GIUSEPPE MICCICHE’ UN AMORE PER LA CULTURA, LIBRI ED ARTE

Quando negli anni settanta e  ottanta, un adulto leggeva un fumetto si pensava fosse un “minorato” mentale, io invece ho sempre pensato che il fumetto fosse un modo di avvicinare i ragazzi e non solo, alla conoscenza e all’amore per i libri ma anche per la cultura e l’arte. La passione per il fumetto tra le altre cose avvicina i padri ai figli. Quando ancora il museo non era nato ma tutti sapevano che ero un collezionista, mi è capitato che un padre mi chiedesse un fumetto in particolare, ricordo che era il “Piccolo sceriffo”.  Io avevo tutto il pubblicato di quel personaggio e l’ho messo a disposizione. Il padre è tornato con il figlio, e hanno chiesto di tornare ancora. Era la spinta decisiva per concretizzare una passione, un sogno.

Una passione che ha festeggiato il decimo anno di vita del museo del fumetto, quella dell’architetto Giuseppe Miccichè. Una vita, dedicata al fumetto che lo ha portato a mettere insieme oltre cinquecentomila esemplari, che fanno di questo museo se non il più grande il più fornito di tutta l’Italia.

Una passione condivisa dalla famiglia? Per l’architetto assolutamente si.

Per la moglie Lina Canto, una passione a volte condivisa, altre subita.

Subita per le vacanze. Potevano farsi solo nei periodi e nei posti che potessero ospitare anche mostre mercato, e dove si potessero incontrare disegnatori i, collezionisti di fumetti.

Condivisa in progetti mirati come quello che ha coinvolto le quarte e le quinte classi elementari della scuola Portella delle Ginestre a Vittoria. Un progetto dove l’architetto Miccichè ha fatto da insegnante, ha spiegato la tecnica del fumetto.

D: ci spieghi il progetto.

R: I ragazzini hanno letto, riassunto, studiato i costumi dell’epoca e disegnato i Promessi Sposi. Hanno imparato ad amare un romanzo che pochi hanno voglia di studiare. Quando alle scuole superiori lo riprenderanno so che lo faranno con piacere.

D: Chi sovvenziona questo museo?

R: Fino allo scorso anno la Provincia Regionale di Ragusa aveva stipulato una convenzione. Ospitavamo le classi di vari istituti. Quest’anno ha ritenuto opportuno non farlo. Pazienza, vuol dire che quando arriveranno i ragazzini ci faremo pagare un piccolo ticket. Più polemica la signora Canto:

A Lucca il comune, sfruttando anche la vicina mostra mercato del fumetto ha voluto creare un museo, con varie stanze dedicate ai personaggi. Ha investito milioni di euro, ritenendolo non solo un investimento ma un’offerta in più nel campo turistico. Il fumetto attira appassionati da tutto il mondo, sarebbe un valore aggiunto per il territorio. Qui invece non rinnovano le convenzioni.

D: Quale il futuro di questo Museo?

R: Questo Museo serve a me. Qua mi rigenero. Grazie a questo impegno sono andato in pensione con piacere. “ mi ci cuogghiu a salute”

 Lascio ai miei figli la libertà di smantellarlo o tenerlo. E’ comunque la mia eredità.

D: Architetto, non le dispiacerebbe che della sua creatura non rimanesse nulla?

R: No, mi sono goduto l’odore, il tatto di ogni singolo fumetto. Con quello che vale, oggi i miei figli possono scegliere di farsi tutti i viaggi a cui abbiamo rinunciato.

La moglie vorrebbe intervenire ma l’architetto la zittisce con un sorriso.

Eppure dall’espressione della signora Canto si intuisce il dispiacere di non vedere apprezzato il lavoro del marito.

Noi aggiungiamo: Nemo propheta in patria.  Peccato!

 

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