CHI VUOLE ALLARGARE CHAMPAGNE?

Di allargamento della zona territoriale di Champagne si parlava già nel 2006. Nel 2007, infatti, l’INAO (Institut national de l’origine et de la qualité) aveva incaricato una commissione formata da cinque esperti per valutare le zone da aggiungere alla AOC Champagne. Il progetto non andò in porto a causa della crisi. Nel 2011 i dati delle vendite di Champagne hanno però dimostrato che questo storico spumante non conosce crisi duratura. Mentre la Francia fatica a superare la crisi, Champagne è da tempo che non solo ha ripreso a vendere, ma ha anche aumentato notevolmente i numeri dell’esportazione, soprattutto nei mercati dei nuovi paesi emergenti. Visto che la domanda di Champagne ha superato di molto l’offerta e che l’aumento dei prezzi non può aumentare sproporzionatamente in un breve lasso di tempo, le grandi Maison più conosciute hanno spinto per l’allargamento e, quindi, l’aumento della produzione.

L’INAO sostiene, però, che non è corretto parlare di allargamento, ma si dovrebbe parlare di revisione del disciplinare. L’esclusione, però, di due comuni non sembra poter compensare l’aggiunta di 38 comuni dove poter coltivare uva destinata a produrre Champagne. Parlare di revisione è improprio, ma anche gridare allo scandalo da parte dei consumatori è altrettanto improprio. Anche senza l’allargamento, di Champagne mediocri se ne vendono e i grandi nomi, quelli che si vendono ovunque, sono i principali acquirenti delle uve provenienti dalle zone meno indicate di Champagne.

Oggi i comuni dove si può coltivare uva per produrre Champagne sono 319, mentre con la revisione saranno 357. Si è detto che non fa molta differenza con allargamento o meno. Questo perché chi vuole acquistare coscientemente Champagne deve sapere che esiste una piramide qualitativa di questo vino spumante. Essa si basa su una qualificazione del terreno. Gli Champagne prodotti nei vigneti più vocati portano in etichetta la dicitura “Grand Cru”, a seguire “Premier Cru” e poi tutti gli altri. Esiste poi un altro metro di giudizio che si aggiunge a quello ora visto. Si tratta di una serie di sigle riguardanti i produttori. Questo metro di giudizio è utile quando si acquista Champagne appartenenti all’ultima categoria, dove è possibile reperire certe volte dei Champagne interessanti nel rapporto qualità/prezzo. Nelle etichette di Champagne è sempre presente, ma quasi mai ben visibile, una sigla che ha un significato preciso. Le sigle più comuni che si possono trovare sono: NM, RM, CM, RC, MA. La più diffusa è la prima, NM, négociant-manipulant, che indica il produttore di Champagne che acquista uva per poi vinificarla. RM, récoltant-manipulant, è la più interessante e indica il coltivatore che vinifica la proprio uva. CM, coopérative de manipulation, indica una cooperativa, mentre RC, récoltant-coopérateur, indica il viticoltore che vende le sue uve vinificate in una cooperativa. L’ultima sigla, MA, marque d’acheteur, indica un marchio che si fa produrre il vino da un’altra casa e semplicemente la fa imbottigliare con il proprio nome. È ovvio che la sigla RM è quella che può dare maggiori sorprese, ma non bisogna però sottovalutare anche gli Champagne prodotti con la sigla NM, perché le uve acquistate possono essere anche di buona qualità.

L’unica cosa certa è che i vignerons indépendants o récoltant-manipulant, ossia i produttori che vinificano e coltivano la propria uva, non ne vogliono sapere di allargare la zona di produzione, poiché sono quelli che veramente subiscono danni da questo allargamento della AOC. Essi ritengono, non a torto, che l’allargamento della zona beneficerebbe solamente le grandi aziende commerciali di Champagne, che, aumentando il numero delle bottiglie prodotte, potrebbero monopolizzare il mercato, soffocando le piccole realtà di Champagne. Non solo, si sussurra che le grandi Maison già avrebbero messo le mani sui terreni che verranno inglobati nell’allargamento della AOC.

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