SAN PIETRO A MODICA

Anche quest’anno Modica  ha festeggiato San Pietro il 29 giugno. Della festa come era in passato, oggi non resta più nulla, se non la testimonianza di pochi modicani che ne ricordano lo svolgimento fino agli anni ’50 quando la festa fu poi del tutto rimodernata.  La tradizione vuole che ad animare il giorno solenne ci fosse una processione davvero singolare. Oltre al clero  con gli abiti delle grandi occasioni, preti in rocchetto e canonici in cappa magna, la parte più caratteristica era quella rappresentata dall’uscita dei “santuna”. Erano dei rozzi congegni di legname, rivestiti con un mantello bianco e gigantesche teste che rappresentavano Gesù e gli apostoli. All’altezza dell’ombelico c’era un foro dal quale sporgeva la testa di colui che reggeva il fantoccio.  Erano così chiamati a causa delle loro dimensioni doppie rispetto a quelle delle statue che ornano la scalinata del duomo. Ad aprire la processione un personaggio ancora più maestoso: era un San Cristoforo, nella tradizione, colui che fece traversare un fiume reggendolo in braccio, Gesù da bambino.

I santuna procedevano a coppie. In mano reggevano uno strumento del martirio. La processione in forma di saluto si fermava davanti alle chiese del corso e poi a fine festa  si ritirava. La sera stessa sul fianco della collina di Monserrato che guarda la città, la famiglia Cocchi formava il così detto “cummauru”: una enorme sagoma di testa che rappresentava S. Pietro disegnata a terra con il guscio dei “barbaini” grandi lumache, riempite di olio che alimentava una fiammella. Dal corso si poteva ammirare la sagoma infuocata per più di un’ora. Che resta oggi della fantastica festa di san Pietro? Lo  chiarisce piuttosto bene una poesia della poetessa Franca Cavallo.  La poesia A festa ri San Pietru ci restituisce in pieno il senso moderno di questa solennità: C’eni na festa, quannu agghica ‘a stati,ca a Muorica s’aspetta tuttu u misi: chidda ‘i San Pietru, patronu ra citati ca minti ‘m- muvimentu lu paisi. La città infatti è coinvolta tutta per intero.  Dalla Sorda al Dente, da Modica Alta a Frigintini.

Ma la Cavallo nota bene che non è il sentimento religioso quello che muove i paesani ma la novità che le bancarelle portano in città:“e nun è u santu e mancu ‘a prucissioni…ma u piaciri ri fari confusioni, mintiennisi a furriari i bancarielli”.  Certamente qualcuno segue il Santo che ancora viene portato in processione ma la stragrande maggioranza dei modicani ha un altro scopo: gironzolare per le bancarelle,  le stesse che ogni quindici giorni si piazzano al campo sportivo per il mercato rionale a cui per snobismo molti dichiarano di non andare mai. Ma la sera di San Pietro no. È concesso a tutti di girare per quel mercato che nel resto dell’anno si diserta. “Mutanni, cammisi, e pagghiazzuna… vistini, lemma pateddi e cazzalori”. I modicani  acquistano di tutto.

La cognata aspetta la festa per comprare padelle e teglie, la mamma aspetta per comprare sedie in vimini, il marito magliette per lavorare in giardino. “Tutti accattuni: cu na lattarura, cu ‘a lattera ppe succi, cu na scupa”. La festa di San Pietro non si può concludere per il modicano tipo se non si è acquistato almeno qualcosa. E aggirandosi per le bancarelle del mercato si sbircia nei pacchi degli amici per vedere gli acquisti e per confrontare i prezzi. È una umanità a confronto quella degli acquirenti che diventano uomini d’affari. Ma in un passaggio successivo la poetessa affonda il colpo: “nu picciriddu cianci ppo palluni,sa matri u tira: alluciau na teglia na veccia cca rintera accattau u turruni e a ssa maritu cci accattau ‘na sveglia”. È la frenesia dell’acquisto. Su è giù per il mercato in un delirio di odori, colori e luci e urla per convincerti a comprare. Della antica festa coi suoi santuna non rimane più nulla se non l’aspettativa generale di far festa. 

 

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