UNA TRE GIORNI AD ‘ALTA GRADAZIONE’ CULTURALE

Venerdì 12 giugno a Caldonazzo (Tn), si è aperta la quinta edizione  di TRENTINO BOOK FESTIVAL. Una kermesse letteraria, che ospita  i più importanti nomi della letteratura  contemporanea e del giornalismo. Moltissimi gli eventi, mostre, dibattiti, presentazione di libri e incontri con scrittori, giornalisti, musicisti… una eccellenza culturale e non solo per il Trentino e Caldonazzo. Una tre giorni ad ‘alta gradazione’ culturale. Aldo Cazzullo, notissimo scrittore e giornalista ha presentato magistralmente due suoi libri “La guerra dei nonni” e “Possa il mio sangue servire. Uomini e donne della resistenza”. Ho chiesto un’intervista all’autore, che con estrema cortesia e disponibilità, sebbene con poco tempo a disposizione, mi ha concesso.

 

Dott. Cazzullo, il suo libro “La guerra dei nonni” perché ha questo il titolo?

Perché mio nonno paterno era un ragazzo del ’99, e della guerra non parlava mai. Raccontava solo che era stato fatto prigioniero e rischiò di morire di fame!

Centomila italiani morirono di fame nei campi di prigionia austriaci, anche perché l’Italia fu l’unico paese che impedì alle famiglie di mandare viveri ai prigionieri,  considerati alla stregua dei disertori.

Il nonno parlava del custode del campo  che un giorno sollevò la rete per consentire a lui e ai suoi amici  di  andare a raccogliere le patate per riempirsi la pancia e non morire di fame. E’ l’unico austriaco di cui parlava volentieri.

Della guerra non parlava mai, ma io capivo che  aveva l’orgoglio di averla fatta e sentivo che per quella generazione il Piave era il loro capolavoro. Erano orgogliosi di aver salvato l’Italia sul Piave.

Mio nonno è stato fatto prigioniero sui Monti Carpazi e il suo?

Suo nonno era trentino e ha fatto la guerra in Galizia e sui Carpazi, combattendo contro i russi. Mio nonno essendo italiano, ha combattuto ed è stato fatto prigioniero sull’Isonzo.

Cosa ne pensa della celebre frase di Ungaretti “Le guerre sono tutte stupide, ma questa è particolarmente stupida”?

Non ho presente questa specifica frase di Ungaretti, ma partito volontario, cambiò poi idea: andò a trovare un suo amico che lavorava  al Comando Supremo e cominciò a dire che i generali erano pazzi, e mandavano all’assalto i loro uomini senza tenere minimamente in conto le loro vite.  L’amico gli disse: “Parla piano, perché qui vicino c’è il generale Diaz!”, che  non   era ancora capo di Stato Maggiore, infatti è stato prima di Caporetto, però era già uno dei più importanti. Ungaretti alzò ancora di più la voce dicendo: “Che mi senta allora, che sappia che i generali sono pazzi!”. Decisamente Ungaretti disapprovava il modo in  cui la guerra veniva condotta, però nonostante questo lui amava l’Italia.

Sì, all’inizio è stato interventista.

Infatti la grande guerra era meglio non farla. Sicuramente non andava fatta in quella maniera, con queste ondate di attacchi sconsiderati, con sacrificio di vite umane spaventoso. Cioè i generali italiani dimostrarono un grande disprezzo per le vite dei loro uomini su questo non c’è dubbio e va ricordato. Così come va ricordato il sacrificio.

Penso che la Grande Guerra per l’Italia va divisa in due. Una prima parte, si tratta di andare all’attacco di montagne, prendere città in cui nessuno era mai stato nominare con sofferenze inenarrabili, poi c’è il Piave  e lì la guerra cambiò un po’ natura: si tratta di difendere la patria e i nostri nonni che erano contadini fecero quello che sapevano meglio fare: badare alla terra e difendere la loro famiglia. Impedire che anche le donne italiane subissero quello che era stato fatto delle donne del Veneto occupato, dove gli austriaci si comportavano molto male.

E la guerra di trincea? È durata tutto il conflitto!

