CHIAMALA COME VUOI, SEMPRE PROVINCIA E’

In ordine generale dietro o alla base di ogni provvedimento legislativo c’è sempre un interesse politico dei suoi autori. Se tale interesse, sia pure in senso lato, coincide con l’interesse generale il binomio è accettabile e meritevole di consenso. Tale principio se proprio  si vuole chiamare così non appare del tutto comprensibile al cittadino che lo sta a guardare. Si discute da tempo dell’abolizione delle province per evitare spese e in primo luogo quelle delle rappresentanze politiche perché considerate nella sostanza come enti intermedi superflui e inidonei a coltivare l’interesse generale. E quando tale abolizione è costantemente ripetuta diventa un luogo comune elevato a dignità di indiscutibile principio.

In atto questi enti intermedi in numero di 9 quante sono le province siciliane, secondo il testo approvato a Palermo il 6 marzo   sono chiamati liberi consorzi e all’interno degli stessi si richiede la domiciliazione o residenza di 180 mila abitanti e sono dettate minuziose norme per i loro funzionamento e per la loro eventuale composizione geografica. Non volendoci addentrare in una materia alquanto complessa, appare utile esprimere alcune considerazioni che avrebbero potuto, se tenute presenti, pervenire a modifiche più semplici ed efficienti.

Nessuna perplessità potrebbe essere sollevata in un’abolizione di dirigenza politica eliminando l’elezione dei consigli provinciali e dei presidenti e demandare ad  una concertazione dei sindaci facenti parte dei comuni interessati la nomina di un loro delegato avente funzione di coordinatore delle attività provinciali e facendo ricorso a qualche esemplificazione sarà forse possibile ridurre ad efficienza un problema politico che presenta aspetti non sempre comprensibili.

In atto la cura, la tutela e la manutenzione delle strade provinciali sono affidate quale ente proprietario alla provincia e per tale incombenza è strutturato un ufficio tecnico, un ufficio amministrativo (espropriazione per pubblica utilità) e servizi collaterali. Per le strade di proprietà comunale sono necessari altrettanti uffici per ogni comune. Ne consegue, se esemplifichiamo tale patrimonio nei 12 comuni della provincia di Ragusa, che alle dette incombenze devono provvedere 12 uffici tecnici, 12 uffici amministrativi e 12 uffici per i servizi collaterali. Un’ipotesi di semplificazione potrebbe portare ad un solo ufficio tecnico, un solo ufficio amministrativo, un solo ufficio per i servizi collaterali naturalmente adeguandone la composizione alle innovate esigenze dovendosi tener conto che in atto le strade provinciali misurano oltre 1300 chilometri. Allo stesso modo è possibile contare, uno per ogni comune, altrettanti uffici comunali per la gestione del personale dipendente e le esemplificazioni potrebbero continuare.

Sempre nel testo approvato lo scorso 6 marzo si prevede che un comune appartenente ad un libero consorzio può aderire ad  altro libero consorzio sempre che abbia continuità territoriale con il comune interessato a seguito di apposita deliberazione consiliare  adottata con maggioranza di due terzi dei consiglieri componenti il consiglio e il tutto subordinato all’esito favorevole di un referendum confermativo da indire entro 60 giorni dall’approvazione della delibera e al quale potranno partecipare i cittadini iscritti nelle liste elettorali di quel comune.

Ogni innovazione legislativa è frutto di un’esigenza popolare di adeguamento o di sostituzione. Nel caso dei liberi consorzi può evidenziarsi semmai un’esigenza di funzionalità operativa idonea a rendere più aderente ai bisogni sociali una data struttura burocratica e funzionale. Nel caso che qui interessa pare, invece, che si vogliano istituzionalizzare esigenze territoriali fatte proprie dalla politica e che è, pertanto, cosa del tutto diversa.

Ad un’attuale strutturazione provinciale una volta eliminata la rappresentanza elettorale politica potrebbero essere affidate anche funzioni ed incombenze di strutture minori operanti  in ambito territoriale che giustificano la loro attività operativa per specifiche e singole attività gestionali.

Rendere moderne le attuali strutture provinciali è reclamata anche da un’ altra visione popolare ed utilizzata genericamente dalla politica in ordine alla quale il freno e talora l’impossibilità gestionale dell’economia di mercato sono dati dalla burocrazia. Vale a dire da questo mostro enorme e senza testa che con i suoi tentacoli e astratte incombenze operative ostacola ogni intervento economico fino a costringere l’operatore a rinunciare o a gestire una qualsiasi attività o produttiva o di scambio. Le strutture burocratiche, però, nascono dall’intervento politico e solo quest’ultimo, se lo vuole per davvero, può rendere snella e operativa ogni esigenza burocratica. Non è il dirigente che s’inventa la legge. E’ una  norma che presidia la gestione. Togliere o modificare una norma è compito della politica che il fine gestionale celere e funzionale può perseguire solo se decide di intervenire con le opportune modifiche.

Nel caso dei liberi consorzi non appare eccessivo ritenere che ci si può avviare verso un’implementazione burocratica dell’ente intermedio che corre per davvero il rischio di una sua implicanza operativa determinabile dalle modifiche strutturali che ogni singolo comune può apportare all’attuale ente intermedio che necessita semmai di una sua ristrutturazione funzionale a tutto vantaggio dello snellimento dei compiti che gravano sui comuni che ne fanno parte.

 

 

     

 

 

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