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 Il titolo del pezzo di oggi trae in inganno: in realtà non vogliamo fare alcuna analisi semiologica o sociologica del fenomeno ma solo qualche considerazione spicciola sulla “preminenza del cretino” nelle pagine che contemplino , in un modo o nell’altro, la possibilità di rilasciare un commento, una nota.

Se qualcuno scrive, in margine ad un articolo, di non essere d’accordo con quanto l’autore intendeva affermare, esercita semplicemente il suo inalienabile diritto a dissentire. Punto.

Se invece scrive di non essere d’accordo e aggiunge che gli fa schifo quello che l’autore ha scritto, sta inutilmente rendendo ridondante il suo dissenso, mettendo dentro alla conversazione elementi biografici innegabilmente suoi che quasi certamente avranno per chi legge un interesse che rasenta lo zero assoluto!

Ma se, oltre a scrivere di non essere d’accordo e ad aggiungere che gli fa schifo quello che ha scritto l’autore, sente la necessità di esprimere delle congetture sull’autore medesimo, sulla sua onestà, sulla sua intelligenza o persino sulle sue abitudini intestinali, allora, a quel punto, esercita il suo diritto al dissenso, ha reso ridondante il suo intervento e – lasciatemelo dire – ha contribuito a rafforzare la statistica del cretino, che, si sa, tiene costantemente impegnate le mamme del mondo in un immane sforzo produttivo!

Qualcuno, conoscendomi, si aspetterà che ora dica la mia sulle ragioni del cretino. Su quali possano essere le cause di un comportamento che si eccepisce sulla carta ma che si tollera, sotto sotto, nel nome dell’audience: tutta la televisione dei nostri giorni è impostata sul ricorso alla rissa!

Ma io non dirò nulla in proposito, augurandomi che la giovane collega Denebola faccia sua tale urgenza e ci illustri le complesse dinamiche che sottendono il fenomeno. Mi farò bastare una semplice annotazione, di quelle che verrebbero in mente mentre si sta facendo la fila ad uno sportello e il solito furbo, così presente alle nostre italiche latitudini, cerca di passare avanti: ma vaffa………!

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