Per resistere alle trincee, bisognava uscire al di fuori di se stessi, bisognava dire “io non sono qui, io sono altrove! Mi sta succedendo questo, ma io sono da un’altra parte“. E non tutti poi riuscivano a rientrare dentro se stessi. Alcuni fanti impazzirono, i manicomi si riempirono di scemi di guerra, addirittura non c’erano neanche i nomi per indicare le loro malattie. Alcuni venivano definiti ‘austrofobi’, perché vedevano austriaci dappertutto. Nel manicomio di Teramo c’era un fante che passava tutto il giorno a contare, si chiamava Angelo  “Ma Angelo cosa conti?” “Non vedi? Conto i morti”. Lui era incaricato di contare i morti nella trincea, ed era impazzito.

E che mi dice delle armi, quelle che hanno cominciato a usare proprio  nella I Guerra Mondiale? Gli aerei, i carrarmati, ma soprattutto i gas che fu un’arma spaventosa per i danni che fece l’iprite…

Sì, fu qualcosa che sconvolse completamente gli uomini che non erano assolutamente preparati a questa cosa: la scoperta della guerra chimica! Nel libro racconto della prima volta che vennero usati i gas in  Italia. E lo stupore, l’orrore di questi uomini che non capivano; le prime maschere antigas erano assolutamente insufficienti; i manuali militari davano delle istruzioni ridicole perché dovevano fare  tutta una serie di operazioni mentre arrivava il gas e la speranza era che il vento girasse e riportasse il gas a chi l’aveva lanciato.

Le industrie di guerra si sono arricchite in modo spaventoso. Ad esempio quelle italiane che all’inizio del conflitto con un fatturato di pochi milioni di lire, alla fine arrivava a centinaia di milioni, proprio sfruttando questa situazione di belligeranza…

Distinguiamo, di sicuro ci furono quelli che approfittarono della guerra, c’erano gli interventisti che speravano nella guerra per fare affari. sfruttavano la situazione. Ci furono quelli che mandarono materiale scadente e altri che lo mandarono buono.

Carlo Emilio Gadda era arrabbiatissimo con lo stato maggiore perché riforniva i soldati di  materiale scadente, nel suo “Diario di guerra e di prigionia” ebbe a dire tra l’altro: “ora tutti declinano le responsabilità: i fornitori ai materiali, i collaudatori ai fornitori, gli ufficiali superiori agli inferiori attribuiscono la colpa; tutti si levano dal proprio posto quando le responsabilità stringono…”

Appunto.

Mi dispiace, ma devo concludere qui, perché devo partire subito  per Milano. Ma dato che lei scrive per RagusaOggi, voglio segnalare l’uscita  del nuovo libro ”POSSA IL MIO SANGUE SERVIRE  Uomini e  donne  della resistenza”, ed evidentemente si tratta della seconda guerra mondiale, c’è questa lettera, scritta da un ragusano  Antonio Brancati 23 anni studente siciliano di Ispica (Ragusa),  che fu catturato in un rastrellamento in Toscana e fucilato insieme ad altri 10 compagni, il 22 marzo 1944.

Scrive una bellissima lettera  ai genitori che io cito nel libro.

 

“Carissimi genitori,

non so se mi sarà possibile potervi rivedere, per la qual cosa vi scrivo questa lettera. Sono stato condannato a morte per non essermi associato a coloro che vogliono distruggere l’Italia.

Vi giuro di non aver commessa nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all’Italia, nostra amabile e martoriata Patria.

Voi potete dire questo sempre  a voce alta dinanzi a tutti.

Se muoio, muoio innocente.

Vi prego di perdonarmi  se qualche volta vi ho fatto arrabbiare,  vi ho disobbedito, ero  allora un ragazzo.

Solo pregate per me il buon Dio. Non prendetevi parecchi pensieri. Fate del bene ai poveri per la salvezza della mia povera anima. Vi ringrazio per quanto avete  fatto per me e perla mia educazione. Speriamo che Iddio vi dia giusta ricompensa.

Baciate per me tutti i fratelli: Felice, Costantino, Luigi, Vincenzo e Alberto e la mia cara fidanzata.

Dispiacente tanto  se non ci rivedremo su questa terra; ma ci rivedremo lassù, in un luogo più bello, più giusto e più santo.

Ricordatevi sempre di me.

Un forte bacione

Antonio

 

Sappiate che il vostro Antonio penserà sempre a voi anche dopo morto e che vi guarderà dal cielo.” 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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