ATTACCO A 4 PUNTE

Dalle 13 alle 15 il salone del San Paolo Palace di Palermo, dove si svolgeva la direzione Regionale del PD, è sembrata a molti il catino di San Siro durante una delle migliori esibizioni del Milan di Arrigo Sacchi.

E’ stato il lasso di tempo in cui è intervenuto il Presidente della Regione e patron del Megafono Rosario Crocetta. Una esibizione a tutto campo, senza timori reverenziali, provocatoriamente all’attacco, senza nessuna riserva sui temi più scottanti della politica regionale e dei rapporti del Pd, con il Megafono e al suo interno con quanti contestano la linea del Governo Regionale.

Chi ha vissuto per intero la Direzione parla di una atmosfera pesantissima dove le questioni politiche e del partito sono state affrontate per pura formalità, sovrastate in primis dai fatti di Messina che hanno gravato come una cappa sull’ordine dei lavori e sono state ravvivate dall’intervento di Rosario Crocetta.

A questo punto, in periferia, la disputa PD-Megafono assume contorni appassionanti perché una affermazione del Presidente nella battaglia congressuale stravolgerebbe gli attuali equilibri, al netto degli spostamenti e dei salti sul carro del vincitore, inevitabili in un tale contesto. Ma non potrebbe essere accettabile accogliere al tavolo del rinnovamento e della moralizzazione quanti, in vario modo e a vari titolo, hanno osteggiato i progetti di Crocetta concepiti con il territorio e per il territorio.

I Partecipanti alla Direzione avevano avuto un assaggio di cosa avrebbe riservato la giornata con la lettera di Crocetta al Giornale di Sicilia, in cui si percepiva quello che sarebbe stato l’affondo del giorno: un attacco al PD per le critiche nei suoi confronti, che lo renderebbero più debole mentre si espone contro la mafia e il malaffare. Parole fortissime “contro un sistema politico che, invece di pensare alla rivoluzione, a snidare il malaffare, alla legalità, agli interessi clientelari e politici da debellare, continua a fare il processo al presidente Crocetta”. Una politica che mentre esplodono i casi degli ex  PIP, della formazione a Messina e al CIAPI, degli appalti del CAS, discute di rimpasto, di mancata spesa dei fondi europei e adesso di Megafono.

Una lettera che assume toni drammatici in chiusura, dove Rosario Crocetta rivendica la sua “profonda «diversità» che è soltanto quella di non volere essere complice di un sistema di potere di cui la Sicilia si deve disfare”.

“Sarà la casta a buttarmi fuori dal Palazzo? O la suburra che, come si dice a Palermo, avrebbe pagato per entrare nei servizi di pubblica utilità, o forse lo faranno insieme? O forse sarà la mafia, seguendo un metodo più classico o i dossier inviati quotidianamente da qualche avvocato di Palermo, che col sistema di potere c’entra e molto? Resta il fatto che a 8 mesi dal mio insediamento, quando vado in giro noto i sorrisi delle ragazze e dei ragazzi siciliani, dei disoccupati, delle casalinghe, della gente comune. E questo mi dà forza.

Sono convinto che vinceremo, ma se dovessi «morire», si sappia che lo farò stando in trincea, sulle barricate, fino all’ultimo respiro. Nessuno si illuda che dopo il mio governo, la Sicilia tornerà ad essere quella che era. Io ci metto tutto in questa battaglia, anche la vita se è necessario”.

Le tensioni non si stemperano, perché prima Rosario Crocetta non si vede, qualcuno si spinge a sperare nella sua assenza, quando arriva lo fa in maniera plateale, contraddistinto da un distintivo del Megafono che si faceva notare sul bavero della giacca. Era un segnale chiaro di riporre ogni speranza su auspicati interventi di pace o anche solo di moderazione.

Per la cronaca la Direzione ha inizio  presieduta da Enzo Napoli, al tavolo il segretario Giuseppe Lupo, la tesoriera Teresa Piccione e Liliana Modica, esponente del Pd di Messina.

