Elezioni comunali: La liturgia politica e la desacralizzazione che porta al fallimento

Partiamo da un dato che è obiettivamente incontestabile: in questa ultima tornata elettorale l’elettorato ha puntato sull’”usato sicuro”. Piuttosto che fare come in un recente passato premiando chi si proclamava contro il sistema, ha scelto chi il sistema lo ha vissuto, del sistema si è per anni alimentato ed al sistema deve la propria carriera politica. Dalla città metropolitana di Palermo ai piccoli centri come Chiaramonte Gulfi, abbiamo riprova di ciò. Il dato assume molto rilievo perché viene proprio dalla terra di  Sicilia che da sempre è stata laboratorio politico e precorritrice dei tempi. Partendo da questo lapalissiano stato dell’arte c’è adesso da chiedersi a cosa sia dovuto questo comportamento apparentemente isterico dell’elettorato isolano. I fattori possono essere tanti ma vediamo quelli più accreditabili. Il primo è certamente il più importante. Vince la politica strutturata, quindi quella di un tempo che rimane l’unica davvero capace di affrontare complesse campagne elettorali in cui i voti non si conquistano attraverso l’iperattivismo social o dichiarandosi differente dal resto della casta politica a cui peraltro si anela appartenere. I voti si conquistano attraverso la vecchia e inossidabile tecnica democristiana fatta di fitta rete di relazioni, di rapporti, di cortesie e favori leciti effettuati negli anni per i quali si può battere cassa. Di meccanismi insomma che tengono sempre ben oleato il sistema “richiesta del consenso” che ha sempre una dimensione politica e mai amministrativa. Del porta a porta, delle riunioni in aziende amiche, degli incontri nelle case, del battere palmo a palmo il proprio terreno di battaglia contattando amici di amici, parenti di parenti, tutti coloro i quali in qualche modo sono legati o obbligati attraverso la fitta rete di cui si parlava. Della capacità soprattutto di controllarle ed averle sempre sotto costante osservazione  queste dinamiche perché anche un singolo voto può fare la differenza e i voti, insegnavano un tempo i vecchi marpioni, sono come le lumache, se non li tieni sotto sale scappano. E’ questa la sola ed unica campagna elettorale a livello locale che premia. Il secondo fattore riguarda sempre la politica. Vince chi non la rinnega. Mi spiego meglio. Quando ci si candida non bisogna dimenticare che si sta facendo una scelta politica. Fallirà quell’amministratore che pensa per capitatio benevolentiae di amministrare la cosa pubblica con criteri solo amministrativi prendendo le distanze dalla logica e dal comportamento politico. Vincerà quell’amministratore che invece amministra la cosa pubblica con criteri prevalentemente politici, che effettuerà scelte politiche anche se impopolari,  che saprà mantenere gli equilibri politici e che soprattutto, seguendo i buoni consigli di un uomo santo che molto ha ha contribuito  alle regole della democrazia cristiana, Don Sturzo, non lascia mai a bocca asciutta i propri avversari politici perché così facendo si inasprisce il loro astio e la loro avversione e non appena possibile arriverà la vendetta. Vedasi il caso Chiaramonte Gulfi. Il buon vecchio e navigato Sebastiano Gurrieri, ha atteso ben cinque anni ma ha sapientemente costruito alla fine la trappola al suo pupillo, il sindaco uscente Fornaro, che solo dopo poche settimane dalla sua elezione che avvenne per merito proprio di Gurrieri, lo disconobbe e ne prese le distanze contestando il suo metodo e denunciando tutte quelle nefandezze che, a suo dire, Gurrieri avrebbe preteso dal neo sindaco. Questo metodo che potremmo definire “tentativo di ricostruzione dell’imene politico” non ha portato nulla di buono a Fornaro nel piccolo comune montano, non ha pagato in passato nelle grandi città e non pagherà mai. Nè in politica né nella vita sociale. Ecco perché oggi ha vinto la “vecchia politica” perché la nuova ha preso troppe distanze da ciò di cui non si può prescindere vale a dire la politica stessa, le sue regole scritte e non, i suoi uomini, capaci e non, i suoi tempi e soprattutto tanto lavoro e determinazione. La politica è liturgia e se non la rispetti la conseguenza di questa desacralizzazione altra non sarà che il fallimento. Con buona pace dell’”usato sicuro”. 

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