È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
IL FRONTE DELL’UOMO QUALUNQUE
26 Lug 2013 15:49
Forse lo avevo scritto nel destino, da giovanissimo, ancor prima che adolescente, la mia attenzione era attirata dalle scritte gigantesche, dai loghi e dai marchi, dai simboli. Quando mi capitava di trovarmi a Catania, ero attratto dalle grandi insegne luminose a lettere scatolate poste sui portici alla fine del corso Italia, a Roma o a Milano mi attiravano le grandissime insegne luminose in tubi al neon che svettavano sui tetti dei palazzi, quasi sempre nelle grandi piazze. Così che una volta, a Roma, in età più avanzata, invece di godermi la città eterna, mi tuffai per giorni nello studio di un progettista di queste insegne, un affabilissimo ingegnere che comprese la mia strana passione e mi illustrò tutte le fasi di progettazione, di realizzazione e, ancor prima, di vendita di questo tipo di insegne.
Ritornando alle grandi scritte sui muri, che una volta fungevano da insegna, una mi colpiva in particolare, percorrendo il ponte Vecchio di Ragusa, la vedevo estendersi per tutta la lunghezza della facciata del palazzo che si affacciava sulla vallata, quello al cui posto si trova ora il palazzo Musso, dal nome dell’ingegnere che lo costruì, dove una volta c’era la SIP, per intenderci. Alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, resisteva, consumata dal tempo, la scritta: FRONTE DELL’UOMO QUALUNQUE.
Le mie curiosità su scritte e simboli venivano sempre soddisfatte, quasi sempre senza censure, così che mi si diceva cosa era e quale significato aveva il Fascio Littorio o cosa erano e cosa rappresentavano la falce e il martello. Non mi vollero dire mai cosa era il Fronte dell’Uomo Qualunque.
Più tardi dovetti fare da me, anche perché, a scuola, formazione umanistica di prim’ordine ma in quanto a storia contemporanea manco a parlarne. Oggi, danzando fra ricordi giovanili, capisco perché non me ne volevano parlare allora, ma rifletto sulla grande attualità di quella linea di pensiero.
Naturalmente non se ne parla ancora oggi, ma oggi se ne comprende meglio il perché.
Il Fronte dell’Uomo Qualunque (UQ) fu un movimento e, successivamente, un partito politico italiano sorto attorno all’omonimo giornale (L’Uomo qualunque) fondato a Roma nel 1944 dal commediografo e giornalista Guglielmo Giannini.
Giannini, di madre inglese, era figlio di Federico, giornalista napoletano d’origine pugliese di fede anarchica, educato dal padre, dopo le scuole elementari, sulla base di ideali libertari. Comunista da giovane, rifiutò ben presto le teorie di Marx. Fu introdotto nel mondo del giornalismo, ma la sua estrosa personalità fu attratta dal teatro, le sue commedie gli procurarono un discreto benessere.
Risultò poco compromesso con il fascismo, anzi dopo la guerra maturò una cera avversione, unita a un impellente desiderio di impegno politico. Il suo pensiero era ispirato all’esigenza, ritenuta urgente, di realizzare una grande riforma del potere, capace di impedire l’eterno susseguirsi, nella storia, di guerre, lutti e distruzioni.
Espresse le sue idee in proposito nel libro “La folla. Seimila anni di lotta contro la tirannide”, scritto durante l’occupazione tedesca di Roma e lì pubblicato nel luglio 1945.
“Capi” e “folla” sono, in questo testo, gli elementi antagonisti della storia dell’umanità. I primi si identificano negli “uomini politici professionali” in eterna lotta tra di loro per la conquista dei vantaggi personali conferiti dal potere; la folla è invece costituita dai “galantuomini”, cioè dalla gente di “buon senso, buon cuore e buona fede […] onesta laboriosa e pacifica che forma l’enorme maggioranza della popolazione in tutti i paesi del mondo”. Una maggioranza accomunata dal desiderio di “essere libera di esser buona, pacifica, amante del proprio lavoro e del proprio benessere”, ma invece costretta a subire guerre, lutti, privazioni, a causa della lotta per il potere della minoranza degli uomini politici professionali. Il Giannini proponeva il passaggio dallo “Stato etico” allo “Stato amministrativo”, che significava il trasferimento dell’effettivo governo dai politici alla burocrazia, composta “di persone che sanno governare, e che di fatto governano, illuminandoci le strade di notte, provvedendo a che le fognature funzionino, e che le derrate arrivino sui mercati e a tutti gli altri bisogni pubblici”.
Il disprezzo per la politica e gli uomini politici avidi e corrotti, insieme con lo scetticismo nei confronti delle ideologie da loro ostentate, rappresenta un male antico, come noto, della storia italiana, caratterizzata da una continua, reciproca sfiducia tra governati e governanti.
La teorizzazione di tale disprezzo si impose con un neologismo (qualunquismo), da allora assai diffuso nel linguaggio comune, che interpretava innanzitutto la stanchezza morale e il desiderio dell’Italia sconfitta e distrutta di quegli anni di tornare a vivere e sorridere.
