EDIZIONE DELLE ORE 22.02 DEL 22.02.2013

Nelle scorse settimane ci eravamo occupati della vicenda relativa alla chiusura di un locale della spiaggia di Maganuco, in ordine alle pretestuose rimostranze del titolare che non lesinava critiche agli abitanti del sito, estendendo le sue valutazioni con  l’accusa di una ‘modicanità’ espressione di un certo conservatorismo scevro da ogni forma di modernità e sviluppo che emanava una sorta di omnicomprensione verso tutto il territorio e i suoi ‘antichi’ abitanti.

Ci eravamo preoccupati non tanto di ribattere alle accuse dell’imprenditore, rivelatesi, poi, del tutto inconsistenti e prive di qualsivoglia fondamento, in quanto il locale è stato chiuso per assoluta mancanza di alcune indispensabili licenze e autorizzazioni, quanto per l’inutile clamore che lo stesso era riuscito a sollevare, clamore poi venuto meno di fronte all’inaspettato ma quanto mai opportuno comunicato della Questura che chiariva i veri termini della questione.

L’illuminato imprenditore ritiene di poter ancora recriminare per le sue mancanze e trova spazio sulle cronache regionali di un quotidiano on line siciliano. 

Viene presentata la figura del valente impresario che, con amarezza è costretto a licenziare ventidue persone, evidenziando erroneamente che sono state revocate le licenze. Non si può revocare una licenza non concessa, questo doveva essere evidenziato all’intervistatrice, che nell’articolo mostra qualche disattenzione sulla vicenda.

Si parla di strumentalizzazione, anche in riferimento alla lettera di solidarietà inviatagli dal sindaco di Modica, di una vicenda sconvolgente, ma, diciamo noi, sconvolgente per la gente normale che vive nel ragusano.

E paradossali appaiono le ulteriori considerazioni dell’imprenditore ravennate che addirittura addebita le sue vicende, ribadisco susseguenti alla mancanza di licenze, non ad altro, al fastidio che avrebbero provato i locali nel non capire come un forestiero fosse riuscito in quello che loro stessi avevano invano tentato. Dichiarazioni farneticanti alla luce della miriade di locali che, gestiti da ragusani, da anni affollano la riviera della provincia e la collocano fra le mete più ambite della mondanità estiva siciliana.

Esilaranti le considerazioni finali, fra cui spicca il consiglio a possibili imprenditori che vogliano investire in Sicilia di “mettere in valigia un paio di maschere, perché la Sicilia è come il palcoscenico di un teatro”.

L’unica cosa delle sue dichiarazioni che esula dalla assoluta mistificazione dei fatti e che “spesso le cose hanno risvolti paradossali”.

Vicenda che induce a diverse riflessioni, rende sprecata la comprensione e la solidarietà mostrata da alcuni politici, esige un intervento deciso delle autorità locali a difesa del territorio, dei suoi abitanti e dell’immagine globale della provincia, difesa che, in mancanza di adeguate scuse e rettifiche per quanto espresso, andrebbe perseguita per vie legali.

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