VIAGGIO NELLA VITICOLTURA LIGURE

Questo è il primo articolo, di una serie che seguirà, sulla variegata realtà della viticoltura ligure, purtroppo ancora poco conosciuta o totalmente sconosciuta a gran parte dei consumatori.

La Liguria, come tutta la Penisola, possiede un’antica tradizione vitivinicola, documentata da molte fonti d’epoca romana, ma risalente secondo le fonti archeologiche al VI secolo a.C. Le fonti scritte sono d’epoca romana e in esse si attesta come la coltura razionale della vite fosse destinata alla produzione di vino. Tra gli altri, Plinio il Vecchio aveva definito gli abitanti che occupavano l’attuale Liguria come degli esperti vinificatori, soprattutto l’attuale provincia de La Spezia, che oggi produce la metà dei vini liguri, era rinomata per il vino. Il Corneliae, prodotto a Corniglia, era vino molto celebre a Roma.

Con le invasioni barbariche, però, inizia un periodo buio per la viticoltura ligure, di cui si perdono le tracce. Bisognerà attendere il Tardo Medioevo per avere nuove fonti in proposito. Come in tutta Europa, saranno soprattutto le istituzioni ecclesiastiche a lasciare fonti sulla viticoltura, ma anche a sostenere la sua coltivazione. Si è a conoscenza, così, del fatto che la coltivazione della vite era ampiamente praticata nella riviera di Ponente e nello spezzino. Questo periodo è una sorta di rinascimento del vino ligure che si protrae fino al Seicento. Il vino in Liguria, non solo viene prodotto, ma anche è commercializzato fuori dai confini, tanto da spingere lo scrittore Cervantes a citarlo nelle “Novelas Ejemplares”.

Questo periodo florido finisce col sopraggiungere della crisi economica genovese, dovuta al sorgere di nuovi concorrenti, come l’Olanda, e dallo spostamento delle rotte mercantili, non più incentrate nel Mediterraneo. Non fu il solo fattore a mettere in crisi la produzione del vino ligure. La propensione genovese di adeguarsi alle richieste del mercato avrà come conseguenza lo sradicamento di vari ettari coltivati a vite a favore di altre colture, soprattutto dell’olivo. Il colpo di grazia verrà inferto dalla fillossera che colpirà la regione nell’Ottocento e si proietterà fino al dopoguerra.

Tutt’oggi la viticoltura ligure vive una realtà abbastanza complicata, o quanto meno molto variegata. Da una parte le enormi difficoltà che presenta l’andamento territoriale della regione, che rende in molte parti difficile la meccanizzazione della manodopera; dall’altra, tanti proprietari di vigneti che si dedicano alla viticoltura solo nel tempo libero. Non facilitano, inoltre, la situazione i fattori climatici, che in certe occasioni possono compromettere la vendemmia in certe zone, e l’enorme varietà di vitigni presenti in Liguria, importati durante l’epoca d’oro della repubblica marinara di Genova.

Per quanto riguarda il territorio ligure, esso è in gran parte montuoso; le montagne spesso s’innalzano direttamente dal mare, e per una minor parte collinare. Molte zone particolarmente vocate alla viticoltura, sono poi caratterizzate da un terreno formato da detriti alluvionali. Terreno questo che in caso di forti piogge può compromettere il vigneto. Basti ricordare l’alluvione del 25 ottobre 2011, che ha danneggiato fortemente Monterosso al Mare, centro di particolare importanza per la produzione del vino. Se in passato la ristrettezza territoriale non era un problema, visto che la produzione di vino era limitata ovunque, con l’aumento della coltivazione della vite, i vini liguri hanno visto crescere in modo smisurato i numeri della concorrenza. Lo spazio destinato ai vigneti è molto ristretto, basti pensare che la Sicilia conta  circa 130.000 ettari vitati, mentre la Liguria solo 5000. Essa, infatti, è una delle produzioni più basse d’Italia.

Un altro problema può essere dovuto agli eventi climatici. Sebbene il clima sia in gran parte mite, poiché, da una parte, il mare si occupa di mitigare le temperature, dall’altra la catena alpino-appenninica fa da barriera naturale ai venti freddi provenienti dal nord. Le piogge sono poco frequenti, ma quando presenti sono pericolosamente abbonanti. Ovviamente il clima non presenta ovunque le stesse caratteristiche. Zone come Savona e Genova si caratterizzano per repentini sbalzi di temperatura, che nelle zone non riparate rende impraticabile o complicata la coltivazione della vite.  Vi è un altro elemento che a volte può creare qualche problema: i venti. Sebbene quelli freddi provenienti da nord trovino nelle catene montuose una barriera, vi sono anche venti provenienti da sud che possono portare umidità e compromettere lo stato fitosanitario delle uve.

Infine, nonostante la limitata produzione, la Liguria conta una varietà molto vasta di vitigni e solo il vermentino e, in minor misura, il pigato sono reperibili nella grande distribuzione, ad eccezione ovviamente di quella ligure.

La produzione ligure ha, però, molto da dire e lo si vedrà prossimamente. Anche se essa resta comunque una produzione di nicchia per pochi appassionati, a causa dei numeri molto limitati.

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