Garden Park culturale del Rotary Club

     Su uno dei curatissimi prati racchiusi da mura di pietra bianca dell’eremo della Giubiliana, all’imbrunire, il Rotary club di Modica ha offerto ai soci un garden party culturale di insolito interesse, organizzato dal presidente uscente del Club, Dottor Silvio Salvatore Ciarcià, un incontro che prelude a prossime iniziative, che saranno realizzate in Modica a cura di più istituzioni culturali, ricorrendo il trecentesimo anniversario della visita resa allo scienziato-poeta Tommaso Campailla dal filosofo irlandese George Berkeley, che percorse la Sicilia in quattro mesi, dall’autunno del 1717 alla primavera del 1718.

     Due degli oratori della serata, i professori Aldo Gerbino, istologo dell’Università di Palermo, storico della medicina, poeta e scrittore, e Nicola De Domenico, filosofo e storico dell’Università di Palermo nonché presidente  del Centro di cultura filosofica «Giovanni Gentile» di Castelvetrano, hanno dedicato a Tommaso Campailla due densi interventi, affiancati dal giovane e brillante geofisico modicano ragusano Andrea Cannata, dell’Università di Perugia, che ha tenuta desta l’attenzione con un breve ma affascinante resoconto di una sua recente missione in Antartide alla ricerca di vulcani perduti.

     Hanno rivolto un appropriato indirizzo di saluto al pubblico intervenuto ed ai conferenzieri il presidente Ciarcià e, dopo di lui, Francesco Milazzo, PDG Governatore emerito dell’anno 2015-2016, Mario Incatasciato, presidente dell’associazione IngegniculturaModica e del Museo Campailla, e Maria Grazia Emmolo Piccione dell’Inner Wheel Club dei Monti Iblei. 

     Agli interventi si sono alternati intermezzi musicali magistralmente eseguiti alla chitarra classica dal maestro Francesco Maione.

     Il presidente Ciarcià ha rivolto un sentito ringraziamento agli illustri relatori, alle autorità e agli ospiti intervenuti, ai soci e, in particolare, al Maestro Emanuele Cappello, insignito della Paul Harrys Fellow, durante l’anno rotariano in corso, che – per l’occasione – ha inteso donare un pregevole olio al Rotary Club di Modica. 

     Aldo Gerbino, cui si devono pregevoli contributi storici sulle dottrine e le sperimentazioni chimiche e terapeutiche del poeta modicano, ha rappresentato, nel suo intervento, una linea di continuità ideale nella letteratura siciliana del Settecento dal Campailla al sommo Giovanni Meli, al primo accomunato dagli studi di chimica e dall’esercizio dell’arte medica.  E in questa continuità si pone lo stesso Gerbino, che, soprattutto nella sua ricca produzione lirica, coniuga con convinzione scienza della natura e poesia. La sua esposizione si è particolarmente soffermata sul nesso fra lo straordinario paesaggio modicano, in cui s’integrano e compenetrano natura e cultura, rupi e architetture, e l’«intelletto modicano»:  la forma urbis della città – ha detto fra l’altro  –  offre una splendida efflorescenza barocca, avvinta indissolubilmente all’impervia e misterica geologia, alle linee del cielo e della terra malinconiche e luminose, candide e oscure, dove l’ulivo si alterna ai carrubi, e, non ultimo, a quegli spiriti ipocondriaci di cui Campailla fu corposo cammeo del luogo.  Presso la sepoltura del poeta-scienziato sorge la casa natale di Salvatore Quasimodo e appunto qui sembra definirsi il luogo, secondo la mistura d’idee del Campailla:  geologia, fuoco terrestre, acqua e anima.  Su questo luogo pencola l’aspra rupe del castello dei Conti col segnare il tempo dell’uomo, fin dal 1725, dall’albuminoso occhio della Torretta dell’Orologio.  Nel sogno settecentesco siciliano, evocato dai versi di Lionello Fiumi – ha concluso Gerbino – Campailla s’inserisce, compagna fedele la sua stessa ipocondria, col suo canto aperto al pensiero, al dibattito sulla scienza, alla materia corpuscolare, al chimismo, alla fascinazione femminile.

