Acqua, lo spreco senza fondo: a Ragusa persi sei litri e mezzo su dieci

La percentuale di perdita della rete idrica di Ragusa ha raggiunto un livello insostenibile: 63%. Significa che ogni 10 litri immessi nella rete idrica, quasi 6 e mezzo non arrivano nelle case e nelle aziende. Irrimedialmente persi, lungo la strada di condutture fatiscenti.
L’ultimo rapporto dell’istituto di ricerca Eurispes, denominato “Un sistema che fa acqua: lo stato delle acque in Italia“, assegna al comune capoluogo ibleo un record poco invidiabile. Ragusa è fra i sei comuni capoluoghi d’Italia con il maggiore spreco di acqua pubblica. Nei mesi scorsi le cronache hanno descritto questo stato di cose, si spera che gli annunci di due anni fa sortiscano l’effetto sperato.

Il panorama

Purtroppo Ragusa è in cattiva compagnia. “La principale criticità nel nostro Paese – è scritto, tra l’altro, nel rapporto Eurispes – riguarda la presenza di un sistema infrastrutturale antiquato e disfunzionale, concepito sulla base delle necessità degli anni Cinquanta. Sotto questo punto di vista l’esempio più emblematico riguarda le perdite idriche nella rete di distribuzione. Queste nel 2020, sono state pari al 42,2% del volume di acqua immessa, il che equivale ad una perdita pari a 3,4 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno. Detta in altro modo, in Italia ogni giorno vengono buttati 157 litri al giorno di acqua per abitante pari al fabbisogno idrico di circa 43 milioni di persone. Al riguardo, esistono differenze sostanziali tra un Nord, tendenzialmente più virtuoso, e un Centro-Sud in cui permangono situazioni di grave criticità.”

Gli sprechi

Tra i comuni capoluogo di provincia/città metropolitana solamente cinque hanno perdite in volume inferiori al 25% dell’acqua immessa in rete e sono: Milano (17,6%), Aosta (23,9%), Ravenna (24%), Ascoli Piceno (24,2) e Pavia (24,9%). Mentre sono dieci quelli con perdite superiori al 60%: Latina 2 (73,8%), Belluno (70,6%), Frosinone (69,5%), L’Aquila (68,3%), Potenza (63,9%), Ragusa (63%), Crotone (61,6%), Benevento (61,5%), Oristano (60,3%) e Siracusa (60%). A livello regionale, infatti, le maggiori perdite avvengono in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%), e, con l’eccezione delle Marche (34,3%) e della Toscana (41,6%), tutte le regioni centro-meridionali hanno livelli di perdite idriche superiori alla media nazionale.

Servono nuove infrastrutture

L’ammodernamento e il rifacimento della nostra rete idrica è pertanto uno degli elementi più urgenti da affrontare per recuperare almeno una parte dei 3,4 miliardi di metri cubi che ogni anno vengono letteralmente dispersi nell’ambiente. D’altro canto, risulta difficile aspettarsi alti livelli di efficienza da una rete civile che per il 60% risale ad almeno trent’anni fa. Di questa quota, inoltre, il 25% avrebbe superato i 70 anni di vita mentre in diversi centri storici italiani vi sarebbero ancora tubature risalenti al periodo post-unitario. Diventa pertanto sempre più urgente adottare misure di adattamento ai cambiamenti climatici che favoriscano un uso più razionale ed efficiente delle risorse a nostra disposizione. In questo contesto bisogna prendere atto del fatto che la crisi idrica, sperimentata in diverse aree del Paese, non sia dovuta solamente a una carenza, spesso momentanea di materia prima, ma sia piuttosto una crisi infrastrutturale dovuta alla mancanza di impianti e reti adeguate sull’intero ciclo dell’acqua. L’Italia potrebbe recuperare, attraverso la depurazione e il riuso delle acque reflue, circa 8,5 miliardi di metri cubi di acqua (poco meno di un terzo dell’acqua consumata annualmente) da destinare all’agricoltura e all’irrigazione dei campi.

Italia indietro

Il livello di investimenti continua ad essere ampiamente al di sotto della media europea. A livello europeo, infatti, i fornitori di servizi idrici investono ogni anno, tramite la riscossione di tariffe, all’incirca 45 miliardi di euro in infrastrutture, equivalenti, in media, a poco meno di 82 euro per abitante all’anno. Andando ad analizzare i livelli di spesa dei singoli paesi europei emerge come la Norvegia con 226 euro per abitante l’anno sia il paese che investe maggiormente in infrastrutture idriche, seguito dalla Gran Bretagna con 135 euro/abitante e dalla Svezia con 109 euro. In Germania ed in Francia invece la spesa media per abitante si attesta rispettivamente a 80 e 88 euro. Per la quantità di investimenti in infrastrutture idriche si delinea un’Italia a tre velocità: nel 2021 il livello d’investimenti al Centro è stato di 75 euro per abitante, seguito dal Nord-Est con 56 euro, dal Nord-Ovest con 53 e dal Mezzogiorno dove ci si è fermati a 32 euro. La capacità di investimento è strettamente collegata al livello tariffario che, nel nostro Paese, resta tra i più bassi d’Europa. Dai dati relativi al biennio 2017-2109 emerge come la spesa media sostenuta da una famiglia italiana fosse di circa 320 euro l’anno, equivalenti a meno di un euro al giorno. Anche in questo caso le cifre sono decisamente più basse dei 500 euro a famiglia pagati in Francia e Gran Bretagna o degli oltre 900 euro annui pagati da un nucleo familiare norvegese.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it