UN AUTENTICO VULCANO PER RICORDARE LA NOSTRA ORIGINE

Un giorno Patri Mastru vagava per le campagne dell’altopiano quando venne fermato da un gruppo di “cavalieri”. “Patri Mastru, chiè no rati u putiri?” chiedono i nobili. “U putiri è vuostru!” risponde il santo uomo.

Subito dopo Patri Mastru incontra un gruppo di religiosi:

“Patri Mastru, chiè no rati u putiri?”

“No, u putiri u resi e cavalieri”

“ma cchiè tuttu?”

“no tuttu, u tuttu è vuostru”

Successivamente Patri Mastru incontra un gruppo di massari.

Patri Mastru, chiè no rati u putiri?”

“No, u putiri u resi e cavalieri”

“ma cchiè tuttu?”

“u tuttu è re parrini”

“allura nunn’arristau mancu a spranza”

“a spranza è vostra”

Poco dopo Patri Mastru incontra un gruppo di “iurnatari”

Patri Mastru, chiè no rati u putiri?”

“No, u putiri u resi e cavalieri”

“ma cchiè tuttu?”

““u tuttu è re parrini”

“allura nunn’arristau mancu a spranza”

“a spranza è re massari”

“allura siemu nte bruogghi”

“i bruogghi su vuostri”.

Con questa simpatica storiella è possibile sintetizzare la vivacissima e fortemente istruttiva relazione che il professore Raffaele Antoci ha tenuto al Centro Servizi Culturali di Ragusa in occasione della presentazione del suo ultimo libro: “Riuorditi”. Edita dalla “Genius Loci” (casa editrice ragusana nata da poco ma già impostasi nel panorama culturale cittadino con una serie di ottime pubblicazioni soprattutto nell’ambito della storia patria), l’opera di Antoci è una summa davvero molto ricca di aneddoti, antichi modi di dire, ricette e proverbi dell’altopiano, con una notevole massa di inediti, di parole “recuperate all’ultimo momento”, intendendo dire che Raffaele Antoci, dall’alto dei suoi oltre settanta anni e soprattutto fornito di incredibile memoria, ha scritto pagine che perpetueranno il ricordo – che altrimenti sarebbe andato inevitabilmente perduto – di piatti tipici, di proverbi ed anche di semplici e singole parole utilizzate dai nostri avi per indicare lavori, oggetti, situazioni, festività pagane e religiose.

Gaudenzia Flaccavento e Giovanni Firrito, i due insegnanti chiamati dalla casa editrice a coadiuvare Raffale eAntoci nella presentazione del libro hanno faticato non poco a “contenere” la verve dell’autore, un autentico vulcano che necessita di uno spunto, anche minimo, per avviare un discorso ora sulla raccolta e la conservazione dei capperi, ora sulla differenza tra un tipo ed un altro di “sfuogghiu” (tipica pietanza ragusana che è impossibile riscontrare altrove) ed ora sulla fame, proprio così, la “fame” di non poche famiglie ragusane ancora molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, con ragazzini che a stento superavano l’età adolescenziale tra anemie e malattie tipiche di un organismo sottoalimentato.

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