VALENTINA RAFFA MIETE SUCCESSI ANCHE A POTENZA

“Desidero rivolgere un pensiero affettuoso ai tanti che col tempo e nel tempo sono riuscita ad aiutare. Quelli per cui non ho dormito la notte , quelli per cui ho sofferto, battagliato sempre in nome della giustizia. Diverso il grado di tormento ma il risultato è la mia Shira cui auguro con tutto il cuore di volare per sempre”. Così conclude Valentina Raffa il suo primo romanzo Shira. L’angelo nero, Arduino Sacco Editore. Il 26 e 27 marzo il libro è stato presentato in Basilicata a Potenza, in occasione della Fiera dell’autore organizzata dall’Arduino Sacco editore e da Publicom. Una due-giorni dedicata alla cultura, durante la quale gli autori hanno incontrato il pubblico per illustrare le loro opere e hanno risposto alle svariate curiosità dei lettori.

“Ci sono libri che nascono da un’urgenza – afferma il giornalista Mario Bonanno autore dell’introduzione – libri scritti per “stato di necessità”. Il romanzo è ascrivibile all’interno del genere “fantasy”, con reminiscenze gotico-romantiche e vampiresche ma il romanzo è molto di più”. Bonanno lascia intuire che chi si accinge a leggere Shira deve far necessariamente i conti con un racconto che partendo da un genere lo trascende per farne pretesto e diventare un genere a sé. “Chi si aspetterebbe una lettura di pura evasione rischia di rimanerne profondamente deluso incentrato com’è nella dialettica Bene/Male spesso ne sfrangia le coordinate” Bonanno poi definisce Shira un romanzo fosco, cupissimo, filosofico e di denuncia al contempo. Un romanzo in cui niente viene risparmiato. “L’autrice parteggia per la sua eroina ma non per questo la esime dal tormento dell’anima.

Ciò che impressiona leggendo il libro è che non c’è gioia, non c’è trionfo, compiacimento nel compiere giustizia in nome del bene come se la Raffa tenesse sempre presente il lato umano del Male e in qualche modo parteggiasse anche per l’uomo disperato e disumanizzato che ha compiuto quell’atto”. Leggendo le pagine del romanzo incontriamo un’eroina icona del Bene che combatte il Male ma che ha anche le caratteristiche tipiche dell’antieroina nella sua solitudine, nel sentire rimorso,dolore senza soluzione di continuità. “[…] il mio nome è Shira – gli disse – sono qui per mantenere la mia promessa […] eccomi qui a prenderti con me se vorrai essere mio, se vorrai stare al fianco della giustizia eterna, se vorrai soffrire con e come me per la cattiveria del genere umano, che soggioga i più deboli, li sfrutta, li usa, li tortura e li uccide […] non credere che ciò sarà facile soltanto perché è giusto: ogni verdetto emesso contro un reo sarà doloroso per un cuore puro come il tuo […] Soffrirai quando il tuo cuore debole, a confronto di quanto dovrà sopportare, si rattristerà anche per quei miserabili che dovrai giustiziare”. Ecco in queste parole si esaurisce quel concetto della sofferenza dell’eroe umanizzato. Ci piace ripensare alle parole dell’autrice e sorridere all’idea che Shira a volte esiste davvero in chi si spende per la giusta causa, in chi sa dare senza chiedere, in chi non dorme la notte ripensando alle ingiustizie…anche a quelle causate, a volte, involontariamente.

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