Crisi idrica a Ragusa Gli interrogativi di Ragusa Prossima

La città sta vivendo giorni di particolare apprensione da quando si è diffusa la notizia che con Ordinanza del 5/3/2019 il Sindaco ha disposto il divieto di utilizzo per scopi “potabili e alimentari” dell’acqua distribuita nella rete cittadina dall’impianto di sollevamento San Leonardo.

Alle legittime preoccupazioni che ne sono derivate, si sono aggiunti adesso le oggettive difficoltà che interi quartieri della città stanno affrontando, atteso che, come chiarito dall’Ufficio Stampa del Comune, con il comunicato n. 176 del 7/3/2019, ulteriori utenze cittadine sono state interessate dal divieto in questione e che, come ulteriormente precisato con comunicazione del Sig. Sindaco di pari data, gli usi non consentiti sono particolarmente rilevanti.

È fatto divieto infatti di utilizzare l’acqua per bere, per preparare alimenti, per il lavaggio di stoviglie e/o di frutta e verdura, per l’igiene orale e  per l’igiene intima.

Alla luce di ciò, Ragusa Prossima, già in occasione della seduta del Consiglio Comunale tenutasi il 5/3/2019, ha proposto per il tramite del validissimo apporto del Consigliere Gianni Iurato una mozione – accolta dalla medesima Giunta Municipale – volta a richiedere una relazione dettagliata al R.U.P. e al Dirigente del Settore su: cause della contaminazione, procedure di diramazione dell’allarme, risultati delle analisi chimico-fisiche e soluzioni adottate.

Ciò nondimeno, atteso che i risultati delle verifiche condotte dai competenti uffici dell’Asp non sono ancora stati resi pubblici e atteso che il disservizio in questione sta arrecando non pochi fastidi alla cittadinanza (pensiamo in particolare ai nuclei familiari in cui sono presenti soggetti più fragili quali neonati, bambini o anziani), costretta in gran parte a fare ricorso a fonti di approvvigionamento privato o fare incetta di acqua potabile nei punti di distribuzione collocati in città dall’Amministrazione Comunale, alcuni interrogativi ed alcune considerazioni si impongono.

  • Primo fra tutti, ci chiediamo quali sono state le cause della contaminazione delle acque pubbliche. Riteniamo assolutamente necessario approfondire il nesso di causalità tra i fenomeni atmosferici (ai quali l’Amministrazione Comunale ha inteso attribuire l’origine del fenomeno) e l’evento. Nel caso di specie, nei giorni che hanno preceduto la famigerata Ordinanza n. 163 non si sono verificate piogge di natura eccezionale (per durata e/o per quantità). Non si comprende quindi come una semplice grandinata (limitata peraltro nel tempo) abbia potuto determinare un intorpidimento delle acque che pare attribuibile alla presenza di ammoniaca. Andrà verificata se tale presenza sia piuttosto attribuibile ad altre e ben più rilevanti cause. Non sfugga in particolare che le fonti di contaminazione delle acque potrebbero essere collocate anche ad una considerevole distanza dalle relative sorgenti.
  • L’emergenza è stata ed è tuttora gestita con difficoltà, atteso che le zone interessate sono state in prima battuta individuate solo in maniera estremamente generica (l’Ordinanza del 5 marzo indicava solo quartieri e zone della città i cui confini ovviamente sono di difficile percezione per la gran parte di cittadini) e atteso che le comunicazioni social risultano difficilmente accessibili quantomeno a una fascia della popolazione (si pensi ad esempio agli anziani, ai soggetti extracomunitari e a quanti si trovano occasionalmente in città).

A ciò si aggiunga che, come dimostrato dalle successive comunicazioni dell’Amministrazione, che hanno esteso gli ambiti territoriali del divieto, è stato riscontrato che anche in altre zone della città l’acqua si presenta torbida e maleodorante. I controlli e le verifiche andranno quindi estesi a tutti gli impianti di sollevamento e a tutte le condotte di distribuzione.

  • Ci chiediamo poi se è stata mai eseguita o pianificata un’attività di controllo e di sanificazione della rete di distribuzione e se in questo caso sarà necessario o quantomeno opportuno eseguirla (analoga questione per la rete fognaria, per la quale ci si chiede se è mai stata effettuata un’azione di verifica e di derattizzazione… ma questa, ovviamente, è un’altra storia).
  • Andrà poi accertato se anche le cisterne o i sistemi di raccolta in uso negli edifici pubblici e in quelli privati, una volta che sia passata la situazione d’emergenza, debbano essere oggetto di sanificazione e quali siano i possibili effetti derivanti dall’uso di acqua ‘contaminata’. Non va trascurato peraltro che anche la mensa che prepara i pasti per le scuole materne cittadine pare che ricada nella zona in cui è operativo il divieto di uso dell’acqua comunale.
  • Di quali costi il cittadino si dovrà fare carico? Qualsivoglia costo a carico del cittadino (si pensi ai costi per lo svuotamento e la sanificazione delle cisterne o dei recipienti privati) va ritenuto assolutamente ingiustificato. Di ciò non si potrà non tenere conto quando l’Amministrazione Comunale predisporrà le tariffe del canone idrico per il 2019.

Ci auguriamo che la situazione possa nell’immediatezza ritornare entro i limiti della normalità e che vengano adottati i più opportuni correttivi affinché disservizi così penalizzanti non abbiano più a verificarsi.

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