È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
VI Vittoria Peace Film Fest 2018. “1945” di Ferenc Török è il Miglior Lungometraggio
14 Dic 2018 08:47
*1945* dell’ungherese Ferenc Török è il “Miglior Lungometraggio” del *VI Vittoria Peace Film Fest*, la kermesse internazionale “sulle declinazioni della pace” al cinema diretta da Giuseppe e Luca Gambina, in programma dal 10 al 13 dicembre 2018, nella Multisala Golden di Vittoria, in provincia di Ragusa. La cerimonia di premiazione è avvenuta stasera in una Sala 2 affollata di numerosi cinefili, soprattutto studenti. La giuria del festival, presieduta dall’attore Angelo Orlando e composta dalla produttrice Linda Di Dio, dall’esperta di problematiche sociali Rosa Parisi Gesù e dalla sceneggiatrice Elena Russo, ha deciso di premiare *1945.*
Il film racconta un episodio accaduto durante un afoso giorno di agosto del 1945, in un villaggio ungherese. Mentre gli abitanti si preparano per il matrimonio del figlio del vicario, un treno lascia alla stazione due ebrei ortodossi, uno giovane e l’altro più anziano. Sotto lo sguardo vigile delle truppe occupazioniste sovietiche, i due scaricano dal convoglio due casse misteriose e si avviano, lentamente, verso il paese. Il precario equilibrio che la guerra appena terminata ha lasciato sembra ora minacciato. In tutta la comunità si diffondono rapidamente la paura e il sospetto che i tradimenti, le omissioni e i furti, commessi e sepolti durante gli anni di conflitto, possano tornare a galla.
«*1945* è il Miglior Lungometraggio – si legge nelle motivazioni della giuria – per aver saputo rappresentare, attraverso un impianto drammaturgico sapientemente orchestrato, un aspetto inedito della Shoah. Per il ritmo avvincente che trascina lo spettatore in un crescendo di sospensioni che si reggono sul non detto. Per la fotografia che, servendosi di un formidabile bianco e nero, mette in evidenza i conflitti interiori dei personaggi, rei di inconfessabili colpe».
La giuria ha assegnato il “Premio Speciale”, intitolato allo storico del cinema Sebastiano Gesù, al film *La Educación del Rey* dell’argentino Santiago Estevez, «per aver saputo tratteggiare, contaminando linguaggi e generi diversi, tra il thriller e il western, una storia ricca di forte spirito neorealista nel contesto inusitato della periferia argentina». Al centro del racconto si trova Reynaldo, per gli amici “el Rey”, un re sbandato e senza regno. Un ragazzo scappato di casa e catapultato dal fratello nella malavita di Mendoza. Il suo battesimo del fuoco è il tentativo finito male di svaligiare un ufficio. Da quella notte, a causa dell’allarme scattato anzitempo e di una fuga riuscita solo in parte, il giovane è costretto a rispettare le regole propostegli da Vargas, ex guardia giurata nel cui giardino “el Rey” è precipitato, facendo non pochi danni, durante il tentativo di sottrarsi all’arresto. I due troveranno sorprendentemente un modo di intendersi.
Il “Miglior Cortometraggio” è *Okike* di Edoardo Ferraro, «per aver saputo raccontare, coniugando realismo e ironia, il dramma dei richiedenti asilo, promuovendo i valori dell’accoglienza e dell’integrazione partecipata». Il corto narra la storia di un ragazzo africano che stringe tra le sue mani emozionate un piccole lettore dvd, su cui ha appena fatto partire “il suo film”: *Okike*. Davanti a lui, una commissione lo osserva perplessa, sforzandosi di seguire il suo racconto.
Il “Miglior Documentario” è *Che la maledizione sia dannata* di Laura Ghiandoni, «per aver saputo raccontare un tema di scottante attualità come quello della tratta delle giovani nigeriane, con un linguaggio asciutto e privo di retorica, basandosi sulle testimonianze di chi è riuscito a sottrarsi ad un destino di schiavitù». Il documentario mostra una storia ambientata nel marzo di quest’anno, in Nigeria, a Benin City, una delle basi di partenza principali per il traffico di esseri umani. L’Oba Ewuare II, la massima autorità religiosa animista riconosciuta nella regione, ha pronunciato, in una cerimonia pubblica, un anatema contro i giuramenti juju, quella sorta di rituali voodoo con cui i trafficanti vincolano psicologicamente le donne vittime di tratta, e le avviano inesorabilmente a prostituirsi sulle piazze europee ed italiane in particolare.
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