VITE VENDUTE

Quale presunta consolazione si può trarre da lunghe statistiche che evincono dati allarmanti di storie distorte, sconvolgenti, spesso violenti con protagonisti minori?

Secondo l’art. 34 dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (ONU) gli Stati parti si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfrutta­mento sessuale e di violenza sessuale.

Si stima che, solo nel 2003, il mercato del sesso abbia coinvol­to dai 2 ai 3 milioni di bambini o adolescenti in Thailandia, dai 40.000 ai 200.000 nelle Filippine, dai 70.000 ai 100.000 in Giappone, circa 2 milioni in Brasile, 25.000 nella Repubblica Domi­nicana, 60.000 in Russia.

Ma sono molti di più se si considerano gli altri Paesi dell’ex blocco sovietico (Bulgaria, Romania, Ucraina) e i territori della penisola bal­canica (Kosovo, Albania, Serbia e Montenegro). In Italia, il 35% delle 50.000 donne straniere coinvolte nel mercato della prostituzione ha un’età compresa tra i 14 e i 18 anni. Nel 2003 tra 18mila e 25mila, in gran parte minorenni, provenienti soprattutto da Africa e Balcani, sono passate l’anno scorso dall’Italia per finire sui marciapiedi di mezz’Europa per prostituirsi. In prima fila, nel triste primato dei pae­si esportatori di minorenni destinate alla prostituzione c’è la Nigeria, seguono i Paesi dell’Est Europa e Balcani. In aggiunta, i produttori di pedo-pornografia diffondono e difendono un giro d’affari di migliaia di miliardi: il prezzo delle fotografie in rete varia dai 30 ai 130 euro; i cd con i “cataloghi” sono offerti a 78-104 euro l’uno; i filmati valgono 260 euro, o molto di più, se in essi compaiono scene sado-maso o di violenza sessuale estrema. Il mercato della chicken porn (pornografia minorile) conta, ogni anno, circa 250 milioni di copie di video vendu­te in tutto il mondo.

Vite vendute per 10 o 20 birr, la moneta etiopica, cor­rispondente a uno o due euro: sarebbe questa la sorte per alme­no 20.000 bimbi o adolescenti ogni anno in Etiopia. È questa la drammatica denuncia dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni: ne ha dato notizia radio Nairobi. La tragedia colpisce fanciulli tra i 10 e i 18 anni: vengono presi alle poverissime famiglie contadine con il pietoso pretesto, a cui nessuno crede realmente, che saranno condotti in città a studiare.

In realtà le bimbe diventano serve o prostitute, o tutte e due le cose; i ragazzi, di fatto, schiavi, lavorando senza sosta per salari di pochi euro, comunque meno di 10, al mese: quando lo ricevono.

Ogni anno, in Italia, le Forze dell’Ordine avviano circa 3.000 ricerche di minori scomparsi. Anche se questa cifra, nel giro di un anno, si riduce di oltre l’80%, il fenomeno è socialmente rilevante e anche difficile da classificare. Un minore, infatti, può “scomparire” per tutta una serie di motivi: dal rapimento vero e proprio, operato da un estraneo, alla sottrazione attuata da un familiare, alla fuga volontaria.

Così, il concetto di “scomparsa” comprende tutte quelle situazioni in cui si perdono le tracce di un minore, indipendentemente dalle cause, volontarie o meno, del suo allontanamento.

L’analisi dei dati relativa agli anni dal 2000 al 2005 e ancora pendenti in banca dati alla data del 6 ottobre 2005 parla di 1. 178 casi ancora inseriti nell’archivio delle ricerche di minori scomparsi: all’apposita “sezione Minori” della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato compete la gestione del sito www. bambiniscomparsi. it, che pubblica i casi di scomparsa con le foto dei minori e ogni altra notizia utile al loro ritrovamento.

Nessun fanciullo dovrebbe essere sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Eppure questi poveri fanciulli hanno subìto tutto ciò.

Come continuare a soffrire soprattutto il tormento di tali condizioni?

Troy, americano, aveva 15 anni quando uccise il padre che abu­sava di lui. Adesso è un ventiquattrenne che sconta l’ergastolo in un carcere dell’Arkansas: «Sarei pronto – racconta dalla cella – a offrirmi per le missioni più rischiose, a andare a combattere in Af­ghanistan o a essere spedito su Marte, se mi offrissero la possibilità di finire la mia vita facendo qualcosa di buono». Come Troy, migliaia di detenuti americani che hanno ricevuto una sentenza a vita per cri­mini commessi da ragazzini sperano in un’altra possibilità. Questi ragazzi non hanno avuto alcuna possibilità di libertà condizionale anche se non avevano precedenti penali.

Gli standard internazionali per i diritti umani e i trattati interna­zionali proibiscono l’esecuzione di minori di 18 anni al momento del reato.

Gli Stati parti dovrebbero adottare ogni adeguato provvedimento per agevolare il recupero fisico e psicologico e il reinserimento sociale di ogni fanciullo vittima di ogni forma di negligenza, di sfruttamento o di maltrattamenti; di torture o di ogni altra forma di pene o di trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Questo tipo di recupero e reinserimento dovrebbe svolgersi in condizioni tali da favorire la salute, il rispetto della propria persona e la dignità del minore. Il minore ha assolutamente il diritto a un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, e gli stati coinvolti dovrebbe agire in modo da concretizzare e rafforzare il rispetto per i diritti del­l’uomo e le libertà fondamentali e che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo all’interno di quest’ultima.

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