A MONTI NON PIACE IL MARE !

La tassa sulle barche arriva dal primo maggio 2012. E’ quanto prevede la bozza della manovra all’esame del Consiglio dei ministri. “Dal primo maggio 2012 le navi e le imbarcazioni da diporto nazionali ed estere, che stazionano in porti marittimi nazionali, navighino o siano ancorate in acque pubbliche anche se in concessione a privati – si legge – sono soggette al pagamento della tassa per ogni giorno o frazione di esso”.
Il pagamento è così suddiviso: 7 euro giornalieri per le imbarcazioni da diporto di lunghezza da 10,01 metri a 12 metri; 12 euro giornalieri per le imbarcazioni da diporto di lunghezza da 12,01 metri a 14 metri; 40 euro giornalieri per le imbarcazioni da diporto di lunghezza da 14,01 a 17 metri; 75 euro giornalieri per le imbarcazioni da diporto di lunghezza da 17,01 a 24 metri; 150 euro giornalieri per le navi da diporto di lunghezza da 24,01 metri.
La tassa, si legge ancora, “è ridotta al 50% per le unità da diporto sopra indicate che si trovino in un’area di rimessaggio in secco, per i giorni di effettiva permanenza in rimessaggio. In questi casi, l’importo della riduzione è deducibile da quanto dovuto per gli anni successivi secondo le risultanze dei relativi contratti di rimessaggio, da conservare secondo i termini di legge. Gli importi non deducibili possono essere rimborsati con le modalità definite dall’Agenzia delle Entrate”. La misura “non si applica alle navi ed imbarcazioni da diporto di proprietà o in uso allo Stato e ad altri enti pubblici, a quelle obbligatorie di salvataggio, nonché ai battelli di servizio, purché questi rechino l’indicazione dell’imbarcazione o della nave al cui servizio sono posti”.

La stangata che il Governo si appresta a dare alla nautica sta prendendo le forme della tassa Soru, la cosiddetta tassa sul lusso voluta anni fa dall’ex governatore della Sardegna. Ma proprio quell’esempio dovrebbe aver insegnato che si tratta di una manovra non solo inutile, ma estremamente onerosa per le casse pubbliche.
Benché applicata anche alle ville, oltre che alle barche ed agli aerei privati, la tassa sul lusso introdotta in Sardegna fruttò la metà dei costi di esazione e la Regione è ancora indebitata per la restituzione delle somme, dopo la pronuncia negativa della Corte di Giustizia della UE. Inoltre la tassa provocò un crollo immediato del 35% del fatturato delle aziende legate ai servizi e al turismo nautico e, anche quando fu revocata nel 2009, le lasciò fortemente indebolite ad affrontare la crisi economica. Con risultati disastrosi sul piano occupazionale di cui i sardi pagano ancora le conseguenze. Infine nel gennaio del 2010 è stata pubblicata la sentenza del novembre 2009 con la quale la suddetta tassa è stata dichiarata in contrasto con le disposizioni comunitarie e quindi nulla fin dall’origine.
L’imposizione è infatti contraria alla libera circolazione sancita dal trattato di Lisbona e inoltre “introduce una restrizione alla libera prestazione dei servizi nel mercato dei servizi nautici e aerei, che costituisce una parte rilevante del mercato europeo”.

 Le macchine, le barche pur essendo considerati dei beni di lusso negli anni passati hanno consentito di poterli acquistare attraverso dei leasing agevolatissimi ed oggi un possessore di una imbarcazione magari datata deve pagare una tassa assurda: pagare una tassa di stazionamento giornaliera in base alla metratura: : un’ imbarcazione del 1968 di metri 10,80 valore commerciale €. 5000,00 dovrebbe pagare € 7,00 al giorno cioè € 2555,00 all’anno più l’ormeggio che in Italia si aggirai intorno ai €.2500,00/anno, più il rimessaggio €. 2000/anno circa, che porta ad un totale di €. 7.555,00 all’anno escluso il carburante che in Italia non scherza.

Il problema è che oggi una persona si trova nel caso del nostro esempio ad avere un bene per il quale deve pagare, per mantenerlo, una tassa che porta a non poter più rivendere quel bene e qualora la volesse rottamare non esiste nessuna legge che lo permette, neanche bruciare in quanto verrebbe multato per inquinamento atmosferico.

Cosa bisogna fare?

Bisogna che ci sia una mobilitazione a livello nazionale, fatta anche dai cantieri che adesso sono costretti a licenziare i lavoratori artigiani che portano avanti con bravura il nostro Made in Italy.

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