GIUSEPPE GUARRERA IL VINCITORE DEL PREMIO VENEZIA, FINALISTA AL CONCORSO BUSONI.

E’ una giornata uggiosa della primavera del duemilacinque, e passeggiando per i corridoi del conservatorio sento qualcuno che esegue la “Suite Bergamasque” di Debussy. Busso alla porta, ad uno schiarimento di voce fa seguito un debole e netto:”Avanti”. Entro, e mi ritrovo d’innanzi ad una chioma riccioluta e uno sguardo sveglio e scrutatore; accenno un saluto, e poi chiedo conferma se l’autore dell’esecuzione che sentivo dal corridoio fosse lui. Mi risponde, che si, è lui. Al che ringrazio, faccio i complimenti ed esco.

Sono passati sette anni da allora, ed oggi quello che era un ragazzo prodigio, è forse una delle promesse made in Italy (o meglio made in Sicily) più importanti. Ottimo esecutore di autori quali: Chopin, Liszt e Rachmaninoff , e vincitore di innumerevoli concorsi fra i quali : “Città di Gorizia”, “Seiler” ed il prestigioso “Premio Venezia”; il pianista Giuseppe Guarrera, ci offre la versione “al di là del palcoscenico” sul significato dell’essere musicista. 

La prima volta che ti sei seduto di fronte agli 88 tasti, a che anno risale e a che impressioni, pensieri, ti ha portato? 

La prima volta che ho avuto la possibilità di sperimentare l’ esperienza di sedere di fronte ad un pianoforte risale al 1997 , credo, in occasione della prima lezione di musica dopo mesi di giochi su una tastiera regalatami per il mio compleanno. E’ stata un’esperienza della quale ho un ricordo abbastanza nitido, ma ancora di più lo è il ricordo del debutto in pubblico , sei mesi dopo: un vero spasso ma, soprattutto, una grande sofferenza per il mio apparato gastro intestinale, subissato dall’emozione. 

Sentivi già, che sarebbe diventato il tuo “mestiere”, o ci sono state significative tribolazioni lungo il percorso? 

Non ho mai sentito l’esigenza di “indossare” un mestiere. Molto più semplicemente, le tribolazioni di cui parli aumentano all’aumentare dei risultati positivi: mettono in un certo senso più peso nel piatto della bilancia che pende verso la musica, rendendo più difficile un eventuale cambiamento. 

Tre aggettivi per dare una definizione di  musicista ( ammesso che si possa). 

Non so..

Cos’ha significato vincere il premio Venezia,e l’eredità spirituale che è derivata da questa esperienza. 

Vincere il premio Venezia ha portato un buon bagaglio di esperienza , mi ha dato la possibilità di assaggiare piccole gocce del mestiere
del concertista. Il vero concorso inizia comunque dopo il premio, nella riconferma del proprio valore nei concerti che seguono. 

Ti aspettavi di superare le preselezioni al Busoni di quest’anno? 

No, ma ero abbastanza preparato per affrontare la prova. 

Il peso, le influenze degli insegnamenti del proprio maestro quando si conduce una vita da ‘artista’. 

Un maestro è fondamentale: è il cardine formativo di ogni musicista. Fino ad una certa età si tratta di un lavoro d’equipe. E ,anche successivamente, non esiste un vero e proprio distacco psicologico: gli insegnamenti diventano parte di te e , anche quando si intraprende una via diversa, fungono da modello al quale reagire per antitesi. E’ una questione che mi piacerebbe approfondire meglio , ma non credo si possa fare in poche righe. 

Oggettivamente, le impellenze lavorative, il vincolo ad un determinato programma da dover presentare, provocano, e se si quanto, distacco dal puro e semplice, piacere di suonare? 

Quando l’arte diventa mestiere perde sempre un po’ di magia, ma è una condizione necessaria alla sopravvivenza quella di adattarsi alle regole di mercato che regolano purtroppo anche il mondo musicale. 

Prossime scadenze? Ed aspettative future (se ce ne sono). 

Prossima scadenza è la fase 2013 del concorso Busoni. Non ho grandi aspettative, sto un po’ sperimentando il mondo musicale per vedere dove mi porterà.

 

 

 

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