IL CENTRO STORICO DI RAGUSA

 Molti affrontano la questione del centro storico della nostra città, ma pochi lo fanno in maniera organica e scevra da strumentalizzazioni. Sarebbero necessarie competenze specifiche di storia dell’architettura e di urbanistica per porre le basi di una discussione serena, lontana da interessi personali, consapevole della realtà esistente e delle sue trasformazioni attraverso i decenni.

Senza questi presupposti sono tutte discussioni da circolo di cultura, che non daranno mai esiti in grado di accontentare una maggioranza, più facilmente orientati alla polemica e al disfattismo che non a una attenta verifica di possibili, anche parziali, soluzioni.

Si parla, innanzitutto, del centro storico della nostra città come fosse il solo a soffrire di situazioni contingenti che invece assillano tutti i centri storici, anche e soprattutto di città più grandi e con un patrimonio architettonico molto più consistente. A questo si aggiunga che il vero centro storico della nostra città è Ibla, dove molto si è fatto e dove, bene o male, si è riusciti a raggiungere un equilibrio fra la vivibilità quotidiana e il gioiello culturale resuscitato che si offre alla città e ai turisti.

Se intendiamo come centro storico il nucleo abitativo originario dobbiamo considerare i nuovi confini che racchiudono tutto il contesto urbanistico che si trova ai lati del corso Italia ed è delimitato dalla due cave, la cava San Leonardo  e la vallata Santa Domenica. Se invece si fa riferimento al nucleo più antico costituito dal contesto urbanistico creatosi, alla fine del ‘700, attorno alla Cattedrale, le problematiche assumono aspetti diversi.

L’attenzione verso i centri storici è sbocciata nel corso del novecento, Ragusa ha visto privilegiare il suo, o meglio i suoi centri storici, solo a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, grazie ad un ‘colpo di mano’ di due suoi figli che erano stati investiti della carica di parlamentare regionale. La legge 61/81, che tutti ancora ci invidiano e che tutti vorrebbero toglierci, una legge che ha costituito un modello da esportare nel contesto di misure atte a rivalutare e a tutelare beni artistici e particolarmente architettonici, è stata il toccasana esclusivo della nostra città, unica fra quelle siciliane a poter anticipare i tempi per opere di ristrutturazione e salvaguardia della parte antica.

Moltissimo si è fatto a Ibla, anche per l’esistenza di un patrimonio architettonico ingente in termini qualitativi e quantitativi. Più limitata l’azione nel centro storico superiore dove a un patrimonio tardo barocco limitato a due, tre Chiese, fra cui La Cattedrale, e tre, quattro palazzi, fondamentalmente tutti in buono stato, faceva da contraltare la città caratterizzata dall’architettura del ventennio fascista che inondò e stravolse il tessuto urbanistico con le possenti costruzioni, tutte in ottimo stato di conservazione per il limitato numero di anni sulle spalle e per le indiscutibili qualità costruttive.

Non si pensi che altrove le problematiche relative ai centri storici siano state sempre facilmente risolte e, quando lo sono state, che i processi siano stati indenni da difficoltà e percorsi impervi.

A Ragusa problema fondamentale è considerato il progressivo diminuire degli abitanti del centro, ma non si pensi che il fenomeno è solo nostro: dappertutto vengono a mancare le persone che vivono in centro, che ci abitano, restano solo quelli che lo ‘usano’ per le loro attività, finite le quali, si svuota e, spesso, purtroppo, si degrada.

Da considerare poi che la tipologia architettonica delle abitazioni, fatta eccezione per le case nobiliari e dell’alta borghesia, è costituita, per la maggior parte da costruzioni a più piani, con una o due stanze per piano, impossibili da abitare al giorno d’oggi, ancor di più svalutate da leggi e regolamenti estremamente restrittivi che non permettono modifiche sostanziali e accorpamenti che potrebbero, in qualche modo, incentivare il loro recupero e riutilizzo.

In questo contesto, caratterizzato anche dalla scomparsa e dal trasferimento di diverse attività commerciali, influisce anche una folle politica, praticata negli anni passati ma non ancora destinata ad esaurirsi, dei prezzi richiesti per le abitazioni, che una volta lasciate dai proprietari, vanno naturalmente sul mercato, ma più ancora per i locali commerciali che, moltissimi, pur nella loro fondamentale tipologia di ‘dammusi’, vengono valutati alla stregua di botteghe di via Condotti o via Montenapoleone.

