subire nuovi danni, era di procedere all’innesto delle varietà europee su un portainnnesto di vite americana.

Con i nuovi impianti, arrivò nel trapanese dalla Puglia il vitigno grillo, che per molto tempo fu il vitigno a bacca bianca più diffuso nell’Isola, per poi cedere il passo al catarratto. Il grillo ha carenze di acido malico, quindi poca freschezza, ma ha struttura, calore e grande corredo zuccherino. Il suo grande pregio gli deriva dalla grande sapidità gustativa e olfattiva, che spazia tra le note iodate e le note ferrose. La particolare sapidità dei vini prodotti da uva grillo procura una buona salivazione, che compensa la mancanza di acidità e l’eccessiva morbidezza che gli viene dalla grande quantità di alcol che può generare.

La grande quantità di alcol generata e la poco acidità presente nell’uva grillo portano a facili ossidazioni. Tutte particolarità che rendono questo vitigno adatto alla produzione del vino Marsala. Un buon Marsala, di fatto, deve spiccare per alcol, morbidezza e sapidità, oltre per la classica nota di ossidazione.

I terroir più vocati, dove innestare uva grillo destinata alla produzione di vino Marsala, sono lungo la costa del comune di Marsala. Nomi quali Birgi, Favarotta, Triglia e Spagnola riportano nel pensiero a zone dai terreni calcarei e clima torrido, temperato dall’influsso del mare. Sono, infatti, i sentori di iodato e di calore che si riscontrano nelle migliori versioni di grillo.

Per rilanciare il Marsala, quindi, si dovrebbe puntare almeno su una percentuale minima garantita di grillo nell’uvaggio e destinarlo in purezza per un prodotto di maggior pregio: il Marsala Vergine, quello addizionato di solo alcol e senza aggiunta di mistella o mosto cotto.

Solo così sarà possibile rilanciare il vino Marsala, allontanandolo dal solo uso in pasticceria e destinarlo anche alla sua vera vocazione: come vino da meditazione o da abbinamento con formaggi e sigari.

 

(Giuseppe Manenti)

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