G I U L I A N A

La mattina del 5 novembre1956, Michele arrivò alla stazione Brignole di Genova, era la prima volta,suo cugino gli aveva raccomandato di scendere a quella stazione e non a Principe,perché lui abitava nel quartiere di San Martino. Michele,alto 1.70,sportivo, occhi e capelli castani,dicarnagione chiara, era unragazzo piacente.Con la suaesuberante giovinezza e con la sua carica di ottimismo, era pronto a frequentare la facoltà d’ingegneria a Genova e a superare tutte le difficoltà che poteva offrire quotidianamente una città del nord. Lui era vissuto inuna cittadina della Siciliasudorientale,Vittoria, a pochichilometri dal mare della antica Kamarina. Michele,assieme a tre suoicompagni di classe su 24,era riuscito a prendere lamaturità scientifica in Luglio.ll suo desiderio era quello proseguire gli studi aGenova più che a Milano o Torino,senza una ragione ben precisa,aveva agito di istinto. Per ogni ragazzo del sud, riuscire a trasferirsi in altaItalia,rappresentava una Prima meta da raggiungere A Torino,dove si erano laure_ati i suoi zii paterni,non era mai stato.A Milano nelluglio del 1953, in occasione di una sua vacanza al lago di Garda,aveva trascorso una    settimana di sogno presso un grande amico dello ziopaterno, il notaio Emanuele.

Per Genova,dove viveva un lontano parente,aveva sentito subito un’attrazione naturalee profonda. Una dolce sensazione gli indicava questacittà,come il luogo magico, fatale in cui avrebbe potutorealizzare finalmente i suoi sogni e far diventare realtà quelle fantasie che da ra_gazzo,in mezzo ai campi,lanciava al vento assieme alla eco dei contadini che battevano i mandorli e gli ulivi.Si era iscritto alla facoltà d’ingegneria per far contenta la madre che per lui e il fratello maggiore Francesco, aveva fatto dei sacrifici enormi,sin da quando era rimasta vedova. Lei,appena trentenne,si era trovata a dover combattere da sola la grande battaglia della vita. Michele aveva appena quattro anni,quando in un giorno assolato di agosto del 1940, ricordo incancellabile,ha potuto dare l’ultimo bacio al suo papà. Era steso sul letto in mezzo a una stanza quasi buia circondato da tanta gente; da allora non lo rivide più. Nonostante la sua tenera età non si stancava mai di chie_ dere alla mamma: “quando torna il mio papà?” Allora, lui non aveva capito quale grande bene avesse perduto.Ha atteso,solo Dio sa quanto, il ritorno del suo Papuzzo. Per quel vuoto incolmabile, Michele ha sofferto per tutta la vita.Nei momenti più importanti e in quelli più drammatici, ha sentito la sua mancanza più di ogni cosa al mondo perché non ha potuto cogliere quell’amore e quella protezione che solo un padre sa dare.                                     

Continua il prossimo venerdi…

 

 

 

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