Inutile addossare responsabilità ai politici o trastullarsi nel plasmare isole pedonali dall’incerto futuro: quello che dirò farà accaponare la pelle a qualcuno ma come era bella la via Roma quando fra due ali di gente a passeggio si insinuava la lenta fila di auto, molte delle quali giravano come in un circuito, arrivando in piazza Libertà, scendendo per piazza Cappuccini, imboccando il ponte San Vito per poi risalire corso Italia e rientrare nell’arena dove si faceva passerella alla ricerca dell’anima gemella o anche solamente per vedere chi c’era. Sicuramente le persone di incrollabile fede ambientalista, nel leggere ciò, muoiono dalla voglia di espormi alla gogna, ma sta di fatto che il ragusano, se non ha la possibilità di lasciare l’auto davanti al negozio dove deve acquistare, non compra. Sembra una assurdità, ma è così e nessuno lo vuole ammettere. La dimostrazione è data da una delle lamentele più diffuse di questi tempi: si dice che i residenti, nonostante le aree riservate, per me illogiche, non trovino posto.

Il problema è che tutti devono mettere l’auto davanti alla porta di casa: se ci fate caso è un vezzo di noi ragusani ma posso dire che è dei siciliani in genere. Non si considera l’ipotesi di posteggiare nella strada di sopra o di sotto. L’auto è una nostra appendice, già è tanto che non può passare dalla porta di casa, avete notato quanti garage sono collegati direttamente alle scale dell’abitazione, quasi per un ideale  congiungimento carnale-motoristico che forse è anche ispiratore di ben altri congiungimenti che avvengono all’interno dell’abitazione vera e propria. Ancora tutta la parte a nord della città è caratterizzata da un dedalo di vie strette ma percorribili che potrebbero, in alcuni casi, smaltire l’enorme flusso veicolare che assilla il cso Italia: ma queste stradine sono il parcheggio dei residenti che, per i motivi di cui sopra, devono parcheggiare davanti casa; se qualcuno deve passare con un monovolume, ma anche con macchine di dimensioni più contenute, si sente rispondere che si può passare da altre strade o che si è sbagliato ad acquistare vetture così ingombranti.

Se ci si lamenta che il centro storico è abbandonato dagli abitanti, di chi sono tutte queste vetture ?

Una volta ci si lamentava perché non c’erano parcheggi, oggi ci si lamenta perché non ci sono garage.

Percorrendo a tarda sera le vie del centro, non pare che i posteggi siano intasati, a meno che si voglia garantire il posto anche di giorno, anche per più di una vettura per famiglia, inibendo ad altri il posteggio.

Può essere, ma è facile immaginare le conseguenze: ulteriore allontanamento dei cittadini dal centro.

Resta da considerare la chiusura di diversi esercizi commerciali, provocata, in massima parte dalla crisi dominante, ma dovuta a fattori diversi che interessano il settore. Certo i centri commerciali possono aver contribuito ma sarebbe illogico non apprezzare l’arrivo di strutture organizzate e moderne che, in ogni caso, sarebbero preferite ricorrendo ai centri vicini, come si faceva una volta andando a Modica e, in tempi più lontani, a Catania. Casomai occorre rivolgersi alle dissennate politiche del passato, quando si decideva di chiudere via Roma al transito delle vetture e, anche in giornate fredde e piovose, la via restava desolatamente vuota ma ci si ostinava a non permettere il passaggio nemmeno in tarda serata.

L’isola pedonale si deve pretendere e si deve fare quando c’è una forte richiesta  da parte dei cittadini che vogliono il dominio assoluto dello spazio senza vetture, per passeggiare in centro. Ma se il centro non si riempie, per qualsivoglia motivo, l’isola pedonale non ha motivo di esistere.

Qualcuno si è mai lamentato del divieto di transito sul lungomare di Marina ? Nessun automobilista ha mai messo in discussione l’isola pedonale del lungomare e della piazza, come pure delle zone limitrofe, ma le zone pedonali pullulano di gente.

Non mi possono obbligare ad andare a piedi in via Roma. E, anche volendo, occorrono servizi puntuali ed efficienti di trasporto pubblico. Solo così si potrebbe incentivare l’utilizzo dell’isola pedonale.

Vivere in centro rimane un privilegio per alcuni, molti dei presunti disagi possono costituire, per altri, un valore aggiunto. Eventuali fenomeni di microcriminalità sono facilmente circoscrivibili e non è detto che le autorità preposte non facciano niente.

Da un punto di vista amministrativo è problematica complessa, ma, forse, con politiche mirate di incentivazione economica, destinate a settori particolari, si può tentare di vivificare il centro storico, a patto che non siano solo friggitorie e pub. Anche politiche culturali e di spettacolo possono contribuire a vivificare il centro, abbandonando le scelte folli di portare spettacoli ed eventi dove già la confusione abbonda e non c’è bisogno di attirare altre persone.

 

 

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