Ci sono esponenti del partito indaffarati con questioni procedurali, come il renziano Ferrandelli che raccoglie firme per le primarie aperte anche per l’elezione del segretario regionale, ma si intuisce l’esito finale di queste faccende. La questione morale è la vera protagonista della direzione del Pd.

Il segretario regionale Giuseppe Lupo sovverte l’ordine del giorno e inizia dalla questione più spinosa, spostandosi poi sui rapporti con il Megafono, sul bilancio, tutti temi che devono trovare soluzione condivisa in vista del Congresso. “Occorrono norme di partito e norme di legge per rafforzare la buona politica. Vogliamo essere più crocettiani di crocetta sui temi dell’antimafia sulla trasparenza sulla moralità.  Sono i nostri valori e sono fondativi del nostro partito. Per questo siamo al fianco di Crocetta e a sostegno del governatore.  Non c’è bisogno di sottolineare sempre se siamo concordi con lui”. Questa la sintesi del suo intervento. Riguardo al Megafono poche ma chiare parole, che anticipano il documento finale che sarà approvato a maggioranza: Il Megafono ha dato il suo contributo anche per le amministrative come a Catania, è però inaccettabile che il Megafono vada però da solo e in contrapposizione al Pd come a Piazza Armerina.  Collaborazione e dialogo fra il Pd e l’iniziativa del presidente. Formule tecniche nell’ambito dello statuto del partito.

Ma occhi e orecchie sono puntati sull’intervento di Crocetta, che arriva in Direzione ornato dal vistoso distintivo del Megafono: il Presidente sa di parlare ad un partito in disfacimento, che non ha grandi prospettive e che manca della necessaria creatività per crearne.

Non per questo rinuncia all’attacco immediato, è stato un convinto sostenitore del suo governo con assessori tecnici di area che non potrà essere inquinato da un rimpasto che porti in squadra personaggi discussi o discutibili. Ma non basta pensarlo o farlo capire, va detto in faccia, così a Ferrandelli, ““Ho sbagliato ad appoggiarti alle primarie per la candidatura a sindaco. Tu sei quello che mi ha portato dai Pip per poi scoprire che molti di loro sono mafiosi”, così affonda il coltello contro Luigi Cocilovo e Wladimiro Crisafulli, “Mi avevano proposto come assessori il primo con problemi nella formazione, il secondo non c’è nemmeno bisogno di spiegarlo”

Crocetta ripercorre il difficile rapporto del suo Megafono con il PD, rinfaccia la strategia che ha fatto perdere 9 deputati, “Io volevo gli uomini del Pd all’interno della lista”.

Prima di ritirarsi assieme a parte della sua Giunta, erano presenti Nelly Scilabra, Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, cosa che ha provocato ulteriore tensioni per aver abbandonato la Direzione senza nemmeno ascoltare gli altri interventi, ennesima plateale provocazione, il colpo risolutore.

“Se volete davvero cambiare eleggete Nelli Scilabra come segretario del Pd. Una giovane onesta simbolo del cambiamento. Questo sarebbe l’unico atto innovativo degli ultimi dieci anni. E io potrei anche candidarmi alla segreteria nazionale. Se non vi va bene come guido il governo fate pure una mozione di sfiducia”.

Una precisa immagine di rivoluzione, quella di una ragazza alla guida di un partito, un disegno lucido di uomini politici navigati, che girano per un mare in tempesta dove, forse, qualcuno non sa nemmeno nuotare.

Il leit motiv della giornata è stato: “Il mio non è un partito, è una corrente, un’idea. L’alleanza col Pd funziona, non sono un nemico”.

Ma il partito con un documento unitario finale frena il governatore: “No alla doppia militanza”.

Restano comunque mosse da incallito giocatore d’azzardo: si può sbagliar, ma se si vince, anche per incapacità dell’avversario, Rosario Crocetta è destinato a diventare uno dei protagonisti della politica italiana e con lui tutti quelli che lo hanno seguito e lo seguono nel suo percorso di sopravvivenza.

Solo allora il Megafono sarebbe una bella idea !

 

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