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Dazi USA, effetto domino sull’economia iblea: Ragusa rischia il contraccolpo nell’agroalimentare
06 Apr 2025 07:00
Il vento protezionista che soffia dagli Stati Uniti con il ritorno in auge dei dazi voluti da Donald Trump non si limita a scuotere i grandi porti commerciali d’Europa, ma rischia di colpire anche gli angoli apparentemente più riparati dell’economia siciliana. Tra questi, la provincia di Ragusa con la sua agricoltura ed il comparto agroalimentare. Secondo i dati Istat rielaborati dalla Cia Agricoltura, le esportazioni complessive della provincia di Ragusa verso gli Stati Uniti ammontano a 14,6 milioni di euro. Una cifra che, a prima vista, potrebbe sembrare contenuta rispetto al volume d’affari di altre province siciliane come Trapani o Catania. Ma i numeri, come spesso accade, vanno letti nel contesto.
Il tallone d’Achille: la scarsa diversificazione
Il nodo centrale è la debole diversificazione produttiva delle esportazioni regionali. Lo studio del Cgia di Mestre è impietoso: la Sicilia si posiziona come la terza regione con l’indice peggiore in termini di varietà nelle vendite estere, complice una storica dipendenza dalla raffinazione di prodotti petroliferi e da pochi comparti trainanti. E quando una delle gambe dell’economia – in questo caso l’agroalimentare – viene colpita, l’equilibrio salta. Ragusa, che da decenni ha costruito il proprio nome attraverso l’esportazione di ortaggi, conserve, formaggi, vino e olio di altissima qualità, potrebbe subire una doppia penalizzazione: da un lato l’aumento dei costi per i buyer statunitensi che potrebbero dirottare gli acquisti verso altri mercati; dall’altro la difficoltà di reindirizzare quei prodotti su altri mercati già saturi o meno ricettivi.
Le eccellenze a rischio
Pensiamo, ad esempio, alla filiera del pomodoro, simbolo dell’eccellenza ragusana, o ai formaggi a pasta filata come il caciocavallo Ragusano Dop. Sono prodotti che negli anni hanno trovato sbocchi significativi negli USA, anche grazie alla presenza di comunità di emigrati affezionati ai sapori di casa. Il rischio concreto è quello di vedere ridotto drasticamente il margine di competitività proprio sui mercati dove questi prodotti erano riusciti a imporsi, pur senza la forza dei grandi consorzi del Nord. «Siamo abituati alle difficoltà, ma quello dei dazi è un colpo che non dipende dalle nostre capacità produttive. È una guerra commerciale tra giganti, e noi rischiamo di essere le prime vittime collaterali», commenta con amarezza un imprenditore agricolo.
La risposta iblea: resilienza e cooperazione
Ciononostante, come spesso accade nelle terre di frontiera, la risposta non è la rassegnazione, ma la resilienza. Coop agricole, consorzi e piccoli produttori si stanno organizzando per rafforzare la propria presenza nei mercati europei e in quelli emergenti, con un occhio al Nord Africa, all’Asia e alla Penisola Arabica. «In un mondo globalizzato, la reazione non può essere il panico. Servono strategie coordinate, una comunicazione efficace dei valori del nostro prodotto e una collaborazione serrata lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola», spiega un consulente marketing del settore agroalimentare. È l’eco di quanto affermato anche da Alessio Planeta, tra i più noti produttori vitivinicoli dell’Isola, che invoca un “percorso silenzioso e armonico” per affrontare l’emergenza con visione strategica, senza fratture interne.
La sfida futura: identità e innovazione
Per Ragusa e la sua provincia, questa potrebbe essere l’occasione – nel mezzo della crisi – per ripensare la propria strategia di export e rafforzare il racconto delle proprie identità produttive. Valorizzare le certificazioni Dop e Igp, puntare sulla tracciabilità, investire su packaging sostenibile e storytelling digitale.
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