DOPO CROCETTA, ANCORA CROCETTA?

Il documento della direzione regionale del Partito Democratico che ritira il sostegno al Governo Crocetta e impone agli Assessori di riferimento le dimissioni, senza le quali saranno deferiti ai garanti del partito, apre formalmente una crisi dagli esiti imprevedibili. Tanto imprevedibili e incontrollabili che non è da scartare l’ipotesi che tutto resti immutato, con un sostegno da verificare per singoli provvedimenti.

Innanzitutto gli Assessori di area democratica, da indiscrezioni, pare non abbiano nessuna premura di dimettersi, poco impressionati dal segretario regionale e, ancor meno, dal paventato deferimento.

Anche Mariella Lo Bello, donna della CGIL ed esponente della corrente che si rifà a Crisafulli, fra i leader del partito più contrari al governo Crocetta, sembra essere in disaccordo con le decisioni della direzione.

Si deve poi mettere in conto la posizione del PD nazionale che non vede conveniente il defenestramento di assessori che riscuotono grandi consensi personali, politici e per le competenze, come per esempio, l’assessore Bianchi.

E’ pur vero che a Crocetta manca una maggioranza, i numeri potrebbero facilmente bloccare la sua azione di governo anche su semplici provvedimenti. E così non si andrebbe molto lontano.

Allo stato attuale le possibilità sono quelle di inchinarsi alle decisioni del PD, ipotesi meno probabile, oppure navigare a vista, oppure ancora trovare una nuova maggioranza, strategia che dovrebbe vedere il coinvolgimento di altre forze, anche del centro destra, per una sorta di governo istituzionale che metterebbe fuori il Partito Democratico.

Quanto prima il Presidente sarà chiamato a riferire in aula e inizierà la conta dei deputati: un primo sommario silenzioso appello mette in riga il partito del Presidente, il Megafono che diventerebbe, di colpo, maggiorenne, poi ci sarebbe l’Udc che potrebbe sperimentare la via per dirigersi al centro, allentandosi dalla sinistra, ci sarebbe Articolo 4 di Leanza, i Democratici Riformisti, e poi i residuati del Pds-Mpa, tutte forze con esponenti di rilievo al proprio interno, in gradi di attirare consensi non indifferenti, molti dei quali ansiosi di entrare o tornare nelle stanze dei bottoni.

Mancherebbero pochi voti alla fatidica linea dei 46 voti, ma non si deve dimenticare che lo scioglimento del PDL potrà lasciare naturalmente per la via degli scontenti a cui non sarà difficile offrire un passaggio, senza dire che la quasi totalità dei partiti di questa nuova ipotetica maggioranza sono più vicini, idealmente, al centro destra che a sinistra. L’ago della bilancia è Crocetta, rivoluzionario che potrebbe trovare in questa nuova ipotesi di governo gli estremi per una rinnovata rivoluzione, a cui del resto, i siciliani sono abbastanza abituati.

Ci sarebbe poco da scandalizzarsi perché sempre di poltrone si tratta e la crisi attuale nasce solo da una sete di poltrone dei leader siciliani del PD, poco sensibili al fascino dei tecnici, ancorchè di schieramento.

La vera rivoluzione sarebbe proprio quella di far raffreddare i bollori dei democratici, per quelli del Presidente che, non essendo da meno, ha piazzato suoi uomini in tutti gli angoli della Sicilia, ci penserebbero i nuovi alleati a sistemare opportunatamente ed equamente nomine e incarichi, annoverando all’interno delle singole formazioni politici esperti nei protocolli di divisione delle cariche più ambite della galassia regionale.

Per quello che ci riguarda localmente diverse potrebbero essere le refluenze, che farebbero emergere le posizioni prima di tutto di Nello Di Pasquale e di Orazio Ragusa: se non direttamente indicati come assessori, rivestirebbero, di sicuro, un ruolo ancora più importante nella provincia commissariata da cima a fondo, con influenza determinante sul territorio.

In tutto questo discorso, teoricamente non vanno considerati gli esponenti del Movimento 5 Stelle che, per costituzione politica, non fanno accordi o alleanze con altri partiti.

In ogni caso le maggiori sorprese verranno dal centro destra, segnatamente dal PDL il cui scioglimento non significherà assolutamente la resurrezione nella nuova Forza Italia che, ad onta di tutti i sondaggi, non potrà suscitare gli entusiasmi di una volta, sarà come un’uccelliera dove gli adepti entreranno e usciranno come appunto volatili in libertà.

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