COMPETITIVITA’…

Il progressivo smantellamento delle garanzie per il lavoro che dall’abolizione della scala mobile in poi hanno pesantemente impattato sulla vita della nostra società (riforma delle tipologie contrattuali – legge Treu prima e legge cosiddetta Biagi poi, ora riforma del mercato del lavoro e modifica dell’art. 18),  ha avuto per giustificazione la necessità di aumentare la competitività del sistema paese in un contesto di economia globalizzata.

Molti imprenditori, nonostante questo, hanno compiuto scelte di delocalizzazione della produzione, non sempre oculatamente: vedi i nostri imprenditori che avevano insediato stabilimenti produttivi in Libia e Tunisia …

Una serie di notizie mettono un po’ in crisi la ineluttabilità di questo processo di continua deriva normativa: IKEA ha deciso di trasferire in Italia dei contratti di fornitura che in passato aveva con partners asiatici e la motivazione data dall’Amministratore Delegato di IKEA ITALIA: “grazie alla loro competenza, al loro impegno e alla capacità di produrre articoli caratterizzati da una qualità migliore e a prezzi più bassi dei loro concorrenti asiatici”!

Ve l’aspettavate? E’ vero che l’aumento del costo dei carburanti rende più oneroso il trasporto delle merci, e che la crisi ha indotto molte ditte manifatturiere italiane a cambiare target di produzione, ma la notizia giunge lo stesso inaspettata, così come il giudizio per le nostre aziende: “Le aziende italiane hanno dimostrato di essere molto flessibili rispetto alle nostre richieste”.

Considerato il livello dell’interlocutore commerciale, una grandissima multinazionale svedese come Ikea è indubbio che la competitività non è certo frutto di fatturazione “in nero” o altre scorciatoie simili, ma semplicemente il segnale che il sistema Italia, almeno in certi ambiti, ha raggiunto un livello di competitività, almeno per quanto riguarda il fronte del mercato del lavoro, che può rimettere in moto il sistema produttivo.

Una ulteriore prova di quanto affermo può essere trovata nella differenza di retribuzione netta tra un operaio FIAT e un operaio Volkswagen: 1.436 Euro mensili contro 2.685 Euro dell’operaio tedesco!

E nonostante questa abissale differenza la Volkswagen continua a vendere, a fare utili e a erogare lauti premi di produttività ai lavoratori, la Fiat invece continua a diminuire le vendite, e a richiedere sacrifici ai lavoratori in termini economici, di qualità della vita e di tutele e garanzie.

Sarà un caso che la casa tedesca da anni investe massicciamente in ricerca e innovazione tecnologica e Marchionne i 20 miliardi di investimenti millantati non si sogna di uscirli fuori?

E allora siamo proprio sicuri che la competitività o meno dell’Italia continui a dipendere dal mercato del lavoro?

Lars Petersson l’A.D. di Ikea Italia a proposito dei recenti contratti conclusi ha detto che il suo gruppo vuole investire ancora in Italia nonostante alcuni ostacoli: “Non l’articolo 18, ma i tempi incerti della burocrazia e della politica”!     

Può essere che il caso Ikea sia una eccezione, ma sarebbe opportuno che Monti desse dimostrazione di essere uno statista oltre che un tecnico, avviando percorsi virtuosi di riforma della Pubblica Amministrazione invece delle piccole, estemporanee, inutili e vessatorie regolette messe in piedi dal mai rimpianto ministro Brunetta, anche se di certo non ne raccoglierà i frutti entro un anno.

 

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