FORZA ITALIA, RITORNO AL FUTURO

Le voci si fanno sempre più insistenti, le dichiarazioni si moltiplicano, il segnale più evidente è quello dato dallo sgomitare di politici, fino a ora mummificati nel loro limbo di incapacità e inefficienza, che cercano di mettersi in prima fila di fronte a telecamere e fotografi.

Prima della fine del mese di luglio verrà consacrato il disfacimento del Partito delle Libertà con la riedizione, si spera riveduta e corretta, di Forza Italia. Un ritorno al passato per affrontare il futuro.

Stesso simbolo, stesso nome, forse solo l’aggiunta del ‘2.0’ che vuole significare, modernità, evoluzione, strappo con il passato.

In una fase di crisi occupazionale, ci sarà lavoro per tutti: da chi dovrà curare allestimenti e bandiere al mondo della televisione e dei media in generale. Giornalisti e testate già impegnati da giorni a seguire gli eventi, la critica troverà ospitalità nei talk show anche in periodo di ferie, satira già intenta a rinnovare i canovacci,  esercito dei commentatori on line e aficionados dei social network che stanno passando l’alcool sulla tastiera per renderla più scorrevole.

La notizia è stata confermata in televisione, alla presenza del coordinatore nazionale del PDL, Angelino Alfano, da Daniela Santanchè, una fedelissima di Berlusconi che, almeno in una fase iniziale, dovrebbe assumere il ruolo di coordinatore unico nazionale della riedizione del partito che, in tutti i sensi, ha segnato una svolta nella storia italiana.

Il 18 novembre del 2007, Silvio Berlusconi, in piazza San Babila, nella sua Milano, circondato da taccuini, flash, telecamere, immerso tra la sua gente, salì sul predellino della sua auto e annunciò la nascita di un nuovo soggetto politico, il Popolo della Libertà. Lo fece da capo supremo del centro-destra, senza consultarsi troppo con i suoi alleati. oggi, dopo sei anni, si vuole tornare alle origini, qualcosa non ha funzionato, gli alleati sono, comunque, tutti scomparsi perché dissolti. C’è attenta strategia, inevitabile, come per tutti, pensare al primo amore.

La nascita del PDL fu provocata dalla formazione di quel contenitore politico che raccoglieva tutte le spinte progressiste del Paese, Berlusconi capiva la portata della spinta a sinistra e si diede da fare per creare il contenitore di conservatori e liberisti. Si pensava all’affermazione del maggioritario, ma si imposero, in entrambi gli schieramenti, logiche di correnti e partitini che nuotavano al loro interno come pesciolini rossi in una boccia, attenti solo all’arrivo del cibo.

Chiaramente siamo solo all’inizio dell’idea: siamo di fronte ad una articolazione territoriale, peraltro inesistente sul piano partico, che sarà smantellata, niente congressi, niente tesseramento nelle forme tradizionali. I coordinatori regionali saranno diretta emanazione del Cavaliere, una volta nominati avranno la responsabilità di scegliere i coordinatori provinciali che, in ogni caso, dovranno avere il placet del leader maximo. Un controllo totale del partito che comprenderà anche le scelte delle candidature al Parlamento, alle regionali  alle amministrative locali.

Si pensa di preferire manager e imprenditori ai politici di varia specie, la vecchia classe politica avrebbe solo un ruolo secondario.

Ci sono già, nell’anticamera del Cavaliere, i personaggi dotati delle caratteristiche ricercate: nessun trascorso politico, a parte un’accentuata tendenza per il centrodestra; imprenditori o dirigenti di importanti organizzazioni; estranei o equidistanti, in sede locale, alle correnti che hanno lacerato, negli ultimi anni, il Pdl.

Berlusconi conta sul suo personale appeal, sempre confermato dai sondaggi; se i presupposti fossero confermati, si potrebbe ripetere il successo del ’94. E’ chiaro che se tutto finisce come con le deroghe del PD per il limite dei mandati parlamentari, tutto finisce in materiale per la satira politica.

Coloro che hanno contribuito alle liti, alle sconfitte, e hanno privilegiato gli interessi personali e di vertice, debbono, in ogni caso, scomparire, insieme a faccendieri, voltagabbana opportunisti di vario genere.

Ma l’orizzonte fa intravedere tempo perturbato, sempre a causa di quanti vedono il pensionamento come fumo negli occhi, sintomatico che a lamentarsi sono i dinosauri, mentre i giovani stanno in silenzio, consapevoli del ruolo precario che, da un momento all’altro si può tramutare solo in licenziamento.

Sono pochi quelli che possono portare in dote valigette piene di voti, che sono, oggi, le uniche gradite e indispensabili per riconquistare le posizioni. Il disegno, condivisibile e anche apprezzato da molti papaveri del PDL, è quello di candidare alla successione del Cavaliere la figlia Marina, che potrebbe scendere in battaglia, contro Renzi, già da subito, con evidenti chance di successo.

Forse l’unica carta del redivivo partito in grado di far saltare tutte le strategie nemiche.

Purtroppo ci sono voci dissonanti, alcune prive di contenuti, come quella di Brunetta a cui non vanno giù le dinastie, altre più strutturate come quella di Cicchitto, che, d’altra parte, ha sempre fatto rilevare preparazione e competenza politica indiscusse che gli derivano dalla lunga militanza socialista.

L’onorevole riflette sulle caratteristiche che dovrà avere il partito e rifiuta l’idea di una discussione che possa essere risolta per editti, pur anche del Cavaliere, che mostrerebbe “di voler distribuire a proprio arbitrio e convenienza le responsabilità dei recenti risultati elettorali negativi alle amministrative, con i quali tutta la classe dirigente del Pdl dovrebbe fare i conti e misurarsi”. E nel dubbio che qualcuno possa non aver capito, aggiunge: “Considerando il fatto che a nostro avviso il partito del centrodestra dovrà condurre una grande battaglia politica ideale non solo sui temi economici ma anche su esigenze di libertà, di garantismo e di tutela dello stato di diritto, il criterio del merito e il metodo della democrazia dovranno costituire l’essenza del nuovo partito, perché non si può essere liberali nella società e fare scelte oligarchiche e illiberali per ciò che riguarda la struttura e l’organizzazione del partito”.

Ma sappiamo che sono tutte dichiarazioni e posizioni buone per accaparrarsi i posti migliori: chi è destinato a scomparire, scomparirà.

I presupposti per il successo dell’iniziativa ci sono: gli altri due blocchi antagonisti sono pervasi da lacerazioni interne e consensi tentennanti, a destra del PD non esiste nessuna formazione di catalizzare il consenso moderato e liberista che dovrà pur trovare un alloggio.

L’unica preoccupazione è quella che il Cavaliere non poteva non sapere dello sfascio in periferia: se così come stanno facendo già ora, tornano a farsi vedere gli artefici della disfatta, la partita è persa in partenza, se i referenti locali accoglieranno trombati e specialisti del cambio partito è inutile anche solo tentare.

L’unica concessione potrà essere fatta per il primo amore !

Principe di Chitinnon 

 

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