Accordo tra Regione siciliana e privati convenzionati per cercare di ridurre le liste d’attesa in sanità. L’accordo prevede di distribuire le risorse del 2024 per potenziare l’offerta delle prestazioni ambulatoriali. COSA PREVEDE L’ACCORDO L’intesa prevede un totale di 310 milioni di euro da distribuire alle diverse branche e province, con un aumento di 12 milioni […]
I Centri Commerciali italiani (e ragusani) chiedono modifiche al dpcm: “Discrimina gravemente il settore”
07 Nov 2020 11:43
Riceviamo e pubblichiamo una nota dell’associazione Consiglio nazionale Centri Commerciali che raggruppa le varie realtà presenti sul territorio italiano compresi i centri commerciali Le Masserie e Ibleo di Ragusa. Viene chiesto di modificare le scelte del Governo nazionale. Ecco il testo integrale:
“Il nuovo DPCM firmato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte stabilisce all’art.1 la chiusura, nelle giornate festive e prefestive, delle attività commerciali al dettaglio presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole.
Nella versione definitiva di tale articolo è stato – incomprensibilmente – eliminato il riferimento alle “Medie e Grandi Strutture di vendita”, dando così vita ad un’immotivata, ingiustificata e ingiustificabile discriminazione fra le attività presenti all’interno o all’esterno di un centro commerciale e a una grave distorsione della leale concorrenza.
Se il criterio adottato è effettivamente quello del potenziale rischio di assembramento o di mancato rispetto del distanziamento sociale all’interno di una struttura di vendita, non si comprende come tale rischio possa essere differente a causa della sua localizzazione.
A parità di metratura, infatti, al di fuori dei centri commerciali, una “Grande Struttura” – di oltre 2.000 metri quadri – che vende complementi d’arredo, articoli di elettronica, di ferramenta o prodotti per il bricolage sarà aperta al pubblico, mentre un esercizio equivalente all’interno di una Galleria dovrà essere chiuso nei fine settimana e negli altri giorni festivi e prefestivi senza una oggettiva motivazione.
L’incomprensibilità e incoerenza di tale differenziazione è ancora più palese laddove invece, nell’art. 3 del medesimo DPCM, la differenziazione di trattamento è basata sulle merceologie vendute e non più sulla tipologia di struttura, fattore che rende i due articoli fortemente contraddittori.
Si tratta di disposizioni che impatteranno gravemente e in modo ingiustificato su migliaia di attività già messe in ginocchio dalle chiusure degli ultimi mesi, per cui i soli weekend rappresentano il 30% circa dell’intero fatturato settimanale.
A tutela dei propri operatori il CNCC chiede pertanto una immediata revisione del testo del DPCM, al fine di evitare che i centri commerciali subiscano una grave disparità di trattamento e discriminazione rispetto a strutture di vendita
caratterizzate da analoghe dimensioni e rischi di affollamento, e ribadisce la necessità dell’intero settore di poter beneficiare del programma di ristori che verrà predisposto dal Governo, soprattutto qualora gli articoli 1 e 3 del DPCM dovessero essere confermati nella loro attuale forma.
Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali
Il Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC) è un’Associazione che riunisce in un unico organismo trasversale tutti gli stakeholders, quali le proprietà, le società di servizi e selezionati retailers, collegati all’industria dei centri commerciali, dei parchi commerciali e dei Factory Outlets, costituendo l’unica realtà rappresentativa del settore.
Sono oltre 1.200 i centri commerciali presenti su il territorio nazionale che, con i loro 36.000 negozi (di cui 7.000 a gestione unifamiliare) registrano 2 miliardi di presenze annue. Particolarmente importante il volume d’affari totale dell’industria commerciale che con i suoi 139,1 miliardi di euro ha un’incidenza sul PIL italiano pari al 4%. Dal punto di vista occupazionale, solo i centri commerciali impiegano oltre 587.000 persone, senza considerare l’indotto che generano”.
© Riproduzione riservata