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“Barbie disperata in aeroporto!”: la versione siciliana della bambola
03 Ago 2023 08:31
La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola
In preda a una crisi isterica. Ieri si è presentata al mio studio la paziente che non ti aspetti: “Barbie psicopatica”. Capelli alla Marylin, ma dopo una scarica di 2000 elettronvolt (nella vasca da bagno con il phon acceso). Occhi fuori dalle orbite lunari. Tunica a macchie di sudore e smalto viola per le unghie finte. L’urlo di Munch scolpito in faccia, come in quella scena del film in cui la giovane fanciulla inerme, aprendo il velo della doccia nella camera d’albergo, sorprese Hitchcock completamente nudo cantare “Singing in the Train”. La Psycho-Barbie mi ha subito aggredito, vomitandomi la sua storia.
“Dottore, avevo un volo. Era un sogno. I had a dream. Catania-Helsinky. Unica tirata. Un soffio. Tre orine. Il tempo di un’apericena al Porto di Mazzarelli. In scioltezza. Da sicula a finnica in un battibaleno. Il mio Ken mi aspettava già con le rose di polistirolo in aeroporto, bello, bellissimo, un gran fiordo d’uomo. E invece, per un guasto catanese, una “tinta stampante”, il mio sogno fu dirottato alla vicina Palermo. Airport. Passando per Caltanissetta e Mazzarino Avenue. Tre orazze di diversamente strada. In un forno texano da Grand Canyon e fichi d’india. Insomma, ci metto di più ad arrivare al capoluogo della mia regione che a sbarcare in Finlandia.
Eppure c’è, ci sarebbe stato, ci forra Comiso. A due passi di mazurca. Ancora mi sogno la notte le parole dello speaker fituso dall’altoparlante: ‘Si avvisano i gentili clienti che la proiezione di Barbie felice in volo, prevista per le 20.00 di oggi al “Madison” di Catania, è stata spostata alle 03.00 di domani al vicinissimo “Wonderful” di Cefalù. Fiduciosi nella vostra soglia infinita di sopportazione, ci scusiamo per il piccolo imprevisto. E vi auguriamo buona visione. Va da sé che il film horror ‘Non accendete quella stampante.’ decollerà a data da destinarsi secondo la nuova programmazione. E grazie per avere votato sempre per noi. La vostra vita è il nostro film dell’orrore preferito.’
Dottore, me lo dica lei. Cosa abbiamo fatto di male noi finnici di Sicilia per essere trattati così nel 2023 da chi comanda? Ma i barbie-figli che si laureano o rientrano dall’università per le vacanze per stare con i loro barbie-cari o i ribolliti Big Jim che finalmente avevano prenotato le loro anelatissime vacanze cosa mai devono espiare? Mi scusi, dottore. Non meritiamo che i nostri sogni vengano dirottati così da fichi d’india che non hanno mai imparato a volare.”
Come darle torto? Devo riconoscere che la sua testimonianza mi è sembrata lucida e persino intelligente. E devo ricredermi un po’ su di lei. Come ho scritto altrove, a me Barbie mi stava cordialmente su tutti e due i big jim. Perdonatemi. Una Barbie siciliana potrebbe esistere mai? La vedo difficile. Troppo scimunita. Sticchiosa. Svampita. Viziata. Perfettina nella sua bellezza finta, odiosa e irraggiungibile.
Ma io sono di parte. Barbie (la bambola, non il film) mi ha spettinato la preadolescenza. Mia sorella ne aveva a comitive. Mia zia le regalò financo la mitica “Casa di Barbie”. Una specie di grand hotel fosforescente ideato da un architetto cocainomane. Io non ci vivrei.
Ma a traumatizzarmi la pubertà e a farmi venire i complessi era il suo amichetto Ken: alto, muscoloso, biondo, ciuffoso, trendy, perfetto. Un tronco yankee. I denti gli splendevano. Sportivo, virtuoso del parapendio. Elegante e ricco come il bolide e la motorazza sfavillanti che gli uscivano dal rolex. Mi giudicava dall’alto con il ghigno di un barbaro ariano, mentre io mi facevo piccolo piccolo, tunisino peloso e brufoloso con gli occhiali di Cristiano Malgioglio, le braghe della Puma, l’apparecchio ai denti e i pettorali di un arancina dell’amato bar “Bigliardino”.
Ma poi, un giorno indimenticabile, lo vidi senza mutande … Mi si aprì un mondo. Capii che l’apparenza inganna. E non bisogna mai permettere ai modelli farlocchi di rubarti la fiducia e la tua sicula autostima. Non bisogna invidiare l’apparenza. I supermitici e spocchiosi Ken e Big Jim avevano la stessa virilità di una tavola da surf. Piallati fino all’osceno.
Sollievo. Ho imparato una gran lezione. La potenza di super-Ken era come quella di un aeroporto siciliano nel cuore di un bel torrido luglio.
Intanto, alla paziente Barbie, che mi implorava di guarirla e salvarla, ho risposto citando il sociologo Ugo Bellaminchia: “Oggi per essere felice devi saper volare con la fantasia e con la mente. E sperare che, anche lì, non ti dirottino il volo a 300 km di distanza.”
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