     Dal radicamento nella sua patria-ambiente al legame parimenti costitutivo della personalità di Campailla con la cosmopoli della Repubblica delle lettere ha spostato l’attenzione Nicola De Domenico, che ha cominciato col presentare e commentare una lettera finora non nota agli studiosi (ma pubblicata a Oxford nel 1922 in Charles Tweedie, James Stirling. A Sketch of his Life and Works along with his Scientific Correspondence, che il poeta e scienziato modicano aveva indirizzato nel 1738 al matematico scozzese James Stirling, seguace di Newton e socio della londinese Royal Society.  La missiva, redatta in un forbito latino umanistico, accompagnava l’omaggio dei due dialoghi critici di Newton, che don Tommaso, ormai assai avanti negli anni, s’era finalmente deciso a pubblicare, persuaso dall’insistenza del matematico Melchiorre Spedalieri, gesuita e insegnante nel Collegio Massimo palermitano e dall’esempio del Padre Castel,  fisico e redattore del «Journal de Trevoux», che Stirling aveva incoraggiato a render note le sue critiche ancora inedite al sistema di Newton.  In un breve passaggio autobiografico della lettera il modicano riassume le tappe del suo lavoro su Newton: «man mano che mi pervenivano alcune opere di quell’insigne gran sacerdote delle scienze e straordinario matematico, che è il cavaliere inglese Isacco Newton, assecondando il desiderio di un amico imparziale, che non voleva che il nome di un simile grand’uomo, celebre  presso di voi, subisse il torto dell’indugio,  mi diedi subito a studiarle.    Da quegli scritti trassi gran diletto, e tuttavia, leggendo dapprima i Principi matematici della filosofia, e poi i libri dell’Ottica, mi assalirono alcuni dubbi, che mi compiacqui di esporre in forma pacata in due dialoghi». Come è noto, Campailla ebbe in dono da George Berkeley le opere fondamentali di Newton, che studiò poi approfonditamente sollecitato da Ludovico Antonio Muratori.  Questa lettera ora acquisita alle ricerche su Campailla induce a rileggere e ripensare la corrispondenza con George Berkeley ed il rapporto che egli ebbe col Campailla.  Diversamente da quel che si è ritenuto, è possibile – ha concluso De Domenico –  che Berkeley e Campailla si siano intrattenuti a lungo su Newton, rispetto al quale Berkeley ebbe una posizione teorica eterodossa rispetto al panorama scientifico inglese.  Si dovrebbe compiere un esame comparativo del De motu, concepito e scritto da Berkeley nel corso del Grand Tour all’estero dal 1717 al 1720, con gli scritti newtoniani del Campailla.  Sarebbe un tema degno di ricerca. Di sicuro, questo ed altre tematiche qui solo sfiorate a volo d’uccello, troveranno adeguati approfondimenti nel corso di successivi forum che il costituendo Comitato scientifico ha in animo di tenere nella città della contea, col patrocinio del Comune.  

     Tommaso Campailla si occupò anche di terremoti e vulcani. Infatti, in seguito al terremoto che devastò la Val di Noto nel 1693, si appassionò alle leggi della fisica per lo studio e la comprensione dei processi naturali. Inoltre, negli Opuscoli filosofici il Campailla si occupò della stima dell’altezza del vicino Monte Etna. Siamo ancora ovviamente molto distanti dalla teoria della deriva dei continenti, enunciata solo nel 1912 da Alfred Wegener, che viene considerata come l’inizio della geologia moderna. Ha preso spunto da questo Andrea Cannata per parlare di terremoti e rischio sismico, un tema quantomai attuale, considerando la sequenza sismica che ha scosso l’Italia centrale da agosto 2016 a gennaio 2017. Infine, Andrea Cannata ha concluso parlando di vulcani, ed in particolare di vulcani antartici. Ha infatti mostrato foto e video delle attività svolte quest’anno dal team di ricerca, da lui coordinato e chiamato ICE-VOLC, che ha preso parte alla XXXII spedizione italiana in Antartide svoltasi da ottobre 2016 a febbraio 2017.

 

 

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