LA POLIZIA GIUDIZIARIA A DISTANZA DI 12 ORE DAL PRECEDENTE, ARRESTA UN ALTRO SCAFISTA TUNISINO.

 La Polizia Giudiziaria ha eseguito il fermo di MAA Naser nato in Tunisia il 015.10.1990 in quanto responsabile del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12  D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286,  ovvero si associava con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari di diverse nazionalità. Il delitto è aggravato dal fatto di aver  procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.  

Il fermato si è reso responsabile di aver procurato l’ingresso in Italia di 229 migranti eludendo i controlli di frontiera in quanto in modo preordinato chiedeva i soccorsi mettendo in serio pericolo di vita tutti i passeggeri prevalentemente di nazionalità Bangladesh, Mali, Ghana, Gambia, Costa D’Avorio e Senegal.

 

I FATTI

 

Alle ore 17.30 del decorso 16.07.2014, la nave “Oreste Corsi Cp906″ della Guardia Costiera, nell’ambito delle attività  di pattugliamento dell’operazione “Mare Nostrum” riceveva l’ordine di dirigersi verso un punto di mare a sud di Lampedusa perché vi erano delle unità in difficoltà. 

Alle ore 20:50 l’unità di soccorso intercettava in posizione un barcone carico di immigrati ed alle ore 21.05 veniva dichiarato l’evento SAR e si effettuavano tutte le procedure tese alla salvaguardia della vita umana in mare. 

Nei momenti successivi  tutti i migranti venivano trasbordati sull’unità di soccorso e le relative operazioni si concludevano alle ore 22:00 con il recupero di complessivi 229 migranti di varie nazionalità di cui 198 uomini29 donne di cui molti bambini anche neonati. 

I predetti venivano, a questo punto trasferiti presso il porto di Pozzallo (RG)  ed ospitati presso il CPSA ivi esistente.  

 

ORDINE PUBBLICO ED ASSISTENZA

 

Le operazioni di sbarco al porto di Pozzallo venivano coordinate dal Funzionario della Polizia di Stato della Questura di Ragusa responsabile dell’Ordine Pubblico. A tali operazioni partecipavano 30 Agenti della Polizia di Stato ed altri operatori delle Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’A.S.P. per le prime cure.

Completate le fasi di assistenza e identificazione da parte dell’Ufficio Immigrazione della Questura, i migranti venivano ospitati al C.P.S.A. di Pozzallo (RG) ed una parte al centro di accoglienza di c.da Cifali a Ragusa in quanto poche ore prima erano arrivati altri 350 migranti.

Contestualmente all’arrivo dei migranti a bordo delle navi, solo in data 18 luglio, l’Ufficio Ordine Pubblico della Questura di Ragusa traferiva mediante autobus gli ospiti degli sbarchi precedenti.

La “macchina” ormai rodata della Questura di Ragusa lavora a pieno regime grazie agli uomini della Polizia di Stato.

Una volta entrati al centro e visitati dai medici, iniziavano le procedure di identificazione da parte degli operatori dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa e del fotosegnalamento della Servizio Centrale  della Polizia Scientifica e del Gabinetto Provinciale di Ragusa.

 

LE INDAGINI

 

Gli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ragusa e del Servizio Centrale Operativo (Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato), collaborati da un’aliquota della Sez. Oper. Nav. della Guardia di Finanza di Pozzallo ed un’aliquota della Compagnia Carabinieri di Modica dovevano ancora terminare le indagini per appurare le responsabilità dello scafista tunisino (successivamente arrestato) dello sbarco avvenuto poche ore prima, ma nonostante questo, una parte degli investigatori si recava subito a bordo del pattugliatore della Guardia Costiera per iniziare una nuova indagine.

In questo caso, gli uomini della Polizia Giudiziaria insieme agli Agenti di Polizia Giudiziaria della Guardia Costiera hanno iniziato congiuntamente ad ascoltare alcuni migranti e le loro dichiarazioni apparivano sin da subito molto importanti.

Anche in questa occasione lo scafista individuato sin da subito dagli investigatori, ha tentato di fingersi un passeggero trasportato da alcuni siriani addossando loro tutte le colpe. Addirittura riferiva che lui era stato costretto a stare tutto il tempo in stiva e che mai era uscito.

Le sue dichiarazioni erano davvero anomale stante il modus operandi fino ad oggi adottato dalle organizzazioni criminali e ben conosciuto dalle Forze di Polizia Italiane.

Il giovane tunisino veniva quindi sottoposto a perquisizione personale e da un esame del telefono cellulare era possibile verificare che lo stesso aveva girato un video delle prime fasi della partenza dove addirittura si vede un’altra barca a fianco a quella da lui governata.

Davanti all’evidenza dei fatti le sue precedenti dichiarazioni cadevano del tutto, difatti non poteva aver girato quel video se fosse stato davvero obbligato a stare sempre giù in stiva.

Dopo una serie di domande incrociate anche questo scafista confessava ed ammetteva le proprie responsabilità, dichiarando agli Agenti: “ho girato il video per ricordo, volevo tenere con me queste immagini perché sapevo che avrei rischiato sia di morire che la galera una volta giunto in Italia”.