Risultati vani i tentativi di fare accogliere le sue idee ‘rivoluzionarie’ da qualcuno dei ricostituiti partiti politici, fondò un giornale, ‘L’Uomo qualunque’, su cui scriveva : “« Questo è il giornale dell’uomo qualunque, stufo di tutti, il cui solo, ardente desiderio, è che nessuno gli rompa le scatole. »
Sosteneva Giannini, “Libertà, giustizia, prosperità, sono generosamente promesse da tutti; e, in teoria, non c’è che l’imbarazzo della scelta del più virtuoso tra tanti partiti tutti egualmente perfetti. In pratica assistiamo all’ignobile spettacolo di un arrivismo spudorato, al brulicare d’una verminaia d’ambizioni, ad una rissa feroce per conquistare i posti di comando dai quali poter fare il proprio comodo ed i propri affari. Salvo la modesta aliquota di illusi e di sinceri che non manca mai in nessun movimento politico […] antifascisti e fuorusciti erano e sono costituiti da “uomini politici professionali” avversari e nemici degli “uomini politici professionali” che costituivano il fascismo […].
Ritornati alla vita pubblica d’Italia con la vittoria militare anglo-americana come le mosche tornano alla stalla sulle corna dei buoi, antifascismo e fuoruscitismo pretendono, come il fascismo, il diritto di fare una epurazione ossia di sopprimere gli u.p.p. “uomini politici professionali” concorrenti e chiunque altro sia d’impaccio o fastidio.
Noi non abbiamo bisogno che d’essere amministrati: e quindi ci occorrono degli amministratori, non dei politici. Ci vogliono strade, mezzi di trasporto, viveri, una moneta modesta ma seria, una politica rispettabile […]. Per far questo basta un buon ragioniere […] che entri in carica il primo di gennaio, che se ne vada al 31 di dicembre, che non sia rieleggibile per nessuna ragione.
Siamo disposti a chiamarlo anche re e imperatore: a patto che cambi ogni anno e che, una volta scaduto dalla carica, non possa ritornarvi almeno per altri cinque”
Fattore importante della diffusione de L’Uomo qualunque, era lo stile del Giannini. che, nella sua martellante polemica, oscillava tra ironia, sberleffi e insulti volgari.
Il Fronte ottenne un significativo successo nelle elezioni per l’Assemblea costituente del 2 giugno 1946, il quinto partito a livello nazionale. La sua affermazione era tuttavia destinata a rivelarsi strepitosa nei mesi successivi.
Dopo le elezioni del 2 giugno, che avevano conferito alla Democrazia cristiana il ruolo di partito di maggioranza relativa, De Gasperi aveva confermato la sua strategia politica, varando un governo fondato essenzialmente sulla collaborazione con comunisti e socialisti. Giannini volle presentare il suo partito come il “vero” partito dei cattolici in contrapposizione alla DC di De Gasperi, accusata, in quanto alleata dei comunisti, di tradimento della religione e di “bolscevismo nero”.
I risultati delle elezioni amministrative del novembre 1946 rivoluzionarono il quadro politico italiano. Il Fronte dell’Uomo qualunque si rivelò, a Roma e nell’Italia meridionale, il partito più votato, e la maggior parte del suo incremento elettorale avvenne ai danni della Democrazia cristiana, che uscì da quelle elezioni letteralmente sconfitta.
Lo strepitoso successo qualunquista assunse l’evidente significato di una protesta di massa della piccola e media borghesia moderata contro la continuazione della collaborazione con comunisti e socialisti perseguita dal governo De Gasperi: conferma di quanto lontani fossero dai disegni di rinnovamento del leader cattolico buona parte degli elettori della DC, più che mai dominati dall’antica paura del comunismo.
Con il trionfo elettorale del novembre 1946 ebbe, tuttavia, inizio il declino delle fortune politiche del Giannini. Perse la testa anche lui: si rivolse alla DC in termini ricattatori, cercando di imporre a essa un’alleanza con il suo Fronte, poi prospettò un’intesa con il Partito comunista italiano (PCI), che Togliatti accettò volentieri di discutere attraverso i rispettivi giornali, determinò, comunque, il suo declino incontrollabile.
Secondo la visione del Movimento consegue il concetto che lo Stato debba essere il meno presente possibile nella società. L’economia dev’essere lasciata totalmente ai privati, in un sistema totalmente liberista. Se ciò non fosse, lo Stato diverrebbe etico e secondo Giannini da questa eticità deriverebbe l’oppressione del libero pensiero del singolo, fino ad arrivare ad una visione imperialista dell’organizzazione centrale. Punti cardine dovevano essere quindi: lotta al comunismo, lotta al capitalismo della grande industria, propugnazione del liberismo economico individuale, limitazione del prelievo fiscale, negazione della presenza dello Stato nella vita sociale del Paese.
Il termine qualunquismo, poi rimasto nel lessico politico con evidente accezione negativa, definisce atteggiamenti di sfiducia nelle istituzioni democratiche, di diffidenza e ostilità nei confronti della politica e del sistema dei partiti, di insensibilità agli interessi generali, verso i reali problemi della gente, dell’uomo qualunque appunto, che si traducono in opinioni semplicistiche e sostanzialmente conservatrici sui problemi dello stato e del governo.
Gli uomini passano, le idee possono restare. Oggi capisco ancora di più perché non mi volevano dire cosa fosse il FRONTE DELL’UOMO QUALUNQUE.
Principe di Chitinnon
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