CHI C’E’ DIETRO GLI SBARCHI DI LAMPEDUSA?

Sihem Bensedrine, una famosa giornalista tunisina a lungo perseguitata dal regime di Ben Ali, non ha dubbi: “Molti dei quattromila clandestini partiti dalla Tunisia alla volta di Lampedusa, all’inizio di febbraio, hanno avuto soldi e barche dalla Libia, con precise istruzioni di dichiararsi, una volta sbarcati, rifugiati politici. Non è un caso se le partenze siano coincise con la visita di Leila Ben Ali in Libia. I fedeli dell’ex presidente vogliono rovinare l’immagine della nuova Tunisia”.

Hajer, insegnate di italiano a Tunisi, pensa lo stesso: “È quanto meno strano che nel momento in cui i giovani puliscono le strade a Tunisi e cercano di riprendere la vita normale, alcuni, con la loro fuga, cercano di danneggiare l’immagine della rivoluzione.”

Rafik, abitante di Zarzis, la città nel sud della Tunisia da dove sono partite le barche, è piuttosto scettico: “È possibile che da un giorno all’altro centinaia di barche salpino dalle spiagge di Zarzis senza nessun controllo e in pieno giorno, con soldi che vanno dai potenziali migranti ai passatori alla vista di tutti, alla luce del sole?”.

Tarek, appena sbarcato a Lampedusa, non è dello stesso avviso: “Noi abbiamo fatto la rivoluzione. Ora siamo liberi. Io ho in tasca la bandiera tunisina. Molti in Europa e nel mondo ci hanno applaudito, ora non possono chiuderci la porta in faccia”. Mohsen anche lui partito da Zarzis, dice: “Io ho un diploma in informatica e voglio tentare la fortuna”. Adel, come molti altri ragazzi giovanissimi, dice invece che non ha nessuna intenzione di rimanere qui in Italia. Dice di voler tornare a casa, che la loro è stata solo una specie di gita, una bravata tra ragazzi. “Non volevo rimanere dietro ai miei amici”, racconta.

Giacomo Fiaschi, esperto di linguaggio e comunicazione che vive e lavora Tunisia, ha raccolto per Tunisi News la testimonianza dell’onorevole. Vittorio “Bobo” Craxi: “Il maggiore aiuto che noi possiamo dare in questo momento è considerare la Tunisia un luogo accessibile. Un posto dove si recupera libertà è lo spazio proprio di un cittadino europeo abituato a vivere nella libertà”. Quando un ministro parla davanti a milioni di telespettatori di un paese in “totale caos e alla deriva”, si dimostra troppo poco europeo, verrebbe da dire.


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