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“FINCHÈ MORTE NON CI SEPARI”
26 Nov 2013 14:54
Un enorme velo bianco sovrasta la donna-sposa. Un velo semitrasparente e soffice che ben presto diventa ferrea gabbia, con i ceri nuziali che si trasformano nelle sbarre di una prigione formata da mura domestiche e adesso divenute teatro di violenze e sopraffazioni. Si incrociano sul palco, nello stesso identico tragico destino, la morte, le storie commoventi di Federica Mellori e Ipazia Fiorentini, ammazzate dai loro rispettivi compagni. Lo spettacolo-denuncia “Finché morte non ci separi” è andato in scena ieri sera al Teatro Don Bosco di Ragusa in occasione della Giornata mondiale indetta dall’Onu contro la violenza sulle donne. Contemporaneamente in oltre 20 teatri italiani la stessa rappresentazione teatrale, scritta da Francesco Olivieri, ha lanciato un unico messaggio grazie ad attori ed attrici che hanno calcato questo ideale enorme palcoscenico da Nord a Sud. Un invito alla riflessione e al porsi delle domande serie su come affrontare questo dramma che sempre più spesso si manifesta sul territorio nazionale. A Ragusa è stata la Compagnia G.o.D.o.T., con l’attrice Federica Bisegna, le allieve Jessica Anzalone, Giulia Guastella, Anita Pomario, Maria Grazia Tavano e Gessica Trama, per la regia di Vittorio Bonaccorso (sue anche le scelte musicali), a raccontare le due drammatiche storie parallele di Federica e Ipazia. Due storie di donne diverse ma morte ammazzate, una con il taglio della carotide, l’altra con un colpo di pistola in fronte, vittime del raptus assassino di uomini “a cui gira il rotellino in testa” e che da compagni d’amore diventano carnefici di vittime deboli e indifese. “Finché morte non ci separi” è dunque uno spettacolo che centra, quasi con un pugno in pancia, il tema del femminicidio, la drammatica forma di violenza più diffusa, senza confini di ambiente, religione, cultura e nazionalità. Sono centinaia le donne che ogni anno vengono uccise ed una donna su tre subisce violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita ed è anche per questo che la denuncia non deve e non avrà confini. La chiave di lettura offerta dalla Compagnia G.o.D.o.T. ha permesso di creare il giusto pathos necessario a vivere quei drammatici momenti della morte, del successivo funerale, della pietosa fase del seppellimento che porta alla dolorosa negazione della vita. L’interpretazione della Bisegna è stata abbinata, secondo la scelta del regista Bonaccorso, alla gestualità delle altre giovani attrici presenti sul palco chiamate a muoversi lentamente nell’interpretare l’inesorabile incedere della vita improvvisamente bloccata dal compimento del femminicidio, efferato reato commesso senza alcun scrupolo, senza pensarci due volte, proprio da chi ha giurato amore eterno. Il testo di Oliveri, ieri in prima assoluta all’interno della rete di teatri che si è creata spontaneamente grazie al progetto dell’associazione “Liberipensatori – Paul Valéry”, alterna toni ironici a toni tragici che narrano la morte delle donne a causa delle violenze subite dagli uomini, dramma che ancora oggi è sotto gli occhi di tutti. Prima della rappresentazione teatrale è stato proiettato un cortometraggio diffuso dal Centro Anti Violenza. A Ragusa ha aderito all’iniziativa anche la Cisl, sindacato in prima linea per il fermo no contro ogni forma di violenza.
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