Il clamoroso giallo Dell’Agli: un caso da Montalbano

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Alzi la mano chi non conosce Nello Dell’Agli, lo psicologo e sacerdote “licenziato” da prete! Per il torto che avrebbe subìto, sono deflagrate la solidarietà e l’indignazione su Facebook (e non solo). Scagli la prima pietra chi non lo conosce, soprattutto (ma non solo) alla luce dell’incendiaria infiammazione social e mediatica della scorsa settimana.

Lo so, la metafora dell’incendio proprio in queste ore è sgradevole, ma rende l’idea del caso esploso in questi giorni e, sospetto, destinato a espandersi come in un arabesco fitto, dolciastro e insolente, un po’ nello “stile Camilleri”.

Io Nello lo conosco personalmente, anche se per gli snodi ineffabili delle biografie terrene non lo frequento da circa vent’anni, da quando cioè completai il mio corso quadriennale di Specializzazione in Psicoterapia in una Scuola che allora vedeva la nostra aerea coabitazione, egli anche in veste di “formatore” austero, io in quella di “allievo” rompipalle. Scuola che, in tempi diversi e per ragioni diverse, vide l’addio di entrambi. Io infatti, grazie al mio sesto senso per le situazioni “complicate” e per me dolorose, scelsi consapevolmente di andare via e di intraprendere la mia strada fortunata, risparmiandomi qualche successiva vicissitudine che, conoscendomi, avrei vissuto con disagio (“litigi”, “brusche separazioni”, “schieramenti”), tutte cose che persino in un contesto di psicoterapia (e spiritualità) possono accadere, ma che a me deludono tanto. Tanto.

Ma vengo ora al nocciolo essenziale della cosa. Io sono garantista sino in fondo coi miei colleghi, con gli uomini di Chiesa e anche con tutti i condomini del mio palazzo. Io fui innocentista e garantista convinto in questi ultimi anni con un altro collega abbastanza conosciuto dalle nostre parti, anch’egli uomo di Chiesa della nostra provincia appunto, la cui parabola, secondo le parole di Dell’Agli, si intreccerebbe in modo verosimilmente incandescente con la sua vicenda. Io fui innocentista e garantista anche con quell’altro collega (e religioso), evitando di “propalare anzitempo accorate difese d’ufficio” che, seppure in buona fede, avrebbero finito per danneggiare comunque la sua immagine (facendo da cassa di risonanza). Chi è garantista davvero, riesce ad essere oggettivo e neutrale, persino nel florilegio obliquo delle empatie. Io garantista lo fui allora e lo sono ora.

Certo, siamo esseri umani. Nessuno di noi è infallibile. Ma una cosa sono gli errori, altra cosa sono i reati o gli abusi gravi. Ecco perché oggi, fino a prova contraria, io voglio credere anche nell’innocenza di Nello Dell’Agli riguardo alle accuse gravissime che gli vengono rivolte, per quanto egli possa essere un uomo imperfetto e fallibile come me. Lanci un emoticon chi non lo è! 

E comunque, al di là di tutto e delle sensazioni soggettive, le mie domande riguardano le forme, le modalità, le vie scelte nelle accuse. Mi domando umilmente, ad esempio: perché Dell’Agli non ha potuto presentare appello per nessuno dei capi di accusa su cui il tribunale ecclesiastico di primo livello lo ha condannato? Il Papa, consigliato in tal senso evidentemente, ha posto la firma sulla sentenza che lo ha privato di fatto del diritto umano e universale all’appello. Eppure, a mio avviso, è importante consentire il naturale corso della giustizia (anche “laica”). La possibilità di una difesa apre all’approfondimento, aiuta la verità definitiva sulle cose. Qualunque essa sia. Qualunque essa sia.

Personalmente, non ho dubbi sul fatto che Salvo Montalbano vorrebbe vederci più chiaro in questo garbuglio intricatissimo prima di condannare definitivamente un uomo. Ascolterebbe ogni cosa e ogni cristiano e ogni anziana e vispa vicina di cantunera, leggerebbe tutte le versioni scritte sull’acqua, proverebbe pietà ma nel rigore della legge. E solo dinanzi all’ultima Sfinge della Verità, busserebbe al portone del “colpevole”, sbrogliando ogni angolo di luce e d’ombra della matassa, in un salotto di case nobiliari e specchi e compassionevoli ulivi.

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