È chiaro che gli investigatori della Polizia Giudiziaria non possono fermarsi alle prime confessioni che ricevono, quindi in considerazione di quanto appreso dallo stesso scafista, venivano dapprima rassicurati e successivamente escussi i testimoni che riferivano ogni dettaglio del viaggio e delle condizioni disumane alle quali erano stati costretti in Libia.

Grazie all’aiuto degli interpreti di fiducia della Polizia Giudiziaria provenienti dagli stessi paesi d’origine dei testimoni e perlopiù con le stesse esperienze alle spalle (anche loro pochi anni prima sono giunti in Italia con imbarcazioni clandestine) era possibile raccogliere importanti ed inconfutabili elementi indiziari a carico del tunisino fermato.

Grazie quindi alle testimonianze è stato possibile procedere al fermo dell’indiziato di delitto, reato da lui commesso per quasi 4.500 dollari, per il quale rischia diversi anni di carcere.

La professionalità degli uomini della Polizia Giudiziaria ha permesso di individuare anche questa volta l’autore di questo traffico di migranti ormai diventato sempre più businnes per gli organizzatori libici che in questa occasione, stante quanto dichiarato dai testimoni hanno incassato 1.200 dollari a persona per un totale di oltre 270.000 dollari.

Tutti e 229 migranti si trovavano in Libia ma in capannoni diversi e quando toccava a loro partire, venivano tutti svegliati e messi su alcuni furgoni telonati e trasportati nei pressi di una piccola spiaggia. Da li, a piedi, uomini, donne e bambini si incamminavano per qualche chilometro per raggiungere le piccole imbarcazioni che facendo da spola li caricavano tutti su due diverse imbarcazioni. Ultimate le operazioni di carico le due imbarcazioni partivano come una vera e propria flotta in direzione dell’Italia ma durante la traversata si separavano perché una era più veloce dell’altra.

 

LE TESTIMONIANZE

 

La testimonianza di giovane del Bangladesh:

Sono stato in  Libia negli ultimi diciotto mesi ove ho espletato l’attività di operaio edile alle dipendenze di una ditta libica.  Poiché i pagamenti erano discontinui, al fine di  avere maggiore sicurezza economica,  mi sono determinato  nell’affrontare un viaggio per l’Italia  mettendo da parte il denaro necessario  che avrei dovuto corrispondere alle organizzazioni criminali libiche che   si occupano  di tali  traffici. Tramite un mio connazionale, anch’egli impiegato in Tripoli come operaio edile e  che  conosceva  un personaggio che si interessa dei viaggi  clandestini e diretti in Italia, mi sono procurato un posto  per effettuare la traversata. Al mio connazionale ho consegnato 1.200 dollari,  somma questa corrispondente alla richiesta del trafficante libico.  Ho alloggiato in un capannone    all’interno  del quale erano presenti  quattro o cinque  persone nigeriane che, come me,  erano in attesa di affrontare clandestinamente il viaggio per l’Italia.  Sono rimasto in questo capannone per  circa 40 giorni e, durante tale permanenza,   ci è stato  somministrato  il pasto solo una volta al giorno e in maniera  molto scarsa in quanto esso  consisteva in un piccolo pezzo di pane; non  ci è stata distribuita acqua e ci siamo  rifocillati bevendo esclusivamente l’acqua del  rubinetto del bagno che aveva un cattivo sapore. All’interno di detto capannone  né io, né gli altri  occupanti,  abbiamo avuto libertà di movimento in quanto ci era proibito uscire e  le  tre uscite erano controllate da quattro  personaggi libici che  erano armati di  pistole. Quando alcuni degli occupanti del capannone si sono lamentati con i libici circa la scarsità del cibo, questi  sono  stati  percossi duramente e ripetutamente  tanto che poi hanno rinunciato a qualsiasi tipo di lamentela. Durante tale permanenza  sono sopraggiunte, in giorni  diversi,     altre  cinque persone   per cui, il giorno della partenza,  eravamo diventati  dieci  occupanti, tutti  in attesa di intraprendere il viaggio; la maggior parte di noi erano  debilitati a causa delle  pessime condizioni di vita all’interno del capannone.   L’ultimo  giorno di permanenza presso il capannone si sono presentati,  intorno alle ore 23,00 circa, tre   personaggi libici  e, a gesti, ci hanno fatto  capire che era prossima la partenza  facendoci  uscire dall’immobile e, una volta fatti salire  su  un   furgoncino alla cui guida si trovava un altro personaggio libico, ci hanno condotto in una spiaggia.  Il viaggio dal capannone alla spiaggia ove siamo  stati poi portati è durato circa  mezz’ora e, una volta giunti, abbiamo qui trovato  sette personaggi  libici armati di pistola  ad attenderci. Poco dopo è sopraggiunto  un piccolo gommone  sul  quale siamo stati fatti salire e, con tale mezzo, siamo stati  trasbordati  in  un’imbarcazione in legno che si trovava poco più distante, in acque più profonde. Alla guida del gommone,  che ha effettuato  più viaggi  dalla  spiaggia all’imbarcazione in legno,  si trovava un altro personaggio  libico. Le operazioni   di trasbordo sono durate  circa  quattro ore tanto che, intorno alle ore 3 del mattino,   l’imbarcazione in legno è partita.   Sono stato uno dei primi a salire sull’imbarcazione in legno sulla quale ho notato la presenza di tre personaggi  libici che davano disposizioni circa il posto che  ciascuno di noi doveva  occupare. Io sono stato sistemato  nella  stiva, esattamente  a poppa, vicino al motore.   Preciso che l’imbarcazione sulla quale  sono salito  non era un buone condizioni  ed era piccola per  trasportare  tutte le persone presenti tanto che ho temuto per la mia incolumità.  Per tale motivo  ho pensato di rinunciare al viaggio, ma non l’ho  fatto  perché avevo  fatto tanti sacrifici per procurami i soldi  per  la traversata ed ero sicuro che i libici non me li avrebbero restituiti in caso di rinuncia.   Al termine dei vari  trasbordi sull’imbarcazione in legno erano presenti  molte    persone,  tutte quelle che siamo poi state soccorse ed eravamo talmente tante che eravamo costretti a rimanere  accucciati e molto vicini  l’uno all’altro.

