EGIZIANO SCAFISTA REO CONFESSO

La Polizia di Stato di Ragusa – Squadra Mobile – in collaborazione con la Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e della Compagnia dei Carabinieri di Ragusa, ha eseguito il fermo di ALI FOUDA Mouhamed Hassan, nato a Dameta (Egitto) il 10.10.1986, in quanto responsabile del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12  D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286,  ovvero si associava con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di varie nazionalità. Il delitto è aggravato dal fatto di aver  procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perchè è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.

L’arrestato ha condotto dalle coste libiche a quelle italiane una fatiscente imbarcazione carica di 327 migranti provenienti prevalentemente dall’Eritrea. Tra i migranti come di consueto vi erano centinaia di minori non accompagnati, molti dei quali neonati.

 

I FATTI

 

alle ore 19.20 del 29.04.2014, a seguito di segnalazione le motovedette della Capitaneria di Porto dirigevano sulle coordinate in acque S.A.R. libiche dove era stato individuato un barcone di circa 20 metri con numerosi soggetti a bordo. I due natanti, raggiunta l’imbarcazione clandestina, provvedevano al trasbordo di tutti i migranti su di essi. Nelle ore successive tutti i clandestini venivano trasferiti nel porto di Pozzallo, ove sbarcavano intorno alle ore 12.00 del 30 aprile.

 

ORDINE PUBBLICO ED ASSISTENZA

 

Le operazioni di sbarco venivano coordinate dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico, operazioni alle quali partecipavano 20 Agenti della Polizia di Stato, altri operatori delle Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’A.S.P. per le prime cure.

Questi migranti appena sbarcati dovevano comunque attendere che il centro venisse liberato dagli altri connazionali arrivati poche ore prima, difatti la Questura di Ragusa nel contempo aveva organizzato dei charter per il Nord Italia per il trasferimento complessivo di 350 persone.

Successivamente alle fasi di sbarco gli extracomunitari venivano ospitati presso i locali del C.P.S.A. sito all’interno della succitata area portuale al fine di sottoporli alle difficoltose e delicate fasi di identificazione da parte di personale del Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica e dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa.

Dopo aver soccorso ed assistito i migranti, la Polizia di Stato iniziava le procedure di identificazione e di intervista insieme ai mediatori.

 

LE INDAGINI

 

Gli uomini del gruppo interforze di Polizia Giudiziaria individuavano sin da subito il sospettato poiché era di origini egiziane, quindi diverso da tutti gli altri eritrei. Isolato già nelle prime fasi dello sbarco e condotto  negli uffici di Polizia presso il centro, lo scafista ammetteva le sue responsabilità ma nel contempo tentava di sviare le indagini.

Sin da subito l’odierno fermato dichiarava agli Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria di aver condotto l’imbarcazione ma di essere uno dei tanti migranti a bordo e di essere stato costretto a farlo sotto la minaccia delle armi, in quanto se non avesse obbedito al suo rientro gli avrebbero sparato. Messo alle strette durante l’interrogatorio con abilità e profonda conoscenza del fenomeno migratorio, lo scafista si contraddiceva più volte e per questo motivo la sua attendibilità svaniva sin da subito.

Gli stessi migranti lo smentivano fornendo precise indicazioni sul suo ruolo assunto dallo scafista in modo dettagliato smentendo ogni tentativo del criminale di addossare la colpa a tutti coloro che conducevano l’imbarcazione.

La perquisizione fatta nei primi istanti dello sbarco permetteva inoltre di acquisire importanti elementi probatori, difatti l’egiziano era in possesso di 1.000 dollari USA ed un telefono cellulare con diversi sms, dai quali è stato possibile appurare che dalla Libia venivano richieste informazioni sul viaggio e sul loro arrivo. I messaggi non erano di interesse per motivi familiari, tanto che in uno di quelli tradotti si evinceva chiaramente che la provenienza era da parte dei restanti componenti dell’organizzazione transnazionale.

Anche in questo caso ci sono volute 10 ore per riuscire a trovare dei migranti disposti a collaborare ma alla fine gli sforzi sono stati ripagati dal risultato, difatti diversi cittadini eritrei si sono determinati a testimoniare permettendo così di raccogliere importanti elementi di prova a carico dello scafista che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa sta già valutando.

 

LE TESTIMONIANZE

 

I racconti dei migranti fondamentali per le indagini:  

  • ho pagato 1.600 dollari USA ad un libico di cui non ricordo il nome, per soggiornare all’interno di un capannone di Bengasi, dove sono rimasto per 13 giorni.

All’interno del capannone eravamo costantemente sorvegliati da soggetti libici e la notte udivo spari di armi da fuoco provenire dall’esterno del capannone. Gli stessi ci fornivano riso e pane. I libici erano piuttosto rigorosi nei nostri confronti e bastava poco per far si che gli stessi reagissero contro di noi, picchiandoci.

