UN’ISOLA DI VINO DA SCOPRIRE

La viticoltura in Sardegna ha attraversato, durante gli anni e con le dovute eccezioni, vicende simili a quella siciliana e a molte regioni del sud. Se in un passato non tanto remoto, la Sardegna, come la Sicilia, era considerata solamente per i suoi vini dal grande potenziale alcolico da destinare al taglio con i vini magri del nord, negli anni Ottanta, con l’esaurirsi dei sussidi per la viticoltura, essa ha subito una battuta d’arresto, che ha portato a una progressiva riduzione della superficie vitata, al punto da non raggiungere neanche un terzo di quella siciliana.

Questa battuta d’arresto ha segnato l’attuale ritardo in materia di ammodernamento dei sistemi di vinificazione, ma anche le difficoltà di espansione sul mercato internazionale. Così, mentre in Sicilia sorgevano numerose cantine, al punto da far sorgere l’ombra della speculazione, in Sardegna erano poche le cantine pronte a confrontarsi con il mercato internazionale. Con l’avvento della crisi, la Sicilia si è trovata indubbiamente con una sovrapproduzione, ma ancora in grado di confrontarsi con il mercato estero e di risolvere i problemi sorti, nonostante l’eccessivo riferimento al marketing stia mettendo a nudo i limiti della viticultura siciliana. La Sardegna, invece, si è affacciata al mercato troppo tardi e, con la crisi che sta imperversando, alcune cantine giovani e poco conosciute si trovano scoperte, senza poter attingere ai sussidi nel momento più critico, ossia quando ancora non si è riusciti a normalizzare la produzione.

Se a livello produttivo la Sardegna e la Sicilia hanno attraversato un passato simile, per quanto riguarda le radici della viticoltura, le due regioni si differenziano notevolmente. Mentre la viticoltura siciliana è fortemente legata alla Grecia, quella Sarda trova un forte legame anche con quella spagnola. È ormai certo che i vitigni più importanti della Sardegna, come il bovale, il carignan e il cannonau sono tutti d’origine spagnola, dove vengono chiamati bobal, cariñena e garnacha.

Nel 1708 con la fine del dominio Aragonese, l’isola passa sotto il dominio dei Savoia. È in questo periodo a cui si può far risalire la presenza del nebbiolo, uva per eccellenza piemontese, in Sardegna. Una presenza comunque limitata, anche perché i risultati non sono stati molto incoraggianti, soprattutto se inevitabilmente paragonati con i nebbiolo delle Langhe.

Anche la costa francese e ligure hanno lasciato un’ impronta in Sardegna. Il vermentino, vitigno che ha ottenuto grande successo tra i turisti habitué della Sardegna, trova la sua origine nel litorale ligure e francese, dove è conosciuto come pigato nella prima e rolle nella seconda.

Nonostante la Sardegna fosse ed è ancora conosciuta soprattutto per il vino Vermentino di Sardegna, l’isola risulta più interessante per i vini rossi, in particolare per il Cannonau di Sardegna e, più interessante, il Carignano del Sulcis. Vini questi, soprattutto il carignano, in grado di andare oltre la semplice definizione di gradevole. Anzi, il Carignano del Sulcis, quando trattato a dovere, è capace di regalare sensazioni molto interessanti e complesse, anche senza l’apporto della barrique.

Sebbene il momento sia grave e l’incertezza sia tanta sul destino di molte aziende, la Sardegna grazie ad alcuni nomi, in particolare ad alcune etichette, è riuscita a ritagliarsi uno spazio anche nel mercato estero, imprescindibile oggigiorno per la sopravvivenza di molte aziende, ridotte a vendere solamente o quasi esclusivamente al mercato estero.

(Giuseppe Manenti)

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