QUANDO FACEVO BABBO NATALE

Vuole per cortesia brevemente presentarsi?

Mi chiamo Pietro Suelzu, più conosciuto come Piero.

Abito in un piccolo villaggio della Gallura a circa 60 km da Sassari.

Come è nata l’idea di fare Babbo Natale?

L’idea nacque per caso, qualche decennio fa con amici discorrendo del più e del meno. Qualcuno lanciò l’idea di vestirsi da Babbo Natale e la mattina della festa andare in piazza, all’uscita della Messa per fare gli auguri. Detto e fatto se ne parlò con alcuni dirigenti della locale Pro Loco che prepararono la divisa. Un artigiano si offrì di costruire una slitta; però mancavano le renne. In Sardegna pare non ce ne siano mai state. Qualche cervo, ma a memoria d’uomo l’ultimo fu ucciso quasi un secolo fa. Qualche anno dopo fu recuperato un somaro, il famoso Ciclone, (quelli sono abbondanti ovunque), ma si sa che sono bestie un poco permalose ed imprevedibili. Grazie al contributo dei commercianti  preparammo dei piccoli pacchetti contenenti cioccolatini, torroncini e noccioline da distribuire ai bambini. Niente di particolare ma l’idea piacque. Allora per noi dei paesi almeno era una novità che conquistò moltissimo. Ricordo che i bambini venivano a schiere per fare e ricevere gli auguri e … qualche foto.

Racconti alcune reazioni dei bambini, quelle più simpatiche e imprevedibili.

Una volta uno mi chiamò un po’ in disparte e mi disse: “Sai, ti ho riconosciuto, ma stai tranquillo; non lo dico a nessuno, so mantenere il segreto”.

E gli adulti, come si rivolgevano a lei?

Devi tenere presente che io per molti anni ho lavorato come animatore in centri di aggregazione per bambini e/o anziani in diversi paesi. Ogni anno era quasi d’obbligo andare nella scuola materna ed elementare per fare gli auguri. L’accoglienza da parte degli insegnanti era fantastica, l’entusiasmo pari o superiore a quello dei bambini.

In paese poi gli adulti consegnavano a Babbo Natale i regali per i loro figli a cui venivano recapitati andando di casa in casa la mattina del 25 dicembre. Dopo le tradizionali foto non si poteva fare a meno di assaggiare i dolcetti e il moscato. Immagina la situazione personale alla fine del percorso.

Che cosa sa della tradizione di Babbo Natale?

Non molto, perché non è una tradizione locale. Purtroppo devo rilevare che anche questa figura ha assunto caratteri di tipo consumistico perdendo un po’ delle sue prerogative originali. Ai tempi di quando ero bambino, Babbo Natale era solo una figura di plastica da collocare sull’albero.

Si divertiva?

Beh certo, era il presupposto essenziale per svolgere questo ruolo.

In Sardegna, quando lei era bambino che tradizioni c’erano a Natale?

Allora era tutto molto diverso. Non esisteva Babbo Natale. I regali li portava Gesù Bambino, appena nato, dopo la mezzanotte. I bambini andavano a letto presto, dopo un’abbondante cena. Si diceva che prima di Gesù Bambino era solita passare una vecchia strega chiamata Palpaeccia la quale con delle pietre riempiva gli angoli dello stomaco rimasti vuoti. La mattina appena svegli si controllava immediatamente sotto il cuscino per vedere cosa aveva portato il Bambino. Solo gli adulti dopo i tre tradizionali rintocchi di campana si recavano in chiesa per la Messa di mezzanotte. Un’usanza molto particolare era quella di fare schiamazzi e urla all’interno dell’edificio sacro. Si credeva che dopo la Messa dei vivi iniziasse quella dei morti, e guai per chi si fosse trovato in chiesa in quel momento. Gli schiamazzi servivano per evitare che qualcuno si addormentasse durante la funzione e rimanesse in chiesa anche dopo che erano andati via tutti. 

La cena della vigilia era molto sostanziosa. Costituita dalla pasta tradizionale fatta in casa, cjusoni o fiuritti,  condita con pecorino e sugo di pomodoro con carne di manzo. Seguivano arrosti di carne, in genere agnello o capretto e la tradizionale rivea costituita dalle interiora dei suddetti animali cotte allo spiedo. Il dolce tipico erano i pirichitti, di forma variabile inzuppati completamente nella glassa ed i papassini di forma generalmente romboidale ricoperti dalla glassa solo su un lato.

E attualmente che cosa si è conservato?

Poco a niente di quello che era allora. I dolci tipici si fanno ancora e sono molto apprezzati, ma si usa molto il panettone d’importazione.

Come mai ha deciso di non travestirsi più?

Non ho deciso niente, diciamo che manca l’occasione e poi… largo ai giovani.

Per queste feste, cosa direbbe ai lettori di RagusaOggi a parte gli auguri?

Per Natale regaliamoci un sorriso a vicenda e tutto sarà molto meglio. Per l’Anno Nuovo “a dugnunu li ‘enghia a bè tuttu lu chi disizza”  (ad ognuno venga a buon fine quello che desidera).

 

 

 

 

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