Gli organizzatori ci informarono sulle modalità del viaggio e che ad un certo punto saremmo stati soccorsi da unità navali italiane a mezzo delle quali poi avremmo raggiunto le coste di tale nazione.

La partenza dal capannone è avvenuta intorno alle ore 04.00 allorquando tutti quanti venivamo fatti salire sui cassoni di alcuni camion. Tali mezzi percorrevano per poco tempo una strada e raggiungevano un arenile, sul quale venivamo fatti scendere per salire su un piccolo gommone e raggiungere a largo un’imbarcazione in legno dove ci hanno stipati all’interno della stiva. Ho visto chiaramente chi conduceva l’imbarcazione ed era lo stesso che ci aveva fatto sedere un accanto all’altro al momento della partenza per l’Italia.

  • Sono partito dal Sudan e sono arrivato in Libia circa due mesi fa e mi sono stabilito prima nella città di Bengasi, dopo circa venti giorni mi sono trasferito  nella città di Tripoli. Nella stessa città ho contattato un Eritreo che mi proponeva il viaggio verso l’Italia per una somma di circa 1.700 dollari americani. Dopo circa una settimana tale soggetto di nazionalità  eritrea ci radunava, insieme ad altre persone in un capannone di piccole dimensioni, dove eravamo tutti ammassati e costretti a dormire per terra. Tale  capannone era chiuso e non potevamo uscire in quanto vigilato da  soggetti libici armati di pistole e fucili. Il soggiorno in questo capannone è durato per circa cinque giorni, poi giorno 29 , verso le due di notte sono arrivati dei soggetti libici, il quale   ci hanno condotto a piedi lungo una strada, dove  dopo circa dieci minuti di tragitto    mi accorgevo, che detto capannone era situato nei pressi di una spiaggia. Ad aspettarci vi era una barca in legno molto più grande.

Siamo partiti come anzidetto in nottata e siamo stati soccorsi all’incirca dopo dodici, tredici ore di navigazione, durante tale viaggio non ci sono stati particolari problemi, un po’ di pane ci veniva lanciato da sopra coperta come anche un po’ di acqua.

 

 

 

 

LA CATTURA

 

Le indagini condotte dagli investigatori durate 18 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto il responsabile del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Dall’esame dei telefoni cellulari sottoposti a sequestro, è stato possibile esaminare le conversazioni degli scafisti con il resto dell’organizzazione ed i criminali hanno percepito ingenti somme di denaro, circa 2.000 dollari USA in media a passeggero.

Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria, l’arrestato è stati condotto presso il carcere di Modica disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea anch’essa impegnata sul fronte immigrazione costantemente.

In corso complesse indagini con i gruppi di investigatori presenti in territorio estero sugli altri componenti dell’associazione a delinquere di cui i fermati fanno parte.

 

L’EMERGENZA

 

La Polizia di Stato responsabile dell’Ordine Pubblico così come delle indagini in materia di criminalità straniera, sta gestendo la “macchina” organizzativa con grande dedizione permettendo un fluido arrivo e contestuale partenza verso altre mete dei migranti a bordo dei charter messi a disposizione del Ministero dell’Interno.

Anche il 1° maggio le Forze dell’Ordine e tutti gli altri attori coinvolti nella gestione degli arrivi al porto di Pozzallo hanno lavorato al fine di accogliere e gestire altri 250 migranti giunti su due diverse imbarcazioni della Guardia Costiera.

Gli uomini e le donne della Polizia di Stato stanno dando grande esempio di professionalità e spirito di abnegazione.  

L’Ufficio Ordine Pubblico per disposizioni del Questore di Ragusa Giuseppe Gammino sta organizzando i charter per far partire tutti i migranti arrivati ieri e permettere così l’ingresso presso i centri di Pozzallo e Comiso di ulteriori arrivi.

 

BILANCIO ATTIVITA’ POLIZIA GIUDIZIARIA

 

Sino ad oggi, solo nel 2014 sono stati arrestati 30 scafisti dalla Polizia di Stato – Squadra Mobile – in collaborazione  con la Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e di Carabinieri di Modica.

Diverse sono le indagini in atto da parte degli investigatori per valutare la presenza di organizzazioni criminali che reclutano i migranti sul territorio italiano per far raggiungere loro il nord Europa clandestinamente.

 

A tal proposito l’Operazione “Boarding Pass” della Squadra Mobile di Ragusa e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, conclusasi qualche mese fa, ha già disarticolato il reato di favoreggiamento dell’immigrazione verso altri paesi europei portando alla cattura di ben 48 somali che favorivano loro connazionali fornendo documenti falsi per espatriare clandestinamente dall’Italia. Questa indagine ha consentito di appurare che oltre ai trafficanti di migranti presenti in Libia e nel Nord Africa, esistono diverse organizzazioni qui in Italia che si adoperano per sfruttare i connazionali al fine di guadagnare ingenti somme di denaro.

 

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