Il sovraffollamento sull’imbarcazione era effettivamente eccessivo e tale fatto avrebbe potuto pregiudicare da un momento all’altro la vita di tutti quanti. Non  ci   è mai stato somministrato cibo ed io  ho bevuto l’acqua che avevo già portato  con me all’interno di una  bottiglia.

La navigazione dell’imbarcazione  non è stata  favorita dal moto ondoso per cui alcuni di noi hanno  sofferto di mal di mare dando di stomaco.  Chi, come me, stava nella stiva aveva maggiori problemi  in quanto, appena  detto ambiente si è riempito,  un personaggio libico ha chiuso il boccaporto.  Molti  di noi, me compreso,  abbiamo cominciato a piangere dalla disperazione a causa della mancanza d’aria e dell’alta temperatura. Infatti, dopo circa  cinque ore di navigazione che a me sono parse interminabili,  qualcuno ha aperto il boccaporto.

Omissis…lo spegnimento dei motori è avvenuto  all’avvicinarsi della nave  della  Guardia Costiera  che ci ha soccorsi. Siamo stati trasbordati tutti in detta nave  e, benché molto stremati fisicamente, nessuno degli occupanti ha perso la vita.  

 

 

LA CATTURA

 

Le indagini condotte dagli investigatori durate 22 ore continuative, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto il responsabile del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Ogni migrante ha pagato in media 1.200 dollari  per un totale di oltre 270.000 dollari circa che sono andati quasi tutti agli organizzatori e così come riferito dallo scafista a lui sono andati 3.500 dollari.

Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria coordinata dalla Procura della Repubblica di Ragusa gli investigatori hanno catturato lo scafista e dopo le formalità di rito e l’identificazione da parte della Polizia Scientifica è stato condotto presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea impegnata in prima linea sul fronte immigrazione, considerato che dopo il fermo iniziano tutte le fasi processuali particolarmente complesse.

 

 

LA GESTIONE DELL’ORDINE PUBBLICO

 

La Polizia di Stato responsabile dell’Ordine Pubblico sta gestendo la “macchina” organizzativa con grande dedizione permettendo un fluido arrivo e contestuale partenza verso altre mete dei migranti a bordo dei charter messi a disposizione del Ministero dell’Interno così come accadrà anche nella data di oggi.

Gli uomini e le donne della Polizia di Stato stanno dando grande esempio di professionalità e spirito di abnegazione in considerazione della gestione degli arrivi, l’identificazione, le indagini di Polizia Giudiziaria ed i trasferimenti, così come tutto il lavoro che inizia nelle fasi successive allo sbarco.  

L’Ufficio Ordine Pubblico per disposizioni del Questore di Ragusa Giuseppe Gammino sta organizzando partenze per altri centri anche in considerazione del fatto sono appena sbarcate altre centinaia di persone.

 

 

 

BILANCIO ATTIVITA’ POLIZIA GIUDIZIARIA

 

Sino ad oggi, solo nel 2014 sono stati arrestati 68 scafisti dalla Polizia Giudiziaria a Pozzallo e sono in corso numerose attività di collaborazione tra le Squadre Mobili siciliane (coordinate dal Servizio Centrale Operativo) al fine di permettere scambi informativi utili per gestire indagini sul traffico di migranti dalle coste libiche a quelle Italiane.

Per scaricare il video, basta cliccare, o richiamare nel browser, il seguente link:
http://www.poliziadistato.tv/c_rZXzSGNr9R

2° video realizzato dalla Polizia di Stato Al link il video dell’operazione.

Per scaricare il video, basta cliccare, o richiamare nel browser, il seguente link:
http://www.poliziadistato.tv/c_FpTK5PVGlF

 

 

 

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