Storia di un presunto abuso di potere in una scuola di Ragusa. La segnalazione di un dirigente

Riceviamo e pubblichiamo una segnalazione che ci arriva da una scuola paritaria di Ragusa. Un agente di polizia ha rifiutato di identificarsi ad un dirigente della scuola chiedendogli di togliere dei rifiuti che erano in attesa di essere ritirarti. Questa, la sua storia:

“Sono il Dirigente di una scuola paritaria (legalmente riconosciuta) di Ragusa, l’Istituto G. Pascoli con sede in Via Psaumida 15/b, vi scrivo per portare alla Vostra attenzione l’ennesimo caso di presunto abuso di potere da parte di un presunto Agente di Polizia.


Ieri giorno 30 novembre intorno alle ore 19.15 mentre mi trovavo all’interno della mia Scuola, nel mio ufficio e mentre nell’aula attigua si svolgeva una lezione del corso serale; un signore si è introdotto all’interno dell’edificio senza prima suonare il campanello o quanto meno chiedere permesso me lo sono ritrovato davanti alla porta del mio ufficio.

Senza presentarsi o salutare, al mio : “prego”; con tono alterato e alzando la voce diceva : “dovete togliere i rifiuti che sono fuori perchè indecenti ed indecorosi”. Si riferiva a dei rifiuti ingombranti (banchi e sedie rotti) messi nel cortile privato accanto ai bidoni dell’immondizia antistanti l’ingresso dell’edificio; rifiuti che più volte si è tentato di far ritirare ma senza successo.

Vistomi aggredito ho prima chiesto chi fosse, la persona rispondeva dicendo di essere un Agente di Polizia e che pertanto io avrei dovuto provvedere a togliere immediatamente i rifiuti, alla mia richiesta di identificazione il soggetto si rifiutava, e solo dopo vari inviti ad uscire dall’edificio si è fermato nel cortile, ha fatto una telefonata e dopo pochi minuti è arrivata una pattuglia della polizia di Stato e successivamente una della Polizia Municipale.

A farla breve, gli agenti della Polizia di Stato hanno chiesto i miei documenti, mi hanno trattenuto più di mezz’ora e alla mia richiesta di spiegazioni e di sapere chi fosse la persona con la quale avevano parlato; mi hanno risposto che io non ero tenuto a saperlo. Mi sono sentito aggredito a “casa mia” e trattato come se fossi un delinquente, senza nessun rispetto e senza che mi sia stato chiesto cos’era successo o quale fosse la mia versione dei fatti”.

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