IL CORPO DISABITATO

Permettetemi di fare un po’ di auto-promozione: qualche anno fa ho scritto un libro  -per il quale mi sono avvalso, fra l’altro, della collaborazione di alcuni cari e illustri colleghi– sul tema del fitness.

Naturalmente, io non scriverei mai un libro sulle tecniche del fitness, così come non potrei mai scrivere un libro sulla cucina valdostana. Il mio interesse è, per così dire, un interesse “critico” nei confronti del fitness, e per l’esattezza nei confronti di una certa esasperazione del  suo concetto e della sua pratica.

L’idea che ho cercato di sviluppare (e che ho ripreso qua e là in tante puntate di questa rubrica) è quella che alla radice della cultura ossessiva delle pratiche corporee vi sia un nucleo importante di elementi la cui natura è non solo sociale ma anche psicologica (al limite psicopatologica) ed esistenziale.

Ciò ha richiesto un impegno teorico “plurimo”, vale a dire la necessità di aggredire il tema con strumenti multidisciplinari che vanno dalla fenomenologia alla psicoanalisi, dalla semiologia alla sociologia.

Il tema è molto gettonato: non si ricorda un’epoca storica più angosciata dell’attuale dal problema della tenuta del corpo, della sua eterna giovinezza, della sua esatta corrispondenza a un canone estetico omologante che detta i suoi vincoli in televisione come al cinema, nello sport come nel mondo più glamour.

Il libro tenta di assemblare i contributi in modo da proporre un ragionamento unitario, che si potrebbe riassumere nel concetto chiave del “corpo disabitato”, quello amministrato, gestito da una logica di conservazione forsennata, molto più propensa a trasformare l’immagine di Sé in una rappresentazione astratta (perfetta) che a far fruttare i segni del tempo che inevitabilmente raccontano la storia di ognuno di noi. Un corpo disabitato, come lo è il salotto buono di casa, dove non si entra, dove non si vive, ma che si tiene pulito e immobile per il momento della rappresentanza!

Se lo leggete, io ne sarò contento e voi non avrete di che pentirvene. Garantito!

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