I Centri Commerciali italiani (e ragusani) chiedono modifiche al dpcm: “Discrimina gravemente il settore”

Riceviamo e pubblichiamo una nota dell’associazione Consiglio nazionale Centri Commerciali che raggruppa le varie realtà presenti sul territorio italiano compresi i centri commerciali Le Masserie e Ibleo di Ragusa. Viene chiesto di modificare le scelte del Governo nazionale. Ecco il testo integrale:

“Il nuovo DPCM firmato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte stabilisce all’art.1 la chiusura, nelle giornate festive e prefestive, delle attività commerciali al dettaglio presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
Nella versione definitiva di tale articolo è stato – incomprensibilmente – eliminato il riferimento alle “Medie e Grandi Strutture di vendita”, dando così vita ad un’immotivata, ingiustificata e ingiustificabile discriminazione fra le attività presenti all’interno o all’esterno di un centro commerciale e a una grave distorsione della leale concorrenza.

Se il criterio adottato è effettivamente quello del potenziale rischio di assembramento o di mancato rispetto del distanziamento sociale all’interno di una struttura di vendita, non si comprende come tale rischio possa essere differente a causa della sua localizzazione.


A parità di metratura, infatti, al di fuori dei centri commerciali, una “Grande Struttura” – di oltre 2.000 metri quadri – che vende complementi d’arredo, articoli di elettronica, di ferramenta o prodotti per il bricolage sarà aperta al pubblico, mentre un esercizio equivalente all’interno di una Galleria dovrà essere chiuso nei fine settimana e negli altri giorni festivi e prefestivi senza una oggettiva motivazione.
L’incomprensibilità e incoerenza di tale differenziazione è ancora più palese laddove invece, nell’art. 3 del medesimo DPCM, la differenziazione di trattamento è basata sulle merceologie vendute e non più sulla tipologia di struttura, fattore che rende i due articoli fortemente contraddittori.
Si tratta di disposizioni che impatteranno gravemente e in modo ingiustificato su migliaia di attività già messe in ginocchio dalle chiusure degli ultimi mesi, per cui i soli weekend rappresentano il 30% circa dell’intero fatturato settimanale.
A tutela dei propri operatori il CNCC chiede pertanto una immediata revisione del testo del DPCM, al fine di evitare che i centri commerciali subiscano una grave disparità di trattamento e discriminazione rispetto a strutture di vendita

caratterizzate da analoghe dimensioni e rischi di affollamento, e ribadisce la necessità dell’intero settore di poter beneficiare del programma di ristori che verrà predisposto dal Governo, soprattutto qualora gli articoli 1 e 3 del DPCM dovessero essere confermati nella loro attuale forma.
Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali
Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC) è un’Associazione che riunisce in un unico organismo trasversale tutti gli stakeholders, quali le proprietà, le società di servizi e selezionati retailers, collegati all’industria dei centri commerciali, dei parchi commerciali e dei Factory Outlets, costituendo l’unica realtà rappresentativa del settore.
Sono oltre 1.200 i centri commerciali presenti su il territorio nazionale che, con i loro 36.000 negozi (di cui 7.000 a gestione unifamiliare) registrano 2 miliardi di presenze annue. Particolarmente importante il volume d’affari totale dell’industria commerciale che con i suoi 139,1 miliardi di euro ha un’incidenza sul PIL italiano pari al 4%. Dal punto di vista occupazionale, solo i centri commerciali impiegano oltre 587.000 persone, senza considerare l’indotto che generano”.

 

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