CIAO BELLA CIAO. FORSE

Di certo era poco prevedibile che Renzi dopo aver ricevuto, avendo vinto le primarie a segretario del  suo partito, l’incarico di formare all’inizio dell’anno un nuovo governo in sostituzione di quello lettiano, che si scatenasse un divario così netto e radicale fra la minoranza pidiellina in Parlamento e le tre maggiori organizzazioni sindacali.

Un ostacolo al verificarsi di tale fenomeno politico, non di certo leggero e poco determinante, può essere individuato nell’obbligo, reso ancora più gravoso e pesante dallo stato di crisi economica che attraversa il nostro paese, di rispettare i parametrii finanziari europei, ma che lo stesso assumesse posizioni contrastanti così nette, per molti di noi non si riteneva che assumesse conrtrapposizioni tanto divergenti.

Il pd, in sostanza, si è spaccato in due parti e la dimostrazione più plastica la si è avuta in occasione della giornata sindacale organizzata dalla Camusso che si è svolta a Roma alla quale erano presenti e non per cortese e formale adempimento i parlamentari piedillini qualificatosi in precedenti occasioni istituzionali quale parte minoritaria all’interno delle due camere e nel mentre che Renzi celebrava a Firenze la quinta edizione della sua Leopolda.

Le conseguenze che potrebbero discendere da tale obiettiva situazione, come al solito, possono essere due. La prima, meno dannosa per le sorti dell’intero paese, può essere determinata dalla continuazione, con toni più o meno populisticamente alti, della verbosa continuazione della diatriba sia pure contenente una distinzione di espressione di voti parlamentari per le proposte governative poco convincenti e la seconda, molto più deleteria, della costituzione sostanziale di una separazione politica che vede  sindacati e  parlamentari dissidenti decisi a dare vita ad un nuovo partito di sinistra avente come primario obiettivo quello di chiamare al voto gli elettori prima ancora del completamento dell’iter per l’approvazione definitiva dell’Italiacum il che comporterebbe che si dovrebbe votare con l’unica legge elettorale ancora in vigore che è quella proporzionale. E questa seconda ipotesi sarebbe di certo sostenuta dai partiti minori che avrebbero in tal modo maggiori possibilità di rappresentati.

Se dalla Leopolda escono principi in ordine ai quali dovrebbero essere del tutto eliminati l’art. 18, la certezza del posto fisso per chi lo ha conseguito o per chi concorre per ottenerlo, la riduzione del diritto di sciopero proposta come attuabile e possibile in quei tre giorni di convegno da un economista, non appare del tutto campata in aria la formazione della convinzione di dare vita ad un partito di sinistra capace di raggiungere una percentuale di voti idonea e comunque molto incidente a ridurre quel circa 41 per cento di voti che gli elettori in occasione delle elezioni europee ritennero di assegnare in prestito più a Renzi che al partito democratico e ciò in quanto affascinati dalla divergente posizione politico-programmatica del giovane segretario che aveva mandato in pensione Bersani e che si proponeva come politico non continuatore degli schemi politici ei tradizionali del suo stesso partito, quanto piuttosto come convinto propositore di cambiamenti strutturali dell’organizzazione burocratica statale e di innovazioni veloci in altre branche sociali peraltro volute ed auspicate dai parametri europei in dipendenza dei quali gli investitori finanziari si dichiaravano disposti a comprare i titoli di stato sicuri di poter bene investire per assicurasi di non buttare nel baratro i loro soldi pur accontendandosi di percepire interessi rapportati  ad uno spread in percentuale discesa. Solo due anni prima era quotato nel suo massimo a 575 per poi scendere fino a circa 150.

Gli 80 euro mensili a circa 10 milioni di famiglie con reddito non superiore a 25 mila euro l’anno avrà di certo, sia pure non in alta percentuale, influito sul 41 per cento conseguito dal pd e la stessa ratio cui è sottesa è da attribuire a quella proposta di altri 80 euro per 3 anni ai bambini che nascono.

Ma dove, come si suol dire, casca l’asino è nella vera e sostanziale modifica del Titolo V°. > Se riuscirà, sarà un’impresa titanica per tutti  gli ostacoli che saranno frapposti. Ma anche quest’impresa potrebbe vanificarsi impossibile se qualcuno volesse cantare Bella Ciao.

Il disastro nazionale sarebbe immenso e tale, comunque, di coinvolgere non solo quei cantanti ma l’intero paese.

In politica nessun problema è isolabile dall’altro e ciò perché la verità e il torto non stanno sempre in posizioni diverse e compito del vero statista che ha in mente il perseguimento del bene veramente comune è quale di saper conciliare posizioni distinti e avverse perché se così non fosse in un altro campo come quello religioso anche i 10 Comandamenti, con tutto rispetto parlando, avrebbero dovuto subire nel tempo e in ragione dello stesso dei cambiamenti.

Per questo fra la religione, almeno questa cristiana, e la politica sono cose del tutto diverse.

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